Breaking News
Home / Altri mondi / Dal 21 febbraio l’universo grafico di Keith Haring arriva al Palazzo Reale di Milano

Dal 21 febbraio l’universo grafico di Keith Haring arriva al Palazzo Reale di Milano

Con la mostra “Keith Haring. About Art” il Palazzo Reale di Milano tra pochissimi giorni inaugurerà uno degli eventi mostra più attesi di quest’anno con l’esclusiva retrospettiva dedicata all’indimenticabile  artista visuale pop- art americano della seconda metà del Novecento attraverso un percorso espositivo di ben 110 opere selezionate.

Curata da Giovanni Mercurio, con la collaborazione scientifica di Madeinart e il contributo della Keith Haring Foundation, la mostra milanese vuole mettere in luce, per la prima volta, ripercorrendo nell’arco della breve ma intensa vita di Haring, il suo rapporto con la storia delle arti: pittura, scultura, cartoon, fumetti, e nelle ultime creazioni, informatica, evidenziando come l’esplorazione artistica dello stesso si sia evoluta in un aperto e interessante dialogo con l’assolutamente libero scenario culturale contemporaneo in direzione d’una sicura rivalutazione delle forme, nei linguaggi e nelle opere di altri artisti del passato e del futuro, come i dipinti dei maestri del Novecento, quali Pollok, Dubuffet, Klee, nella prospettiva odierna di poter formulare giudizi critici sull’inedito e inconfondibile universo grafico haringiano.

Dischi volanti, bambini che camminano a carponi, cani a sei zampe, ma, soprattutto, ambigui personaggi infantilmente stilizzati, sorta di elementari omuncoli venuti dal sonno circondati da una fumettistica aureola di raggi luminosi dai colori sgargianti immersi in un flusso grafico continuo sono i segni unici e distinti che hanno invaso i muri delle grandi città in tutto il mondo, per non parlare di magliette e gadgets, creati dalla visione immaginaria dell’arte del ragazzo dinoccolato con gli occhialini tondi destinato a diventare molto di più di un semplice graffittista e decoratore: Keith Haring (Reading, Pennsylvania, 1950- New York, 1990). Haring riflette e reinterpreta in una lente surreale il disagio e le contraddizioni di quella generazione americana cresciuta in piena era nucleare e nutritasi quasi esclusivamente di televisione e di fumetti, restando neegli stesso vittima per la sua prematura morte a soli 32 anni stroncato dall’Aids.    

Nonostante la malattia, la creatività di Haring lo ha condotto a maturare esperienze artistiche di grande espressività dipingendo su ogni cosa. Cresciuto con i fumetti cui era fissato nel disegnare fin da bambino, influenzato da Picasso e dall’arte di strada, Haring era dotato di un talento che lo porterà ad essere celebre in tutto il mondo diventando uno dei maggiori artisti pop-art di sempre per la creazione di un linguaggio visionario accessibile a tutti, dando forma alla sua personalissima idea di arte, a partire dagli iniziali disegni col gesso bianco sui pannelli di carta neri dei manifesti pubblicitari della stazione metropolitana di New York, a volte riuscendo a scappare, altre volte meno, all’arresto della polizia con l’accusa di essere un ‘graffittaro’.

Accolto sotto l’ala protettiva di Andy Warhol, il guru della pop-art, Haring fu introdotto nel mondo delle mostre. Le sue opere sono lo specchio della vita dove i temi principali: amore, morte, paura, pace, sono immersi in un flusso grafico di progresso-regresso di quella opulenta società di consumi, il suo tempo ma anche il nostro tempo. In occasione dell’esposizione milanese le coloratissime tele del famoso pittore americano molte di dimensioni monumetali, di cui alcune inedite o mai esposte in Italia, rendono il significato del viaggio esistenziale e artistico di Haring dove sesso e visionarietà ricordano il suo personale impegno per temi sociali e politici come: droga, razzismo, Aids, minaccia nucleare, alienazione giovanile, disciminazione.

La sua attività artistica pone al centro della ricerca l’espressione metaforica dell’individuo attraverso i famosi omini i cosiddetti radiant boy, cioè ragazzi sfolgoranti, che, nell’immediatezza, rinviano ai graffiti preistorici caratterizzati da un contorno nero, e dall’uso di colori accesi gallo, blu, verde e dall’immancabile rosso, uno dei colori più forti. Non a caso il colore rosso acceso rinvia al colore del sangue, forse l’unico elemento organico che rappresenta il valore della vita ma cruda e malata nella personalissima riflessione dell’artista intorno alla compessità dell’individuo dell’essere umano sempre più consumato e trasformato non solo dalle nuove tecnologie ma anche dai meccanismi del potere diventando egli stesso un agglomerato di radiazioni, i raggi luminosi, dalle forme vuote, disegnate dai marcati contorni degli omini in atto di movimento, un ballo primitivo e tribale, di una nuova specie di umanità quella virtuale.

Lo spettatore è, dunque, assorbito da personaggi e figure che non sono copie della realtà, ma finestre sull’immaginario che simboleggiano l’intreccio tra l’essere umano e macchina, televisione e computer, come figure significanti di individui quasi fossero diventati un prolungamento della vita quotidiana.

La grande mostra Keith Haring. About Art durerà fino al 18 giugno 2017, contribuendo a rendere ricca e interessante la stagione culturale intrapresa dal Comune di Milano, nelle sale del Palazzo Reale, con l’evento dedicato a Manet in arrivo, offrendo un’imperdibile occasione tesa ad ammirare, conoscere e giudicare da vicino le opere di Haring, artista dal talento straordinario.

About Alda Scognamiglio

Sono una giovane storica dell'arte napoletana, laureata in Archeologia e Storia dell'arte presso l'Università degli Studi di Napoli Federico II. Convinta della necessità e dell'utilità dell'arte come specchio per conoscere la realtà, sono alla continua ricerca del modo migliorare di comunicare l'arte. Attualmente scrivo per Novecento Letterario occupandomi della sezione Arte.

Check Also

donne

Essere donne tra gli estremismi femministi di oggi

Solo un pensiero verticale e salato: strappate le donne dalle mani dell’estremismo femminista. Ma anche gli uomini. Poveri maschiacci occidentali di cui è sempre colpa. Per non riuscire a lavorare sotto una valanga di stress, per essere sempre meno padri e amanti focosi, per non riuscire più a stabilire rapporti di virilità - che come abbiamo visto in un recente articolo di questa dinamitarda rubrica, non è una parolaccia - alla base dell’educazione e del rapporto con i propri figli, che generano ritualità necessaria a identificare e fortificare i ruoli, le funzioni, a generare esempio, non a partorire mostri del patriarcato. Sempre colpa loro, o meglio nostra, anche mia, luridi immaturi, infanti della coscienza, violentatori preventivi, indegni di vivere il migliore dei mondi possibili, quello in cui il progresso sociale si fa, troppo spesso, estinguendo tutto ciò che si pone come alternativo all’imposto.