Uno strano vento scende dalle montagne e ulula tra le case, esasperato dalla solitudine. Una cornacchia dispettosa mette in pericolo la missione di un misterioso equilibrista. L’invenzione della funzione standby porta scompiglio nella vita di coppia di On e di Off. Sono solo alcune delle storie di Ugo Mauthe, fantasiose e improbabili come lupi in città.
I dieci racconti che compongono il libro declinano l’irrealtà, di volta in volta su un diverso registro predominante. Oscillano fra la fiaba nera di Vento lupo (Ensemble 2020 e vincitore del Premio Officina), che dà il titolo alla raccolta e l’allucinata esperienza di vecchiaia e solitudine di Paglia nera. Migrano dall’epica impossibile e pacifista di L’ultimo soldato ai sorprendenti risvolti della commedia amara di Zapping. Viaggiano fra due diverse sfumature di fantascienza con Zio Simmi e Un fatto misterioso. Toccano l’amore con l’eros tecnologico di On/Off e la favola sognante di Butterfly. Raccontano di strani incontri, come accade nella storia natalizia intitolata Un incontro e nell’ultimo testo della raccolta, Il tatuaggio.
In Vento Lupo, l’autore, pubblicitario con una lunga storia professionale come copywriter, direttore creativo e docente di comunicazione, dopo aver pubblicato sempre con Ensemble Il silenzio non tace, Premio Conrieri, Premio Il Meleto di Guido Gozzano, Minuziosa sopravvivenza (Il Convivio Editore, 2018), una silloge poetica che ha ottenuto diversi riconoscimenti, e il romanzo Qunellis (Giovane Holden Edizioni, 2018), una favola nera post apocalittica e post umana, sembra chiedersi cosa sia la realtà e in cosa consista la verità dell’essere umano, catapultando il lettore in una dimensione visionaria.
L’irrazionale scherza con il pensiero in Vento Lupo, per rendere traslucidi, attraverso strade di riflessione diverse, l’essenza e i desideri di ogni essere umano. Probabilmente non viviamo la distopia che ci è stata promessa: non viviamo in un mondo di controllo assoluto da parte di internet e della tecnologia, semmai viviamo in un mondo dove si assiste ad un proliferare di nicchie sorprendenti. Non siamo in un romanzo di Orwell, sembra dirci Ugo Mauthe, ma nel mondo di Philip K. Dick, da cui l’autore sempre prendere spunto per raccontare il disordine ontologico di un mondo dove vero e falso si sovrappongono e confondono, realtà e fantasia si fondono, dove false realtà creeranno false creature umane, oppure falsi umani genereranno false realtà per venderli ad altri umani. Per questo le storie improponibili di Mauthe potrebbero non essere tanto improponibili, dato che la realtà che circonda l’autore non lo aggrada, e di conseguenza scrive, evadendo dalla realtà che vede, ma creandone un’altra parallela e facendo emergere l’invisibile che si cela dietro le nostre vite e la nostra quotidianità.
Vento Lupo si configura come una serie di racconti-ragionamento intorno alla realtà e al rapporto dell’uomo con la fantasia, all’abbandonarsi ad essa grazie alla quale la vita di ogni giorno viene vissuta con maggiore curiosità ed intensità. D’altronde come scriveva Alberto Savinio: <<Il verismo è il peggior nemico della letteratura. […] la letteratura non guarda al presente con l’occhio del presente. La letteratura conosce quello che il presente ignora. La letteratura dice quello che il presente tace. […] La letteratura è la Speranza Scritta>>
La busta dice di essere un uomo, l’uomo è lui. C’era già arrivata prima ma aveva perso il segno. “Quanto prima?” si domanda mentre dà un altro schiaffo all’aria, l’ultimo, per forza d’inerzia, perché ha speso tutte le sue energie per muoversi e non ne ha più per fermarsi. La busta dice di essere un uomo, l’uomo è lui, “allora sei tu che mi tocchi, mica un ictus o chi sa che malanno, mi vuoi male, cosa vuoi cosa sei venuto a fare, me lo dici eh?” (Da Vento Lupo)