Antonio Giordano è un oncologo, patologo, genetista, ricercatore e professore universitario di fama mondiale. Direttore dello Sbarro Health Research Organization a Philadelphia. Professore ordinario di Anatomia ed istologia patologica presso l’Università degli studi di Siena, coordinatore di una linea di ricerca al Centro di Ricerche di Mercogliano-Pascale : sono solo alcuni degli incarichi che fregiano il suo curriculum. Eppure la veste in cui è più spesso ritratto è il camice bianco, in laboratorio: per fare ricerche per la cura dei tumori. Fautore di scoperte notevoli e instancabile scienziato è sempre in prima linea in questa battaglia dura ma senz’altro proficua per il presente e per il nostro futuro.
Professore Antonio Giordano, oggi Lei è una persona affermata e la sua carriera professionale è costellata da innumerevoli successi ma, chi o cosa lo ha spinto a studiare Medicina e diventare un oncologo?
E’ innegabile che sia stato fortemente influenzato dalla professione di mio padre che e’ stato un affermato anatomo patologo, anche se la mia prima passione e’stata la chirurgia.Confesso che solo dopo aver trascorso un periodo negli Stati Uniti ho considerato la genetica. Senza voler togliere alcun merito agli ottimi colleghi chirurghi intuii che la tecnologia avrebbe conquistato uno spazio, sempre maggiore, in questa professione.
Durante il suo Dottorato negli Stati Uniti, è stato allievo del premio Nobel James Dewey Watson, Quale insegnamento fondamentale ha ereditato?
Sicuramente il rigore lavorativo e scientifico, ma anche l’arte della competizione. Cold Spring Harbour mi ha insegnato molto sotto questo profilo. Non solo venivo dall’Italia,ma anche dal Sud e affermarmi non e’ stato semplice.
Nel 1993 si è distinto per una pregevole scoperta: il gene oncosopressore RB2/p130. In cosa consiste questo gene? Quanto ha influito sulle diagnosi e sulle terapie dei pazienti affetti da cancro?
Si tratta di un gene oncosoppressore che, introdotto attraverso un retrovirus, in alcuni modelli animali e’ in grado di ridurre la crescita tumorale. La ricerca su questo gene e sulle sue applicazioni e’ ancora molto attiva.
Dal Suo lavoro di ricerca si evince quanto in Campania l’insorgenza di tumori sia fortemente legata agli ambienti inquinati. Cosa ha significato per un napoletano come Lei prenderne coscienza?
In realtà’, successivamente alla morte di mio padre, sono andato a rileggere i suoi studi e mi sono reso conto della loro attualità. Mio padre e il suo team di ricerca, con incredibile lucidità’, era riuscito a prevedere la situazione ambientale che si sarebbe realizzata da li’ ai 40 anni successivi. Quindi, più’ che prendere coscienza ho voluto aggiornare scientificamente quella mappa della nocività’ che mio padre aveva tracciato quando ero ancora un ragazzo.
Preziose sono le Sue pubblicazioni divulgative: Monnezza di Stato.La terra dei fuochi nell’Italia dei veleni e Campania, terra dei fuochi, dossiers che raccontano il disastro ambientale. Quanto è stato rilevante portare alla luce questi dati?
E’ necessario contestualizzare gli eventi. Quando ho incominciato ad interessarmi della questione “rifiuti tossici” sono stato molto scoraggiato per non dire avversato da alcuni tra i miei stessi colleghi. Allora si parlava ancora poco dell’argomento. Solo successivamente i pentiti della camorra hanno confermato quanto a livello scientifico si andava dimostrando. Ritengo importante per un cambiamento di rotta portare all’attenzione dell’opinione pubblica, ma soprattutto dei giovani la reale situazione ambientale. Solo smuovendo le coscienze potremo sperare in un futuro più’ pulito.
Napoli ormai da anni è declassata a terra dei fuochi. Su quali risorse può contare secondo Lei per scrollarsi da questo epiteto e ritornare a risplendere come una delle più belle regioni d’Italia?
A mio modo di vedere Napoli e’ stata una città’ che ho scoperto più’ di altre il vaso di Pandora anche grazie al lavoro dei comitati locali che si sono andati costituendo man mano che l’emergenza cresceva. In realtà’, come apprendiamo quasi quotidianamente, dagli organi di informazione, i siti inquinati dai rifiuti tossici sono presenti in Italia, ma più in generale nel mondo intero. Addirittura l’oceano e’ invaso da quintali di plastica.
Grazie all’impegno dei ricercatori e dei medici, il cancro oggi viene sempre più debellato e il tasso di sopravvivenza è aumentato notevolmente. Quanto è importante investire sulla ricerca e promuovere una sensibilizzazione sociale?
E’ fondamentale continuare ad investire nella ricerca scientifica e nella prevenzione per comprendere meglio i meccanismi alla base della malattia e per meglio curarla. Anche la prevenzione pero’ ha un ruolo determinante: un intervento tempestivo può’ salvare la vita.
Professore Giordano un mese fa ha siglato con l’ospedale di Marcianise un accordo per la creazione di un centro studi e ricerche contro il cancro. Quanto è significativo disporre anche in Italia di questi centri?
Premesso che l’Italia e’ un Paese all’avanguardia nelle cure del cancro, ritengo che in qualsiasi parte del mondo siano auspicabili collaborazioni di studio che consentano lo scambio di conoscenze scientifiche.
Quale consiglio si sente di dare a tutti i ricercatori e coloro che intendono intraprendere questa missione?
Consiglio di essere onesti con se stessi e di intraprendere questo lavoro per passione. Si tratta di una professione nella quale si e’ costretti ad affrontare molteplici sacrifici non ultimo quello di lasciare anche il proprio Paese per delle esperienze più o meno lunghe all’estero. In Italia, la situazione dei ricercatori e’ difficile e la maggior parte emigra all’estero.
Se trovasse una lampada e sfregandola avesse la possibilità di esprimere tre desideri, quale esprimerebbe?
E’ molto complicato risponderLe. Probabilmente, provvederei alle bonifiche dei territori inquinati, migliorerei le condizioni lavorative dei giovani italiani (soprattutto dei giovani ricercatori) e, per me stesso,chiederei di poter lavorare ancora per molti anni.