Discepolo di
Mallarmè,
Paul Valéry (Sète, 30 Ottobre 1871- Parigi, 20 Luglio 1945), è considerato uno dei maggiori esponenti della poesia simbolista.
Dopo aver studiato a Montpellier
, si reca a Parigi dove entra a far parte di alcuni importanti circoli letterari. La poesia è per
Valéry meditazione su ciò che ci accade, su eventi puramente mentali; ed è per questo che sceglie di dedicarsi intensamente a quest’attività, per non lasciar dubbi irrisolti e conti in sospeso con se stesso. Annoveriamo tra le sue opere più celebri, l
‘Introduzione al Metodo di Leonardo da Vinci che riassume, per
Valery, l’ideale dell’uomo completo di spirito, figura in cui vengono conciliate alla perfezione arte e scienza. Dopo una crisi intellettuale ed esistenziale, conosciuta come
la notte di Genova, ritorna a scrivere grazie ad uno dei suoi più cari amici,
Gide e scrive, nel 1896, la
Serata con il signor Teste, testo in cui l’attenzione è rivolta, questa volta, all’uomo-intellettuale. In seguito, indirizza i suoi studi anche alle matematiche e alle discipline astratte per tornare ad occuparsi nuovamente di poesia con l’opera
la Giovane Parca, seguita dal famoso poema
Il cimitero marino. Quest’opera è stata letta come un esercizio spirituale, che gli garantirà, inoltre, un enorme successo come letterato; scriverà, in seguito,
Album d’antichi versi in cui racconta la sua giovinezza e
Charmes, considerata la sua opera più “inquieta”.
Nel 1925 è membro dell’Accademia Francese e, da questo momento in poi, non smetterà mai di impegnarsi nel suo lavoro di “uomo di lettere”, continuando a scrivere (e lo fa per circa cinquant’anni) quasi ogni giorno, durante le prime ore del mattino, i suoi Cahiers (Quaderni), testimonianza fondamentale per la comprensione della sua poetica. Quaderni che sono preziosi strumenti d’osservazione:
Gli altri fanno libri, io faccio la mia mente
Valéry antepone l’intelletto astratto (”una poesia deve essere una festa dell’intelletto”) ed il dominio delle emozioni al sentimento incontrollato e alla passione e potremmo dire che “il signor Teste” celebra proprio questi aspetti della condizione umana, essendo protagonista-emblema della sua poetica. Il poeta francese tende a governare le leggi dello spirito, attraverso momenti di riconciliazione con il proprio sé, studiandone gli immediati riscontri nella realtà.
Si tratta sicuramente di un’ambizione molto alta che rende, di conseguenza, ambiziosa la poesia e la svincola da tutto ciò che non viene considerato puro ed essenziale. Valéry confesserà, a questo proposito, che l’inconveniente che presenta il termine “poesia pura” è di far pensare ad una purezza morale che non è qui in causa, poiché l’idea di una poesia pura è al contrario per me un’idea essenzialmente analitica. La poesia pura è insomma una finzione dedotta dall’osservazione, che deve servirci a precisare l’idea della poesia in generale e guidarci allo studio così difficile e così importante delle relazioni diverse e multiformi tra linguaggio e gli effetti che produce sugli uomini. Meglio forse in luogo di “poesia pura”…dire ..”poesia assoluta”.
Desumiamo che la poetica di Valéry potrebbe articolarsi in due pensieri: il significato razionale e critico e lo studio attento e scientifico del linguaggio. Linguaggio che è senz’ombra di dubbio critico ed elitario, perché si rivolge ad un pubblico ben preciso e serve a ristabilire l’ordine, quell’ordine che necessita della parola, l’unica in grado di essere e farsi saggia ed universale.
La poesia è il tentativo di rappresentare o restituire attraverso il linguaggio articolato queste cose o questa cosa che oscuramente tentano di esprimere le grida, le lacrime, le carezze, i baci, i sospiri. (Paul Valery)