Il tormentato Costantino Kavafis, giornalista e poeta della conquista del sé, nasce nel 1863 ad Alessandria d’Egitto, sotto il segno di un destino severo e spesso arduo da ammaestrare, sebbene esorcizzato proprio grazie alla scrittura (prima giornalistica, poi squisitamente poetica). Ultimo di nove figli, Constantino vive di un perenne sguardo sull’altrove, in parte perché i genitori conducono un’avviata ditta import-export (interfacciandosi quindi con industriali e professionisti dalle diverse nazionalità e culture), in parte perché attraversato da un primigenio senso di inadeguatezza al contesto e chiusura verso gli altri. Nel 1873 muore suo padre, evento che modificherà vertiginosamente, tra l’altro, la condizione economica della famiglia, tanto da obbligare i Kavafis ad allontanarsi da Alessandria (dove Constantino però ritornerà, e dove vivrà fino alla morte), già preda di pericolose rivolte nazionaliste. Omosessuale consapevole fin da giovanissimo, diventa presto scomodamente anticonvenzionale e polemicamente scettico rispetto ai rigidi dettami della religione cristiana, che sempre istillerà nel poeta un perturbante quanto antico senso di colpa. Dal corpus poetico (che consta di 154 composizioni, pubblicate postume) emerge con chiarezza la concezione salvifica (e sottilmente aristocratica) della cristallizzazione poetica della memoria come mezzo per elevare l’uomo dalla propria condizione disperante. Latore della cultura artistica (soprattutto letteraria) e della lingua alessandrina, e cantore delle ataviche passioni umane, Kavafis si dedicherà per la vita a un dialogo fortemente introspettivo con l’ “uomo”, da sempre oggetto delle sue riflessioni, posto al centro di un destino imponderabile ma dal cammino affascinante. Muore a sessant’anni, per un tumore alla gola che gli toglierà infine la voce, ma non la capacità di parlare, e di farsi ascoltare ancor oggi.
Celebre è la sua lirica “Itaca” che rilancia il mito dell’antica Grecia e la concezione tipicamente ungarettiana del viaggio, per cui il viaggio stesso è la meta:
Quando ti metterai in viaggio per Itaca
devi augurarti che la strada sia lunga,
fertile in avventure e in esperienze.
I Lestrigoni e i Ciclopi
o la furia di Nettuno non temere,
non sara` questo il genere di incontri
se il pensiero resta alto e un sentimento
fermo guida il tuo spirito e il tuo corpo.
In Ciclopi e Lestrigoni, no certo,
ne’ nell’irato Nettuno incapperai
se non li porti dentro
se l’anima non te li mette contro.
Devi augurarti che la strada sia lunga.
Che i mattini d’estate siano tanti
quando nei porti – finalmente e con che gioia –
toccherai terra tu per la prima volta:
negli empori fenici indugia e acquista
madreperle coralli ebano e ambre
tutta merce fina, anche profumi
penetranti d’ogni sorta; piu’ profumi inebrianti che puoi,
va in molte citta` egizie
impara una quantità di cose dai dotti.
Sempre devi avere in mente Itaca –
raggiungerla sia il pensiero costante.
Soprattutto, non affrettare il viaggio;
fa che duri a lungo, per anni, e che da vecchio
metta piede sull’isola, tu, ricco
dei tesori accumulati per strada
senza aspettarti ricchezze da Itaca.
Itaca ti ha dato il bel viaggio,
senza di lei mai ti saresti messo
sulla strada: che cos’altro ti aspetti?
E se la trovi povera, non per questo Itaca ti avrà deluso.
Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso
gia` tu avrai capito cio` che Itaca vuole significare.
Itaca diviene un ultraluogo dove la poesia si rigenera, acquista maggior significato , come se fosse solo l’antichità, la classicità ad offrire questa grazie , questa lucentezza, questa verità.
Elegante e piena di sensibilità la poesia di Kavafis ha riportato splendore alla poesia greca (e non solo) moderna con trasparenza e magia cristalline, attraverso le tematiche della nostalgia, dei piaceri, dell’omosessualità, del ritorno, della moralità e della psicologia dei personaggi. Nelle sue liriche il poeta è un vincente, restituisce bellezza alle cose, ai luoghi, alle persone, sebbene sia presente una certa coscienza cristiana sofferente in riferimento all’omoerotismo. Il poeta risolve questo aspetto affidandosi alla rassegnazione lucida, razionale.
Se si parla di classicità della produzione poetica di Kavafis non si può non parlare di tragicità, per il poeta la vita è una lotta tra l’uomo e la sorte , come lo era nell’antica Grecia tra uomini e dei , ma il destino è ineluttabile, nulla si può contro di esso.
“Quanto più puoi”, “Candele”, “La città”, “Brame, “Mura”, “Torna”, “L’origine”, “Dal cassetto”, sono solo alcune delle bellissime liriche del grande poeta che consigliamo vivamente di leggere.