L’ammirevole ed esemplare progetto Foqus, di cui è direttore il manager friulano dott. Renato Quaglia, parte nel 2014, nel cuore dei Quartieri Spagnoli. Si tratta di un progetto sperimentale di rigenerazione delle funzioni e della destinazione dell’intero ex Istituto Montecalvario. Foqus ha avviato il recupero di diverse parti dell’edificio e la formazione di alcuni gruppi di giovani e donne verso esperienze di auto-imprenditorialità, per creare nuova occupazione, costruire nuove imprese cooperative, ospitare imprese indipendenti, pubbliche e private, tutte impegnate nei campi della formazione, dell’istruzione, delle industrie culturali e creative e dei servizi alla persona.
Il principale punto di forza di questo progetto, sempre in evoluzione e che vive nella sua rete di responsabilità condivise, è la collaborazione, rappresentando il piano B delle periferie, quello che si mette in campo quando il migliore, quello ideale, non funziona o non si può applicare per mancanza di risorse.
Foqus è una splendida realtà che merita tutto il nostro plauso, sostegno e attenzione, in quanto ci dimostra come le periferie non siano solo aree di criticità, ma si configurano come delle opportunità di trasformazione di una città, e come Napoli, probabilmente la città più assalita dai luoghi comuni, sia una città-laboratorio i cui fenomeni evolutivi devono essere “accompagnati” dalle istituzioni.
Tra le nuove ed importanti iniziative che il progetto ha in cantiere c’è quello di contrasto alla povertà con la Fondazione Con i bambini e la Fondazione Con il Sud.
1. Dottor Quaglia, ci racconti nel dettaglio come è nato Foqus
Foqus nasce dalla richiesta che un ordine di suore, le Ancelle della Carità, hanno fatto pochi anni fa, a Rachele Furfaro, di utilizzare gli ampi spazi vuoti del loro Istituto, nel cuore dei Quartieri Spagnoli. I costi di gestione troppo alti e la progressiva perdita di contatto e funzione sul territorio sono un fenomeno diffuso per i beni della chiesa e ordini religiosi che stanno subendo una profonda crisi delle vocazioni. L’Istituto Montecalvario tre anni fa, privo di funzioni, con venti persone in mobilità e necessitante di molti adeguamenti edilizi, è stato quindi rilevato dall’impresa sociale Dalla Parte Dei Bambini (che gestisce scuole e nidi paritari in Napoli) in cambio di un fitto annuale.
Da quel momento è stato avviato il progetto di rigenerazione urbana nei Quartieri Spagnoli. Il grande vuoto (3.000 mq) dentro al fitto reticolo di povertà e disagio sociale che sono i Quartieri Spagnoli, nel centro della città storica e ricca della metropoli campana, i dati demografici preoccupanti (il 10% dei bambini di Napoli vive qui, il 20% di persone proveniente da immigrazione debole, i tassi più bassi di verde, occupazione, inoccupazione, abbandono scolastico…) sono le premesse su cui è stato tentato un progetto unico in Italia, che avrebbe prodotto imprese, nuova occupazione, avrebbe insediato attività e iniziative produttive, formative e di cura alla persona, per innescare nei Quartieri un inedito fenomeno di ibridazione di pubblico, economie, condivisione. Tre anni dopo possiamo dire che in quel luogo raccolto vuoto, oggi lavorano e studiano più di 1.000 persone ogni giorno, sono nate 4 imprese sociali, si sono insediate 15 attività private e l’Accademia di Belle Arti di Napoli ha aperto una sua succursale. Si sono creati 136 posti di lavoro. Si è raggiunta una sostenibilità gestionale su un modello di welfare collaborativo. Una fondazione, che si chiama Foqus (Fondazione Quartieri Spagnoli) ed è presieduta da Rachele Furfaro, gestisce oggi questo complesso programma di attività.
Tutto questo è accaduto senza utilizzare risorse pubbliche, ma contando e basandosi solo su forze private.
2. Ci sono stati momenti più complicati di altri durante le fasi della realizzazione di Foqus?
La fase iniziale è stata certamente difficile. Non tanto per qualche fatto particolare, ma perché eravamo convinti del disegno sperimentale, ma non ne riuscivamo a comprendere all’inizio la effettiva fattibilità, la possibile riuscita. Quando una delle primissime imprese che si erano insediate nell’edificio ancora semivuoto, ha deciso di ritirarsi, per motivi interni a quella impresa, abbiamo intuito l’effetto che quell’arrivo e quasi subitanea partenza avevano determinato nella parte più fragile del quartiere: era stato letto come la dimostrazione che non era possibile fare impresa, se non si era espressione diretta del quartiere. Abbiamo dovuto correggere questa percezione. Oggi le imprese che si sono insediate a Foqus sono consapevoli che la loro attività viene letta anche in termini esemplari, di dimostrazione di quanto e se si possa fare impresa rispettando regole, leggi, mercato, senza scorciatoie, anche ai Quartieri Spagnoli. Sono imprese che esercitano anche una responsabilità sociale indiretta.
3. Come si riesce a sensibilizzare e a coinvolgere partner finanziari?
Il partner, prima che finanziario, deve essere di progetto, di obbiettivi.
Non credo si possano indicare regole su come coinvolgere il privato. Credo che quando si incontrano sensibilità e intelligenze comuni si determinano partnership vere, profonde. Siamo entrati in una fase nuova per il nostro paese: la crisi è il passaggio dal vecchio a un nuovo modello di sviluppo, che non si basa più su quello che abbiamo conosciuto nel passato. Ma i problemi rimangono. Diceva Adorno: “il problema non è tornare al passato, ma rispettarne le promesse”. In questi anni, di fronte alla crisi, abbiamo tutti una diversa responsabilità rispetto alla città e alle sue debolezze, che riguardano tutti, non solo chi le subisce direttamente. Con la famiglia Pontecorvo, proprietaria di Ferrarelle, è andata così.
4. Qual è il vostro principale punto di forza?
La collaborazione. Il sistema che è stato costruito è plurale, vive della sua rete di responsabilità condivisa. Rispetta i diversi apporti che ognuno può e vuole garantire. Non si rifà a modelli ma ne sperimenta ogni giorno un diverso aspetto. Siamo il piano B delle periferie, quello che si mette in campo quando il migliore, quello ideale, non funziona o non si può applicare per mancanza di risorse.
5. L’evento al quale tenete maggiormente?
L’apertura delle porte di Foqus ogni mattina per far entrare i bambini del nido, delle materne… i primi studenti, chi lavora nelle imprese..
6. Cosa significa per voi “fare cultura”?
Costruire senso. Riempire di senso e concretezza la promessa che ognuno di noi ha fatto alla propria città o alla propria comunità quando ha iniziato qualcosa, quando ha chiesto il permesso di poter iniziare qualcosa.
7. Quali sono le cose più importanti di cui ha bisogno la parte più fragile di una città?
Non essere esclusi, non essere considerati una parte altra e diversa da quella dominante. Le periferie non sono solo aree critiche: sono soprattutto spazi di trasformazione possibile della città.
8. Cos’è di preciso l’INN, International Napoli Network? Di cosa si occupa?
E’ una delle iniziative insediate a Foqus. Un’associazione che fa parte di un network di base neozelandese che organizza nel mondo di cultura anglosassone, esperienze di volontariato per adulti. Si tratta di persone adulte, professionisti che per lavoro o per scelta fanno esperienze di volontariato in aree particolari del mondo. Anche Napoli è una sede, qui arrivano, ospitati da INN, professionisti o persone da ogni parte del mondo. Fanno volontariato in diverse realtà napoletane per due o tre mesi, anche a Foqus, ma non necessariamente.
9. Disponete anche di un laboratorio di editoria, design e arte, in che modo . Come interagiscono tra loro questi tre settori e in che modo riuscite ad essere innovativi?
C’è l’Accademia di Belle Arti, innanzitutto, con i corsi di grafica e design e moda e accessori. Cinquecento studenti. C’è anche il laboratorio di design Mem’Art, uno studio di grafici e creativi che produce grafica e design per case editrici, enti pubblici. Le loro attività sono autonome, ma la collaborazione, all’interno di Foqus, tra le diverse imprese e attività insediate, è continua e genera occasioni interessanti. Ad esempio il primo ciclo di film proiettato a Foqus sul cinema che ha segnato la storia del design, o l’immagine della Fondazione.
10. Altre iniziative in vista?
Avvieremo un progetto di contrasto alla povertà con la Fondazione Con i bambini e la Fondazione Con il Sud. Stiamo cercando di costruire un progetto di occupazione per i ragazzi del centro ARGO (il centro per ragazzi autistici e down che la Fondazione Foqus ha avviato nell’ottobre 2016 all’interno del progetto)
11. Cosa vorreste che facessero le istituzioni per una città come Napoli?
Vorremmo che fossero capaci di accompagnarne i fenomeni di sviluppo e di sperimentazione. Napoli è un laboratorio, non nel senso retorico del termine, ma nel senso concreto di città che sperimenta ogni giorno tutte le varianti possibili della crisi della forma-città.
12. Siete soddisfatti di come il territorio ha risposto al vostro progetto? Cosa vi aspettate per il futuro?
Siamo molto soddisfatti dell’impostazione e dei risultati ottenuti, ma questo progetto è un percorso potenzialmente senza fine, che non può dare per acquisito nessun risultato. E’ provvisorio, oggi ci sono risposte incoraggianti, domani dovremo interpretare altri segnali: un quartiere è un organismo in continua trasformazione, in cui conquistare ogni giorno il proprio senso, la propria ragione per essere accolti.