Probabilmente, accanto alla bandiera Italiana, non sarebbe un errore affiancare il logo del liquore Strega, come simbolo della liberazione dalla dittatura fascista. Per comprendere il senso di quest’affermazione, dobbiamo soffermarci sull’uscio del Salone letterario di casa Bellonci nel 1944, dove troviamo anche Alberti Guido, proprietario della casa produttrice del citato liquore e contribuente portante all’idea della madre del premio, Maria Bellonci.
Fu lei a dichiarare “Cominciarono, nell’inverno e nella primavera 1944, a radunarsi amici, giornalisti, scrittori, artisti, letterati, gente di ogni partito unita nella partecipazione di un tema doloroso nel presente e incerto nel futuro. Poi, dopo il 4 giugno, finito l’incubo, gli amici continuarono a venire: è proprio un tentativo di ritrovarsi uniti per far fronte alla disperazione e alla dispersione” , a proposito dello spirito del Premio Strega.
Un premio letterario che unisce gli uomini davanti all’incertezza del futuro, dunque.
E’ in questa forza quasi fiabesca che va ricercato il motivo della fama globale che tale Premio vanta, nonché nella presenza di alcuni capolavori mondiali tra quanti lo hanno conquistato, ad esempio “Il nome della rosa” di Umberto Eco e “Il gattopardo” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa.
Per tenere vivo lo spirito dei primordi dell’evento, la giuria, composta da quattrocento uomini e donne di cultura, ha conservato sempre il nome di “Amici della Domenica“, dal giorno in cui i membri del salone si riunivano inizialmente.
Tra i premi recentemente assegnati da tale giuria, vanno menzionati i celeberrimi “Caos Calmo” di Sandro Veronesi e “La solitudine dei numeri primi” di Paolo Giordano.
Nonostante le numerose preoccupazioni, futili e non, che la società di oggi ci presenta, sembra che lo scopo del Premio Strega di unire gli individui attraverso la lettura sia, a giudicare dalla fama di simili opere, raggiunto.
Ed a maggior ragione, il potenziale lettore dentro ognuno di noi è chiamato a sostenere questo magnifico risultato.