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Charlie Parker, John Coltrane, Wayne Shorter: Miles Davis & the saxophones

La paranoica fissazione con un genere musicale contemplato ed esplorato nella sua più totale e completa complessità porta inevitabilmente alla ricerca di tutto ciò che gli sta attorno configurando un continuum fenomenale di genere a intermittenza di suoni dai più disparati insiemi musicali. Dal ’69 al ’74, da In a Silent Way a Get Up With It, il protagonista del racconto è più doverosamente John McLaughling, un chitarrista inglese, laddove nei sogni, nei desideri di partenza, nei progetti e nelle idee iniziali, questa figura musicale avrebbe dovuto combaciare con le fattezze artistiche di Jimi HendrixMiles Davis aveva un progetto musicale che contemplava l’introduzione della chitarra di Hendrix, ma quello che ne è venuto fuori fu solo un chiacchierato pastiche sentimentale a tre tra Miles, Jimi, e la signora Mabry Davis, Mademoiselle Mabry, come nell’ultima traccia di Filles De Kilimanjaro, suite orchestrale di oltre un quarto d’ora del 1968, Miles Davis, e al sax c’era già Wayne Shorter che chiudeva lo storico periodo del secondo grande quintetto, e che lo accompagnerà fino agli sviluppi più estremi del progetto di fusione elettrica tra musica jazz e musica rock – e questa è la seconda volta in quattro anni che la chitarra elettrica fa scalpore, fa scandalo, fa impazzire il pubblico; ed era già successo con Bob Dylan nel ‘65 quando il cantautore si presentò al Newport Folk Festival con una Stratocaster a tracolla e si beccò gli insulti e lo sdegno del pubblico (quella chitarra è stata venduta all’asta attorno al 1992 o giù di lì, per duemilioni di dollari).

Il protagonista sarebbe più doverosamente John McLaughing, è vero, ma coi saxophoni di Miles Davis si costruisce comparativamente una storia maggiore.

In realtà, ma sono probabilmente molteplici i prototipi del genere di fusione, la prima botta – e fa male ancora adesso quel disco – arriva da Duke Ellington nel 1962, con una scarpata blues d’altri tempi, un blusaccio primordiale, con uno degli egregi, dei molto onorevoli, per dirla con Joyce, senza il coraggio di dire il preferito da queste parti, della musica mondiale: Money Jungle con un trio pazzesco formato dallo stesso Ellington al piano, Max Roach alla batteria, già visto con Davis nella birth, in studio, ‘49-‘51 ca., of the cool e pre-birth of the cool, Live At The Royal Roost, NYC del settembre del 48 col celebre noneth detto la tuba band, come da note di copertina della premiata stampa della Durium, collana Jazz Live, note di Sandra Novelli – tutto comunque documentato nell’uscita del ‘57 a cura della Capitol dal titolo appunto The Birth Of The Cool – e, risalendo a Money Jungle, Charles Mingus al basso, un acidissimo Charlie Mingus e molto libero, free, al basso, contrabbasso.

Non è stato ancora detto niente di né di Charlie Parker né di John Coltrane, e con Shorter appena appena accennato, si va già verso l’ennesima nuova era del jazz, ulteriore capovolgimento di fronte capitanato da Miles Davis; e tutto sommato in qualche misura vengono tralasciati proprio Jerry Mulligan e Lee Konitz tra gli altri, i primi due sax del dopo Charlie Parker, la nascita del cool come già detto, anche perchè il disco esce postumo nel ’57, e si va verso il Miles Davis Quintet come atto primo del post Charlie Parker, al quale viene apposto Walking, anche questo senza John Coltrane – ma John Coltrane sarà presente in Kind Of Blue, il disco jazz più venduto in assoluto, o in qualche modo, il corrispettivo di The Dark Side Of The Moon in ambito jazz.

John Coltrane è dunque il sassofonista del dopo Charlie Parker, del primo Miles Davis Quintet, degli anni cinquanta, delle registrazioni della Prestige (The Legendary Prestige Quintet Sessions), del Caffè Bohemia; John Coltrane è il sassofonista che ha preso il posto di Sonny Rollins nel gruppo per far uscire Milestones, Round About Midnight, Cookin’, Steamin’, Relaxin’, Workin’ e poi nel 1959 ci sarà Kind Of Blue: Miles Davis, John Coltrane, Cannonball Adderley, Bill Evans, Winton Kelly, Paul Chambers, Jimmy Cobb – nel mezzo ci stà Walkin’ con un’altra formazione: un attestato di leggendaria sicurezza.

La storia ad ogni modo, quasi tutta quanta dall’inizio alla fine, si svolge quasi completamente a NYC, o lì ha più di un suo centro, e questa di John Coltrane in particolare attorno al Bohemia Cafè che ha recentemente riaperto.

E questi sono gli anni successivi a quelli in cui è ambientato On The Road, e i beatnik, allora, sono a un passo, la beat generation era già quasi tutta lì, e curiosità vuole che proprio The New Bohemia sia il titolo di un libro che descrive alla perfezione i contorni del new cinema americano, la sua natura underground, da cui letteralmente i Velvet Underground, e di cui lo stesso Andy Warhol faceva parte o vi era in misure diverse coinvolto, lui come Nam June Paick, Rauschenberg, Jones, Oldemburg, Kelly, Indiana, per dirne alcuni; ma per quel che riguarda il solo Andy Warhol, lui di fatto nasce come grafico anche di copertine di dischi di musica jazz, e forse nelle Metamorfosi c’è qualcosa di vero, Ovidio aveva ragione, magari la reincarnazione esiste, la resurrezione è verità, e se non esiste la reincarnazione, il darwinismo ne ha dimostrato la felice intuizione – Prestige, ad ogni buon conto, e questo è il seguito, e si va verso l’ennesima metamorfosi del jazz e la controcultura americana degli anni sessanta dei tempi a venire (è Jack Kerouac a dircelo che sono adiacenti) e Miles Davis, Wayne Shorter al sax, cavalca alla perfezione la chitarra elettrica: dopo E.S.P., Miles Smiles, Sorcerer, Nefertiti, Miles In The Sky, Filles De Kilinajaro, entrano In A Silent Way, Bitches Brew, e Jack Johnson, poi esce Wayne Shorter e l’elettricità corre sola sul filo fino a On The Corner, Big Fun, Get Up With It, e poi il silenzio fino agli anni ottanta, fino al magico EP Rubberband stampato lo scorso anno per la prima volta.

Ma alla fine chi era Charlie Parker, allora? Charlie Parker era un sassofonista americano. Nell’autobiografia di Miles Davis occupa tutta la prima parte, e di John Coltrane praticamente e di Wayne Shorter non c’è traccia nella seconda parte. Nella sua autobiografia, Miles Davis passa la metà del tempo a insultare Charlie Parker in tutti i modi, a glorificarlo, ad amarlo e a odiarlo. Charlie Parker muore nel 1955, un anno dopo la nascita del rock&roll, un anno dopo la consacrazione della chitarra elettrica, e per scoprire cosa sono tutti quegli assoli del rock&roll, è sufficiente ascoltare un disco di Charlie Parker e sostituire il sax con la chitarra elettrica, quello che di fatto è successo con il Miles Davis dell’ ”ultima” metamorfosi del jazz, con tempi più soft e cool, parlando di Miles, rispetto alla frenesia di Charlie Parker.

Nella sua autobiografia Miles Davis descrive Charlie Parker come un frenetico strafatto di eroina che si ingozzava di pollo fritto e suonava da dio: buttandola lì per chiudere, saltando lo swing, il boogie, e il rithm&blues, giocando a una vanitosa rivendicazione jazz, il rock&roll è il be bop suonato con la chitarra elettrica – Charlie Parker è per estensione il prototipo del chitarrista solista.

Di John Coltrane e Wayne Shorter si segnalano rispettivamente Giant Steps e Blue Train dall’una parte e Schizophrenia e i Weather Report dall’altra (Black Market).

Chi era Charlie Parker lo ha già documentato ampliamente Jack Kerouac, e la sua vita sarà uno standard per le avanguardie future verosimilmente spericolate come James Dean che muore nel suo stesso anno.

Un ultima curiosità ci spinge a notare che le prove generali di Bitches Brew, a tutti gli effetti il primo album elettrico di Miles Davis, si sono per così dire tenute al Fillmore East, sempre da quelle parti, NYC, l’equivalente del Blue Note per il jazz, nel marzo del 1970 la stessa sera in cui Neil Young & The Crazy Horse registrano uno dei più formidabili live albums di sempre con una rendition elettromagnetica di Cawgirl In The Sand. Poi ci sarà l’isola di Wight per Miles Davis e per la sua band, e seicentomila persone di gloria finalmente tutta intera per il jazz e la sua storia.

 

Fonte: tidal.com e le sue liner notes for liquid music.
Photo: http://birkajazz.se/archive/blueNote1500.htm

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