“Memoria? Quale memoria? Di me che ritorno sulla soglia che manca?” Proprio l’esperienza di soglia sembra essere l’asse portante della prima sezione di “Case Sepolte” (i Quaderni del Bardo Edizioni, 2020), dentro il cui alveo, Pietro Romano ha elaborato la sua ricerca visionaria. “Case sepolte dentro ogni casa riflessa. Soglia al sostare, speculare tutto in un tutto scisso, parziale.” In un certo senso lo specchio profondo dentro cui la sua coscienza si è specchiata e, se il poeta non avesse osato entrare in quel gioco fra ombra e luce e indagare il valore delle parole, mettendo in scena la visione che palpita negli strati profondi dell’immaginazione oltre la soglia del noto, nessun orizzonte creativo si sarebbe mai aperto.
In una lettera all’ amico Paul Demey, che diverrà poi nota come Lettera del veggente, Arthur Rimbaud delinea il carattere e il ruolo del poeta che, scandagliando come un “veggente” la sua anima, raggiunge le zone più profonde della psiche, per rivelare nella sua opera, come un nuovo Prometeo, il segreto della realtà.
“Case sepolte” è una discesa nelle profondità dell’io alla ricerca del mistero dell’essere, perché la parola diventa strumento quasi magico di trasformazione della realtà apparente. “Nulla che sia parola. Ogni voce è smarrita, prende impeto e affiora da chissà quale parte di me dove soltanto la mia rimane sepolta.”
Il poeta con un linguaggio allusivo e rinnovato evoca l’Anima e la parola vuole esprimere quello che non può essere detto, per cui risulta carica di suggestioni e la lingua stessa diventa l’oggetto dell’operazione poetica. Pietro Romano in Case Sepolte infatti, dosando sapientemente gli effetti stilistici, come la prefazione di Gian Ruggero Manzoni rileva, “singoli sostantivi, brevi abbinamenti verbali, frasi più complesse, incise su lastre…” e con l’ingresso nella dimensione della memoria in un “crescendo “musicale giunge a perdersi in ripetizioni che danno l’idea di uno smarrimento della coscienza.
Scrive Franca Alaimo nella postfazione: “Pietro Romano possiede un nutrito bagaglio di letture “. Infatti consonanze di poeti come Paul Valéry, Rimbaud, Campana, Salinas, Rilke etc. lasciano intravedere una visione simile a quella di Case Sepolte, così Pietro Romano recepisce ed evoca sensazioni non indugiando oltre a cercare il proprio centro nel limen attorno a cui frammentazione e integrazione cercano un’uscita. Tensione e intensità visionaria toccano quella corda viva e autentica che Pietro Romano può dire solo con la via arazionale prescelta in Case Sepolte.
Pietro Romano (Palermo, 1994) si è laureato in Italianistica presso l’Alma Mater Studiorum di Bologna con una tesi su Nino De Vita. Ha pubblicato due raccolte poetiche, dal titolo Il sentimento dell’esserci (Rupe Mutevole, 2015) e Fra mani rifiutate (I Quaderni del Bardo, 2018) Collabora con varie riviste, cartacee e online, tra cui Steve, L’Ottavo, Inverso-Giornale di Poesia. I suoi versi sono stati tradotti in russo («Мой дом — до молчанья», “La mia casa è prima del silenzio”, Free Poetry, 2019, con prefazione e traduzione di Olga Logoch, collana di poesia italiana a cura di Paolo Galvagni, traduzione di Fra mani rifiutate), greco, catalano e spagnolo, e inseriti nell’antologia Le parole a quest’ora (Free Poetry, 2019, a cura di Paolo Galvagni).