Il romanzo del Novecento raccoglie i Quaderni in cui il grande critico letterario Giacomo Debenedetti stendeva le sue lezioni universitarie. La presentazione è di Eugenio Montale. Alla fine del libro si possono trovare le note, in cui sono elencati tutti i riferimenti bibliografici, e il repertorio di autori, opere, personaggi e periodici citati.
Debenedetti si interroga sul concetto di contemporaneità. Analizza le epifanie di Joyce, le intermittenze del cuore e la memoria involontaria di Proust, Il fu Mattia Pascal di Pirandello.
Gli scrittori del Romanzo del Novecento
Debenedetti compara e accosta Italo Svevo a Joyce e Proust, Moravia a Pasternak. Ricorda il lavoro del critico Renato Serra. Studia le opere di Tozzi. Questi Quaderni sono un’ulteriore conferma del rigore e delle capacità analitiche di Debenedetti, che seppe per primo comprendere l’influenza delle scienze umane (la psicologia del profondo e la sociologia) e della microfisica nella letteratura moderna.
Debenedetti è un profondo conoscitore della psicanalisi di Freud, della psicologia analitica di Jung e della fisica delle particelle. Tuttavia non c’è traccia di scientismo nel suo lavoro. Non gli interessa la ricerca totale dell’oggettività, che anni dopo sarà propria della critica strutturalista e della semiologia, che cercheranno di condannare all’oblio l’intuizionismo crociano.
Debenedetti è consapevole che le intermittenze del cuore, le epifanie, l’assurdo, l’informe, il grottesco dei personaggi in sciopero degli antiromanzi non devono essere compresi tramite l’analisi delle ideologie e delle sovrastrutture. Bisogna comprendere le infrastrutture della psiche.
Lo studio della letteratura moderna non necessita di una logica positivista: Debenedetti nel suo Romanzo del Novecento, ci avverte che la scienza moderna è entrata nella letteratura, ma non per questo egli utilizza la metodologia e l’epistemologia delle scienza per comprendere la letteratura moderna. Il grande critico ci avverte che nel panorama letterario, dopo la crisi irreversibile del naturalismo, all’improvviso è presente un ospite invisibile, un’entità del sottosuolo: l’inconscio.
Un approccio interdisciplinare
Epifanie, intermittenze del cuore, illuminazioni interiori, piccole rivelazioni, conflitti interiori, dissolvenze non si possono spiegare adoprando i sillogismi. La nevrosi non si può comprendere con l’ausilio della logica deduttiva, che cercherà sempre di occultare e rimuovere l’ineffabile. Debenedetti ci insegna che i comportamenti dei personaggi dei nuovi romanzi non sono la risultante dell’ideologia. Sono sintomi di un malessere che si è impadronito dell’uomo contemporaneo.
Debenedetti per fare una disamina di tutto ciò si serve di un approccio interdisciplinare: non ha un metodo definito, ma allo stesso tempo ha molti metodi. Nella letteratura compare il personaggio-uomo perché la teoria dei quanta e il principio di indeterminazione spazzano via il meccanicismo e i rapporti di causa-effetto. Irrompe sulla scena un nuovo concetto: la probabilità.
Ecco allora che qualsiasi azione, qualsiasi comportamento, qualsiasi evento è in sé aleatorio. Non può più esistere nessuna trama, nessuna narrazione come nei secoli scorsi. L’uomo è un essere indeterminato. Si sa ciò che è più probabile e ciò che è improbabile. Ma anche l’improbabile può avverarsi e il probabile non accadere.
E se l’uomo è fatto di atomi…. allora perché la sua vita e il suo nucleo non possono essere governati dalle stesse leggi della microfisica? I conflitti sociali ed economici, gli stessi eventi storici apparentemente sembrano scaturiti dal “sovrumano”. Ma se dietro il “sovrumano” si celasse “l’infraumano”?
Si potrebbe parlare di infraumano?
La cultura e le stesse istituzioni sono forse preda dell’infra? L’illusione antropocentrica si dissolve in un istante, indipendentemente dal fatto che la microfisica sia il motivo profondo di una nuova dimensione antropologica dell’uomo oppure l’elemento per un parallelismo efficacissimo.
Il discorso di Debenedetti, che sembrava essere solo letterario, ci porta a interrogarci anche sulle dinamiche sociali ed economiche dell’epoca moderna. D’altronde Debenedetti per comprendere una realtà così frammentaria e irrazionale come quella del novecento non poteva certo servirsi dell’idealismo crociano né delle filosofie irrazionali.
Il grande critico ebbe il merito di capire che anche l’irrazionalità di quella realtà aveva una sua logica. La letteratura del’900 ha come protagonista l’inetto. Ma il romanzo non esiste più. I critici letterari lo chiameranno antiromanzo: un’opera d’arte così innovativa da trascendere sia la logica del mercato editoriale che quella del classico.
Gli studiosi scriveranno che i romanzieri vanno a caccia di epifanie delle epifanie, di “infra della psiche”. Scopriranno che le intermittenze del cuore di Proust si fermano molto più in superficie delle rivelazioni microscopiche di Joyce, Musil, Svevo e Pirandello. Mai gli scrittori hanno scandagliato così a fondo nell’animo umano. Mai come nel’900 hanno scavato così in profondità. Giacomo Debenedetti illuminerà tutti con il suo saggio sul personaggio-uomo, in cui riuscirà a conciliare Freud e principio di indeterminazione, inconscio e microfisica.
La frantumazione dell’io
L’io nelle pagine memorabili del romanzo del’900 non si ripiega su se stesso, ma addirittura si frantuma. Le categorie d’analisi e la logica ordinaria scompaiono, si eclissano: è il congedo del “penso, dunque sono”. Scompare il soggetto, ma non la soggettività.
Quel che resta comunque è il vuoto al centro e mille schegge di interiorità nelle immediate vicinanze, che tramite sensazioni e percezioni distorte e pensieri di pensieri sconnessi rivelano non più il volto dell’uomo, ma un uomo contemporaneo ormai senza più volto. La tesi di Ortega y Gasset, esposta nel suo saggio “La disumanizzazione dell’arte” trova più di una conferma.
La nuova letteratura è impopolare, la grande massa è distante dalle opere letterarie, non le ama perché queste fanno una radiografia dell’uomo moderno. Molti romanzi moderni si presentano spesso al primo colpo d’occhio ed alla prima lettura superficiale come una semplice finzione, come la pura e semplice rappresentazione di un gioco. In realtà svelano il malessere dell’uomo contemporaneo.
Quel che poteva sembrare inverosimile e grottesco in ultima analisi non è altro che la nuda e cruda verità umana. Ed il lettore si trova disarmato di fronte ad una descrizione così puntigliosa ed esatta delle sue conversazioni e di ciò che pensa tra sé e sé, in definitiva di se stesso.
Di Davide Morelli