Tra gli eventi culturali in programma per questo autunno-inverno, da non perdere è la mostra dedicata a Salvador Dalì (Figueres, 1904- Ivi, 1989), appositamente allestita nelle sale dell’antico Palazzo Blu di Pisa, dimora nei secoli di diverse casate nobiliari. Dal 1° ottobre, in mostra oltre 150 capolavori del grande maestro catalano che testimoniano al pubblico la grande influenza che la tradizione classica italiana e i grandi Maestri del Rinascimento hanno esercitato sull’arte di Dalì, uno degli aspetti meno noti della sua particolare parabola surrealista.
Le opere sono state eccezionalmente prestate dal Museo Fundación Gala-Salvador Dalí di Figueres e dal Dalí Museum di St. Petersburg in Florida, le due più importanti istituzioni mondiali che custodiscono le opere dell’artista catalano, ma anche dai Musei Vaticani. La mostra, curata dalla direttrice Musei Dalí Montse Aguer in collaborazione con MondoMostre, presenta una selezione mirata di diverse opere tra cui dipinti, acquerelli e xilografie appartenenti all’ultima fase della carriera del celebre artista surrealista. Conosciuto in tutto il mondo per la sua capacità di superare i confini della realtà oltrepassandola con la forza creativa dell’inconscio, Dalì non è stato solo pittore, ma anche scultore, incisore, disegnatore, filmaker, designer e intellettuale appassionato di letteratura. Il percorso espositivo, infatti, evidenzia non solo le diverse tecniche e materiali esplorati da Dalí, ma permette al visitatore di entrare in contatto con la dimensione artistica più peculiare della sua espressività surrealista in relazione ai principali protagonisti della tradizione rinascimentale come Michelangelo, Dante e Benvenuto Cellini.
Per la prima volta l’esposizione si concentra proprio sull’importanza che per Dalí ha avuto l’Italia e l’interesse per la pittura del Rinascimento maturo e del Seicento. È proprio su questa linea che prende forma la mostra pisana Dalí. Il sogno del classico che durerà fino al 5 febbraio 2017. In particolare, il percorso è suddiviso in cinque sezioni – Soggetti religiosi, Inferno, Purgatorio, Paradiso, Autobiografia di Benvenuto Cellini.
I quattro dipinti che aprono la mostra, La Trinità, studio per il Concilio ecumenico del 1960, Paesaggio di Port Lligat, 1950, Sant’Elena a ′Port Lligat, 1956 circa e Angelo di Port Lligat, 1952 dimostrano una svolta mistica e religiosa in pittura, successivamente al suo soggiorno in Europa a causa della guerra civile spagnola, quando nel luglio del 1948 Dalí e la sua amata Gala tornano a Port Lligat e poi di nuovo in Italia.
Dipinti importanti e poco conosciuti permettono al pubblico di avvicinarsi agli aspetti meno noti del lavoro del grande artista, quando Dalì ammira e ripete temi religiosi ispirati agli artisti rinascimentali, costituendo così un’immagine eco. I toni verdastri della tela, un po’ deprimente, corrispondono al periodo in cui il declino della sua musa-amore ossessivo per Gala diventa chiaro, quando l’opera di Dalì è il risultato di una profonda tristezza malinconia e ricordano il passato. Sono le ultime creazioni degli anni ’80 che appartengono al momento in cui Dalì ha anche spesso utilizzato l’iconografia michelangiolesca, così come: Senza titolo. Mosè da quello della tomba di Giulio II di Michelangelo, Senza titolo. Cristo dalla Pietà di Palestrina attribuita a Michelangelo, Senza titolo. Giuliano de’ Medici da quello del sepolcro di Giuliano de’ Medici di Michelangelo e Senza titolo. dal Ragazzo accovacciato di Michelangelo.
Oltre i dipinti, l’intera serie di xilografie ad acquerello, gouache e sanguigna (dipinte tra il 1950 e il 1952) della Divina Commedia, che gli fu commissionata nel 1950 dal ministero della Pubblica Istruzione italiano, e le 42 illustrazioni in china su carta e acquerello che raccontano la leggendaria vita di Benvenuto Cellini, realizzate su commissione dell’editore Doubleday&Company′– nel 1945 – per una nuova edizione inglese di The Autobiography of Benvenuto Cellini.
Una mostra unica che esplora l’universo dell’ultimo Dalí, ancora poco conosciuto, e che mette in luce la relazione del suo grande genio con la tradizione dei grandi maestri e della letteratura italiana.