Una cosa è certa: in Italia niente riempie le piazze come l’idea di combattere contro una persona. La grottesca tenzone tra sardine che non si legano e gattini che cenano a base di pesce, è rappresentativa della parabola discendente che trasforma un Paese che non sa riconoscere i problemi che lo affliggono, in un cortile buono per la lotta tra galline.
Così l’alibi per eccellenza di certa politica, che quando non tradisce il popolo rimane inchiodata ad un disfattismo fatto di promesse vuote e roboanti, sfocia nel personalismo. Abbiamo avuto il ventennio del berlusconismo che catalizzando le energie che si pretendevano migliori, ha poi lasciato sul terreno l’assoluta incapacità di reagire a quello che è venuto dopo il novembre del 2011, quando dopo dimissioni ottenute manu militari – in modo più elegante, certo, attraverso i ricatti di Bce e mercati finanziari e non tramite più rumorosi bombardamenti – molti hanno gioito per il “pericolo fascismo scampato“.
La nuova mobilitazione di massa, sottoforma di sardine che si radunano per combattere contro l’odio, offre ancora una volta un’illusione e lo fa a buon mercato: l’idea di contare qualcosa, di affermare “io esisto“, andando contro qualcuno e non per qualcosa. Non contro il furto di futuro a colpi di austerità ottusa, mentre il refrain “Ce lo chiede l’Europa” diventava in questi anni il peana di una guerra dichiarata alla gioventù e ai risparmiatori e che potrebbe definitivamente consumarsi, solo per fare un esempio, attraverso la riforma – pare concertata segretamente – del Mes; non per la spinosa questione dell’Ilva che mostra in tutta la sua gravità la conciliazione tra due diritti fondamentali, quello al lavoro e quello alla salute; né si sono viste mobilitazioni significative quando uno dei pilastri delle conquiste sindacali, l’art. 18, è stato disinnescato.
Ci si mobilita contro un odio generico che, è pur vero, in mancanza di visioni concrete rischia di avere presa facile. Ma è la fiera di un sentimentalismo sul cui altare si sono sacrificati ragionamento e buon senso. Il rischio delle piazze sentimentali è la dissipazione delle energie, mentre altrove si continua a banchettare su risorse economiche e umane e i comuni mortali finiscono nella trappola di due paradossi: cercare l’odio negli altri per non guardarlo dentro di sè e concentrarsi sul dito, invece che guardare alla luna.