Lo scrittore romano Diego Galdino ama dare ai lettori cose belle, storie che fanno sognare, emozionare; storie che probabilmente molti di noi desiderano, compresi i critici che storcono il naso davanti ai suoi fortunati libri ( l’autore è infatti ai primi posti nelle classifiche
della Germania, Spagna, Serbia, Polonia e Bulgaria). Schietto, umile e romantico, Diego Galdino ha esordito nel 2014 con il best seller Il primo caffè del mattino, edito da Sperling & Kupfer e gestisce un bar nel centro di Roma, sua amata città che fa da sfondo anche al suo ultimo romanzo, Una Storia straordinaria, Leggereeditore 2020. Un romanzo da leggere tutto d’un fiato, ritmato, sensoriale, consigliato a chi fantastica di vivere una storia appassionata e piena di devozione e a chi pensa, come l’autore, che tutti nel mondo, ogni tanto, hanno bisogno di leggere delle favole.
La sinossi del romanzo: Luca e Silvia sono due ragazzi come tanti che vivono vite normali, apparentemente distanti. Eppure ogni giorno si sfiorano, si ascoltano, si vedono. I sensi percepiscono la presenza dell’altro senza riconoscersi. Fino a quando qualcosa interrompe il flusso costante della vita: Luca perde la vista e Silvia viene aggredita in un parcheggio. La loro vita, sconvolta, li porta a chiudersi in un’altra realtà e il destino sembra dimenticarsi di loro. Eppure, due anni dopo la loro grande passione, il cinema, li fa conoscere per la prima volta e Luca e Silvia finiscono seduti uno accanto all’altra alla prima di un film d’amore. I due protagonisti, feriti dalle vicissitudini degli eventi passati, si ritrovano, così, loro malgrado, a vivere una storia fuori dall’ordinario. Ma l’amore può essere tanto potente da superare i confini dei nostri limiti e delle nostre paure? E il destino, quando trova due anime gemelle, riesce a farci rialzare e camminare insieme?
1) Come si è avvicinato alla scrittura?
Ho iniziato a scrivere molto tardi, ma poi non ho più smesso. Per me la prima storia che ho scritto resta indimenticabile perché è nata in un modo particolare e per merito di una ragazza a cui sono stato molto legato.Un bel giorno mi mise in mano un libro e mi disse: «Tieni, questo è il mio romanzo preferito, lo so, forse è un genere che piace più alle donne, ma sono certa che lo apprezzerai, conoscendo il tuo animo sensibile». Il titolo del romanzo era Ritorno a casa di Rosamunde Pilcher, e la ragazza aveva pienamente ragione: quel libro mi conquistò a tal punto che nelle settimane a seguire lessi l’opera omnia dell’autrice. Il mio preferito era I cercatori di conchiglie. Scoprii che il sogno più grande di questa ragazza di cui ero perdutamente innamorato era quello di vedere di persona i posti meravigliosi in cui la Pilcher ambientava le sue storie, ma questo non era possibile perché un grave problema fisico le impediva gli spostamenti lunghi. Così, senza pensarci due volte, le proposi: «Andrò io per te, e i miei occhi saranno i tuoi. Farò un sacco di foto e poi te le farò vedere». Qualche giorno più tardi partii alla volta di Londra, con la benedizione della famiglia e la promessa di una camicia di forza al mio ritorno. Fu il viaggio più folle della mia vita e ancora oggi, quando ci ripenso, stento a credere di averlo fatto davvero. Due ore di aereo, sei ore di treno attraverso la Cornovaglia, un’ora di corriera per raggiungere Penzance, una delle ultime cittadine d’Inghilterra, e le mitiche scogliere di Land’s End. Decine di foto al mare, al cielo, alle verdi scogliere, al muschio sulle rocce, al vento, al tramonto, per poi all’alba del giorno dopo riprendere il treno e fare il viaggio a ritroso insieme ai pendolari di tutti i santi d’Inghilterra che andavano a lavorare a Londra. Un giorno soltanto, ma uno di quei giorni che ti cambiano la vita. Tornato a Roma, lasciai come promesso i miei occhi, i miei ricordi, le mie emozioni a quella ragazza e forse le avrei lasciato anche il mio cuore, se lei non si fosse trasferita con la famiglia in un’altra città a causa dei suoi problemi di salute. Non c’incontrammo mai più, ma era lei che mi aveva ispirato quel viaggio e in fin dei conti tutto ciò che letterariamente mi è successo in seguito si può ricondurre alla scintilla che lei aveva acceso in me, la voglia di scrivere una storia d’amore che a differenza della nostra finisse bene e poi non ho più smesso fino ad arrivare a Il primo caffè del mattino.
2) Pensa di esprimere in gran parte se stesso quando scrive o cerca di compiacere i suoi lettori affezionati?
Per me la scrittura è da sempre un modo per evadere dal mio contesto quotidiano, una via di fuga, un modo per fare quei viaggi che non posso fare fisicamente. Ma la scrittura a volte è anche una seduta terapica e il libro che stai scrivendo diventa quello psicologo a cui riesci a dire quelle verità che non confesseresti a nessun altro. Perché la scrittura ti giudica oggettivamente e se deve dirti che sei uno stronzo te lo dice senza avere paura di ferirti. “Più sei vero e più piacerai ai lettori perché loro sono come te, hanno bisogno di solo cose belle”.
3) Lo scrittore francese Gide sosteneva che la buona letteratura si fa con i cattivi sentimenti, lei cosa ne pensa?
Secondo me lo scrittore Gide ha detto una stupidaggine. La letteratura ha bisogno di sentimenti buoni e cattivi per essere buona, in egual misura e non è detto che alla fine sia buona lo stesso. La buona letteratura ha bisogno solo di scrittori nati per scrivere.
4) Secondo lei perché i suoi libri hanno successo anche all’estero?
Perché tutte le persone del mondo, ogni tanto, hanno bisogno di leggere delle favole. Magari ambientate nella città più bella del mondo.
5) I libri che scrive sono quelli che vorrebbe leggere?
Io leggo di tutto, ma di sicuro il genere romantico è quello che prediligo, quindi credo che sì i miei romanzi lì leggerei volentieri. In effetti quando scrivo entro in una specie di trance, tanto che dopo rileggo quello che scrivo quasi con sorpresa, come se non fossi stato io a scrivere quelle parole e mi faccio i complimenti.
6) Il libro che avrebbe voluto scrivere?
La sceneggiatura del film coreano Mare da cui è stato tratto il remake del film La casa sul lago del tempo, una storia bellissima e geniale.
7) I protagonisti del suo ultimo romanzo, vivono una storia d’amore fuori dall’ordinario. L’Amore rende straordinaria anche l’abitudine?
Sono gli innamorati a rendere straordinaria anche l’abitudine. Ma credo che la migliore risposta a questa domanda siano le parole del protagonista del mio ultimo romanzo. Luca rise piano, scuotendo la testa. «Assolutamente no, il mio discorso è un avvertimento in positivo. Tu in questi giorni mi hai fatto capire che l’amore è come uno di quei bracieri votivi che si trovavano nei templi dell’antica Grecia e l’innamorato, in questo caso io, è un po’ come quelle ancelle che erano destinate a passare tutta la loro vita a cercare di mantenere il fuoco del braciere sempre acceso… Non ti puoi distrarre o addormentare, specialmente la notte. Perché altrimenti il fuoco rischia di spegnersi. E se è vero che credi nell’amore, come le ancelle credevano nel dio del tempio, non puoi permetterlo…»
8) In questo suo ultimo romanzo si respira anche un po’ di cinema. Cos’è per lei il cinema e da questo punto di vista come vede Roma?
Il cinema è una parte inscindibile della mia vita, come l’arte, la lettura e fare i caffè. Roma è da sempre lo scenario perfetto per ogni storia e qualsiasi tipo di film. Credo che la risposta migliore a questa domanda sia il film La grande bellezza di Sorrentino. Nomen omen.
9) Pensa a volte di risultare troppo sentimentale o adolescenziale?
Magari fossi adolescenziale, credo che il modo più bello di esprimere i sentimenti sia quello adolescenziale, un amore senza stare a pensare a “e adesso?”
10) Cosa pensa di aver aggiunto a questo suo ultimo lavoro letterario, in relazione ai suoi precedenti libri?
Le parolacce…