Andrea Camilleri, scomparso oggi all’età di 93 anni, è stato un magnifico costruttore di trame, l’inventore di un non-siciliano originalissimo, un bulimico di vita, di letteratura, di sigarette. I sette nodi della sua personalità, e della sua letteratura.
Camilleri merita onori virtuosi e veritieri. Virtù per virtù (teologali e cardinali, come vuole la norma), accompagniamo il savio Andrea, vigoria dell’Italia che fu, negli altri mondi.
Fede. Comunista. Dopo una giovinezza, “come tutti”, diceva lui, sia onore al vero, fascista. A 14 anni scriveva la lettera al Duce per inabissarsi in Abissinia, più tardi fu antiberlusconiano. Salvini gli storpiava la bile. In un brutto libro, Esercizi di memoria, svelò che il commissario Montalbano era tratto dal profilo di uno zio Carmelo, commissario della Pubblica Sicurezza, “fervente fascista”. L’unica fede di uno scrittore, in ogni caso e in ogni modo, dovrebbe essere la scrittura. Da vecchio, fu l’Omero della sinistra, mentre la sinistra bruciava, come Troia.
Speranza.In Argentina tutti conoscono Camilleri, l’Italia è il Sud, il Sud da cartolina di Camilleri. “Non si scrive per pubblicare, ma per pesare le parole, le parole sono pericolose”, diceva la grande scrittrice argentina Sylvia Iparraguirre. Dillo a Camilleri, divo per acclamazione popolare, non c’è uno che non lo conosca.
Carità. Camilleri conosce i tempi teatrali. Per questo funziona. Non è un letterato, ma un uomo di teatro, una bestia scenica. I suoi libri, in effetti, si bevono come un drink, sono canovacci perfetti. Perciò, se volete la Sicilia, leggete De Roberto, Gesualdo Bufalino, Ignazio Buttitta. Camilleri crea una Sicilia da Cinecittà. Avrebbe potuto imporre Vigata in provincia di Cuneo arricchendo di cerea i romanzi e chiamando Gianduia il suo commissario. Avrebbe avuto successo gemellare.
Prudenza. Per prudenza, avrebbero dovuto evitare il doppio ‘Meridiano’ Mondadori, uno scialo meridiano, uno sciupio. Prudentemente possiamo dire che Camilleri era meglio come uomo, brioso e di vigorosa intelligenza, che come scrittore. Come scrittore, crebbe peggiorando. Uno degli ultimi libri, Conversazioni con Tiresia, è un arancino rancido: quando l’antico profeta dice che “non riuscii a staccare gli occhi dal corpo di Atena… fu guardando il suo lato B che ebbi la certezza che il mondo fosse rotondo e non piatto”, la facoltà immaginativa va al culo vintage di Edwige Fenech. Contestualmente, invecchiò in simpatia, il Camilleri: le interviste, sfiziose, spesso sono meglio dei romanzi, stucchevoli.
Giustizia. Giustizia ci impone di dire che letto uno (diciamo, due, tre), letti tutti. Montalbano non è Maigret e Vigata non è la Yoknatapatawpha del Sud Italia. Spesso la fiction è meglio dei libri, di viziata retorica. Per giustizia, va detto che basta Il birraio di Preston e Il ladro di merendine. Il resto è tempo rubato al meglio.
Fortezza. Letteratura come replica dell’uguale, disciplina del cliché. Fortezza. Stare nel fortino delle proprie attese. Camilleri è un logo, una indigestione di cassata. I suoi libri rassicurano, per questo sbancano.
Temperanza. Temperamento non certo temprato dalla sobrietà, gran parlatore e fumatore e poligrafo, Camilleri. Ha scritto moltissimo senza inibizioni estetiche. Né estremo come D’Arrigo né acuto come Sciascia, non si è posto il problema del male o del delirio umano attraverso la finzione, non aveva manie linguistiche né frizioni epiche. Si è divertito. Amen.
Camilleri è il prodotto perfetto per restituire una Sicilia di genere, lompo in luogo del caviale, un’isola da sarde a beccafico. Perfino la mafia nei suoi libri diventa un souvenir, come il carrettino o la coppola o il grembiule con l’effigie di Brando nei panni del Padrino. Fulvio Abbate
Fonte: https://www.linkiesta.it/it/article/2019/07/17/andrea-camilleri-scrittore-morte/42568/