Più che un’opera di fantasia, Piccoli racconti di un’infinita giornata di primavera di Natsume Soseki è l’insieme di esperienze realmente vissute dall’autore, scritti inventati e sperimentazioni stilistiche. Ciò che li lega non è un tema o un genere, ma piuttosto una sensazione, un desiderio molto umano. Quello di volere che il tempo si dilati, che non arrivi mai la fine di una giornata splendida, che le lancette di un orologio immaginario rallentino a dismisura. Questo è il leitmotiv della raccolta di Soseki, la necessità di apprezzare ogni singolo lungo attimo. È lo stesso titolo originale a indicarcelo, infatti la parola eijitsu in cinese antico (lingua che Soseki conosceva molto bene) significa “giornata lunga di primavera, una giornata in cui il sole sembra non tramontare mai”. In giapponese il concetto ha perso quella connotazione stagionale, andando a inglobare qualunque giornata infinita e coniugandoci l’idea che sia l’uomo stesso a volere che quel tempo si dilati e rallenti. I personaggi di Soseki rimangono in una sofferta attesa, di un’evento, di una persona, di un’emozione, di un alito di vento, cercando di rivivere la felicità di un momento passato, nella speranza che non possa finire mai.
I venticinque racconti sono brevi e intensi. Due racconti in particolare meritano nota: quello del serpente per la veemenza della pioggia, la vera protagonista di una battuta di pesca. Davvero suggestivo. La vicenda vede protagonisti un ragazzo e suo zio, durante un diluvio vanno a pescare, imbattendosi in un grosso serpente d’acqua. Nel mezzo della lotta sincopata con l’animale si ode una voce, ma chi ne sia il proprietario rimane un mistero, fluttuante sulle loro teste, incastrato a forza tra i goccioloni neri del temporale. Il secondo scritto che non può lasciare indifferenti è La tomba del gatto, che ci consegna uno scrittore delicatissimo, nostalgico e parole piene d’amore e di stupore. Difficile stabilire se sia parte di quelle memorie di vita di Soseki o sia piuttosto frutto della sua immaginazione, né è di grande importanza scoprirlo. Affascina dalla figura ieratica di questo gatto casalingo, ma ormai vecchio e stanco. Da che tutti paiono indifferenti alla sua presenza costante si ritrovano poi, dopo la sua dipartita, ad onorare la tomba ogni giorno. Lo scrittore, più di tutti, pare accorgersi che il gatto si consuma con lentezza e in silenzio, ma si sente impotente. In questo racconto l’attesa è quella di un evento, che solo una volta passato si concretizza e acquisisce materialità.
Capodanno, Il ladro, L’incendio, L’uccello di montagna, Kigensestu, La sfilata, Il denaro, Il cuore e Il cambiamento raccontano episodi della vita di Soseki. Sprazzi difformi e diapositive vivide di ricordi, chissà perché rimasti più impressi di tanti altri nella mente dell’autore. Scene domestiche, che per la maggior parte lo vedono protagonista insieme ai suoi allievi e ad altri scrittori. Anche le donne hanno un ruolo particolare nei racconti, sembra che la loro importanza debba ancora essere definita. Sono forme fluttuanti, come offuscate da un velo che ne lascia intravedere solo alcune parti o certi comportamenti. Sfuggono.
Il caco, Un essere umano, Monna Lisa, La voce, Lavori proficui e Kakemono (supporto di carta o seta da appendere, su cui poi viene incollato un’opera o un dipinto da esporre) sembrerebbero vere e proprie storie inventate, puri atti di narrativa. È qui, più che nelle altre scritture, che troviamo la volontà di Soseki di sperimentare. Il suo stile era ancora in continua evoluzione.
Del suo soggiorno in Inghilterra (Soseki visse là per due anni, dal 1900, per fare ricerche sulla lingua inglese) parlano gli scritti L’odore del passato, Pensione familiare, Un sogno di tepore, L’impressione, In tempi antichi e Il professor Craig. Questi racconti condensano le memorie dell’autore. Le sue forti e profonde sensazioni di estraneità nei confronti degli inglesi e del vivere occidentale, è questo che traspare più di tutto leggendoli. Di questo gruppo di scritti inglesi molto bello è La nebbia.
La grandiosità e particolarità delle descrizioni di Soseki è che sono reali. Leggendole si ha la sensazione che da qualche parte stia succedendo sul serio, che quelle parole così vivide prendano forma. Hanno consistenza sotto le dita e non svaniscono subito dopo aver chiuso il libro, permangono in una dimensione altra ubicata tra la nostra mente e la nostra pelle. Molto forte è la componente poetica della sua prosa, spesso vi capiterà di imbattervi in frasi e incastri di parole che assomigliano molto di più a una poesia. Questa è la forza della sua scrittura, così attuale anche nella contemporaneità.
Quando, rimasto senza fiato, mi fermai e guardai verso l’alto, le scintille mi passavano già sopra la testa. Volano a migliaia verso il cielo stellato, limpido e profondo, per scomparire poi all’improvviso. E nello stesso momento, sospinta dal vento su tutta la superficie, una nuova ondata brillante compare dappresso furiosamente, inseguendomi scintillando, per poi scomparire, anch’essa di colpo. Se guardo nella direzione da cui volano, si uniscono in un’unica radice, come se ampi getti d’acqua fossero stati raggruppati assieme, e tingono il freddo cielo senza che resti nessuno spazio libero. C’è un grande tempio buddhista cinque metri più avanti. A metà delle lunghe scale di pietra, da entrambi i lati, grossi abeti si ergono alti, distendendo i rami silenziosi nella notte. Il fuoco si originava proprio dietro di essi; risparmiava intenzionalmente il tronco nero e i rami immobili, ma tutto il resto era di un rosso scarlatto. L’origine dell’incendio era senza dubbio sopra quell’alta sponda. Se mi fossi spostato ancora di un centinaio di metri, salendo per la salita a sinistra, sarei riuscito ad arrivarci.