Cronache quotidiane, edita da Les Flâneurs Edizioni, è l’ultima silloge poetica del giornalista barese Giuseppe di Matteo. A breve distanza da Frammenti di un precario, uscito nel 2019, di Matteo regala un nuovo scritto uscito il 18 maggio, quando ancora tutti erano rintanati a casa a causa della pandemia.
Cronache quotidiane: Sinossi
Cronache quotidiane consta di 147 componimenti, in forma di frammenti.
L’emergenza Coronavirus ci ha costretti a restare a casa e a cambiare radicalmente le nostre abitudini. In tanti, com’era prevedibile, hanno cominciato a rimpiangere la loro vita (e il mondo) di prima. Ma si stava davvero meglio? E in che modo la quarantena forzata ci ha cambiati? Giuseppe Di Matteo prova a entrare nelle viscere del Belpaese e a raccontare ciò che vede lasciandosi guidare dalla scia dei suoi frammenti, strumento di cui da tempo non riesce più a fare a meno. E già prima della fine del viaggio si materializza un inquietante interrogativo: ne usciremo davvero migliori?
La pandemia, il dramma che ne è scaturito, l’isolamento, sono solo le premesse dalle quali il giornalista parte per costruire la sua antologia poetica. Il filo su cui viene intessuto l’intera raccolta è quello ermetico: frammenti brevi, a volte crudi e severi, ma intrisi di significati. “La sua poesia rappresenta un ermetismo 2.0 dallo stile elegante, garantendo la continuità con la tradizione degli Ungaretti e dei Quasimodo” scrive Annibale Gagliani nella prefazione al libro.
Era l’Italiain cui non si usciva più.
Ogni tanto incontravo
un uomo in fuga
con la spesa della sua prigione.
Tutto andrà bene
come una preghiera
la mattina presto
e un bacio di caffè
sulla guancia del giornale.
alla poetessa autrice del primo post it “Tutto andrà bene”
Attaccata al tuo camice in trincea
è la vita di un pianto
e di un gioco da bambini
di tutti noi.
all’infermiera di Cremona, stremata dal sonno dei giusti, con riconoscenza
I versi sullo scrittore non sono circoscritti solo intorno a questo periodo storico. Leggendo la raccolta si ha l’impressione di guardare all’interno di un caleidoscopio. Come lo strumento ottico, anche Cronache quotidiane è un avvicendamento di luci, colori ed immagini diverse.
Tra le pagine ci si imbatte in riflessioni sul razzismo, morti sul lavoro, sfruttamento dei lavoratori, violenza, caporalato, migranti, ipocrisia di guarda ma non agisce e menefreghismo di chi governa. Virus altrettanto fatali per il nostro animo e nocivi per la nostra terra che ormai ospita creature inumane.
“Non cerca scorciatoie, Di Matteo: va dritto al centro del dolore, delle storie, dando voce agli invisibili, ai dimenticati, agli emarginati. La sua è una poesia civile. Dura, coraggiosa, necessaria. Giuseppe di Matteo non smette di essere cronista nelle sue vesti di poeta. Si immerge nell’attualità e ci offre il suo sguardo, attento, severo, dolce, spietato, sulle vicende di ogni giorno. Su questo tempo presente, in cui ci sentiamo tutti coinvolti e smarriti” scrive Darwin Pastorin nella postfazione
E quando si ha l’impressione di essere entrati in un vortice di pessimismo, degli spiragli di speranza si aprono al lettore, come la cura più efficace: la poesia:
Parlare con la carta
il mio rito più sano.
E poi fuggire
da un mondo che uccide
con parole di pietra
che hanno smarrito il confine.
Entrate in libreria
uno alla volta
e saccheggiatela
con quegli occhi di fame
che avete dimenticato.
la cultura;
Entrate in libreria
uno alla volta
e saccheggiatela
con quegli occhi di fame
che avete dimenticato.
e l’Amore:
Niente baci
abbracci, strette di mano
incontri nei luoghi affollati.
Su un lembo di terra
intanto si spara: l’Europa
si è ammalata. E non esiste
vaccino, se non l’Amore.
E come se lo scrittore nel mettere nero su bianco le sue riflessioni avesse soffiato sulla pagina regalando cristalli: pietre che ogni lettore raccoglierà e dove specchiandosi ritroverà un po’ di sé: “Non vi stancherete mai. Perché ci siete voi, ci siamo tutti noi in questi limpidi e taglienti versi. È questo il compito della poesia: raccontarci la vita in ogni suo spigolo, in ogni sua sfumatura, deve confortarci, essere arte maga, ma anche farci del male, colpirci alla bocca dello stomaco, nel cuore, deve lasciarci cicatrici per farci comprendere e rinascere” aggiunge Pastorin.
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