André Malraux, nato a Parigi nel 1901, è tra i personaggi più eclettici del XX secolo. La sua giovinezza è animata da innumerevoli passioni: i viaggi, il desiderio di scrivere e l’amore per l’arte. Nel 1921 pubblica il suo primo romanzo: Lune di Carta, opera ispirata al cubismo.
Cultore e amante dell’Archeologia, Malraux parte per l’Asia nel 1923 per una spedizione in Indocina. Qui è accusato di aver sottratto dei bassorilievi di Khmer e deve subire un processo. Questa esperienza, per quanto sventurata, si rivela proficua, in quanto Malraux scopre la corruzione del mondo coloniale e la miseria degli Indigeni indocinesi. Ciò marca l’inizio della sua carriera politica.
Dopo un breve ritorno in Francia, André Malraux riparte per l’Indocina. Qui fonda un giornale nel quale denuncia con forza i pilastri del sistema coloniale. Queste vicende sono produttive soprattutto a livello letterario perché ispirano i romanzi: I Conquistatori pubblicato nel 1928 e La via dei Re nel 1930.
In questi anni, entra in contatto con il movimento rivoluzionario Giovane Annam e con i
protagonisti dell’insurrezione a Shangai. A questo impegno politico fa corrispondere un romanzo: questi eventi, saranno lo sfondo di uno dei suoi scritti più celebri, La condizione umana del 1933, che lo consacrerà nel panorama letterario del Novecento. Durante l’ascesa del fascismo, Malraux aderisce al Comitato Mondiale Antifascista: milita a favore del comunismo, che è per lui l’unico modo per combattere efficacemente queste ideologie così “chiuse”. Nel 1935 pubblica Il tempo del disprezzo, un invito a resistere ai regimi totalitari che si espandono in Europa.
L’anno seguente partecipa alla guerra civile in Spagna a fianco dei Repubblicani: in questa cornice è inquadrato un altro dei suoi romanzi, La Speranza, che vede la luce nel 1937, dove si assiste al crollo della repubblica spagnola. Nella seconda guerra mondiale,diviene membro della Resistenza sotto l’occupazione tedesca e viene arrestato dalla Gestapo ma riesce a fuggire.
Aderisce al gallismo, e viene nominato Ministro dell’informazione. Il suo incontro con il generale de Gaulle nel 1944, sul fronte dell’Alsazia segna una nuova tappa della sua esistenza: Malraux infatti abbandona la letteratura per dedicarsi all’arte. L’amore per l’arte offre all’autore francese nuovi scorci letterari: nascono i saggi La voce del silenzio nel 1951, il Museo immaginario della scultura mondiale nel 1952-54, La metamorfosi degli dei nel 1967.
Con il ritorno di De Gaulle al potere, Malraux diventa ministro della cultura. Pubblica nel 1967 un’opera autobiografica, Antimemorie, in cui si esprime compiutamente la sua concezione del mondo, basata su una ricerca dell’assoluto. Muore nel 1976.
Il nuovo Umanesimo di Malraux
Nei suoi romanzi Malraux ricerca i valori universali che, sono alla base delle azioni umane: la dignità, che può spingere l’uomo alla morte volontaria per dare un senso alla sua vita e la fraternità, che porta a unirsi per andare oltre l’egoismo e lottare per il bene comune.
Nel dopoguerra Malraux medita sulla storia e sul significato delle opere d’arte, gli strumenti più adatti per l’uomo a prendere coscienza del proprio destino e quindi ad appropriarsene. L’arte si configura come l’elemento a portata dell’uomo, la sua unica chance di immortalità; essa infatti, “come ogni conversione, è la rottura di un rapporto anteriore fra un uomo e un mondo”. Attraverso la riflessione sulla natura e sui valori della arti figurative, lo scrittore introduce un nuovo tipo di umanesimo, l’Umanesimo laico, basato sul rifiuto degli impulsi violenti che animano la natura umana.
La condizione umana: un dramma esistenziale
La condizione umana, romanzo del 1933 insignito del Premio Goncourt è pubblicato prima in feuilleton nella rivista Nouvelle Reveu Française e poi in un volume. Anbientato in Cina, alla fine degli anni Venti, La condizione umana evoca la rottura dell’alleanza tra il Kuomintang di Chang Kai-shek e il partito comunista cinese e l’inizio delle repressioni comuniste. I protagonisti del romanzo sono Kyo, Tchen, Katow. Essi subiscono il medesimo destino: la morte.
Il romanzo, pervaso da un afflato rivoluzionario, più che storico è esistenziale in quanto mette in luce un degli aspetti tragico della vita umana. La dignità di questi uomini è calpestata e la condizione umana si riduce ad una condizione animale. La condizione umana, il titolo del romanzo, richiama il pensiero di Pascal: l’uomo è solo con il suo destino.
Eppure, in questo dramma la speranza persiste: l’uomo non può sfuggire alla sua condizione, ma, può attraverso la morte volontaria dare un senso alla sua vita. Difatti Kyo si uccide in carcere con del cianuro, e ciò fa di lui un eroe positivo, pronto a morire in nome di un ideale; Tchen si suicida per riscattare la propria dignità e anche Katow è annoverato tra gli eroi, poiché mostra la sua umanità, cedendo la propria fialetta di cianuro ad un prigioniero, terrorizzato all’idea delle torture.
Affrontando questi grandi temi di etica e politica, Malraux ha posto la sua penna al servizio del collettività annunciando, in qualche modo, la littérature engageé cioè la letteratura impegnata già impiegata da Sartre e Camus. Le opere di André Malraux infatti offrono un interessante memoriale della vita politica e culturale del XX secolo, dove, e qui risiede la forza dell’opera, gli ideali rivoluzionari ed ideologici sono messi in secondo piano rispetto all’umanità dei personaggi resi memorabili dai loro tormenti e passioni, dalle loro paure e dalle loro speranze.
Come ha giustamente sottolineato Enzo Golino, il tono alto della scrittura di Malraux evoca la grande tradizione retorica della letteratura francese e s’impenna spesso in arditi funambolismi di stile. Manierista dell’ideologia, campione di un sovversivismo reversibile che di mito in mito, tra menzogna e leggenda, gli ha fatto percorrere il tragitto dalla rivoluzione comunista a De Gaulle, autodidatta di genio, poeta dell’eroismo spettacolare, voce che si atteggia a profezia, Malraux ancora oggi avrebbe qualcosa da dire in un mondo dove l’irreparabile conflitto tra l’ uomo e ciò che egli ha creato dilania il mondo occidentale e ha dato vita al regno dell’assurdo. E lo direbbe con la stessa scioletezza espressiva sorprendente, intessuta di sfrenato egotismo e di oracolare eloquenza, che il suo amico André Gide descrisse bilanciando garbatamente ammirazione e malignità.