Sundara, pubblicata da Edizioni Ensemble, è la seconda silloge di Mauro De Candia. Lo scrittore, nato in provincia di Bari, è laureato in Lettere Moderne e vive in Lombardia, dove lavora come docente di Lettere.
Tra i vari riconoscimenti ottenuti, è giunto due volte finalista (nel 2017 e nel 2018) all’edizione italiana del 100 Thousand Poets for Change (l’evento poetico creato dai poeti americani Michael Rothenberg e Terri Carrion); finalista al Premio Letterario Città di Ravenna 2018; due volte finalista al Concorso Letterario Gioachino Belli (2018 e 2019); Premio Speciale della giuria nel concorso letterario “I colori dell’anima” 2018; diploma di merito nel concorso letterario La zattera della medusa 2018; segnalazione nel Premio Nazionale di poesia inedita “Ossi di seppia” 2019.
Nel 2018 esordisce nel panorama letterario con la silloge Le stanze dentro per Edizioni Ensemble (Roma), libro che si classifica al secondo posto al Premio Nabokov 2019 e finalista al Premio Carver 2020.
A distanza di 2 anni De Candia si riaffaccia sul mercato editoriale con un’altra raccolta di poesie.
Sundara: Sinossi
Sundara è uscito a febbraio di quest’anno.
La silloge si apre con una prefazione della poetessa e critica Sabatina Napolitano che scrive: “Sundara è un termine che condensa una bellezza di tipo armonico che il poeta sintetizza e dedica al lettore colto, ma soprattutto Sundara è una polemica ideologica che muove il processo intero della silloge. La raccolta consiste di trentuno testi dove dominano le capaci suggestioni e le formule appassionate di una attualità e di un quotidiano fusi in una cornice specifica che prende forma da mitologie e da abilità figurative possibili grazie alla lingua frammentata e anticonformista di De Candia. Il messaggio incoraggiante dal libro è traducibile in un andamento vocativo e convergente a una idea di poesia come comunicazione letteraria autosufficiente con una insostituibile sintesi delle contraddizioni. È in questo spazio di attenzioni e scavi che la poesia non è un passatempo ma un sentire migliore, un raccontare che sta in mezzo all’attuale e all’immaginario”
I cani sognano in coro
Su orizzonti circolari,
cigolando su lunghissimi ponti
decisero di trasmigrare.
Destrerius,
Plactimas,
Liperon
erano le destinazioni sbocciate come apparizioni,
luoghi gonfi di colori,
come semafori interiori
che crescono sbattendo le ali:
applausi fulminei di luce.
Canforesta,
gattropico,
cavallofter
erano i media onirici,
tassidermia del sogno in pelle animalesca.
Ma dentro,
che sterminio di immagini smembrate
c’era dentro,
racchiuso in quella glassa consapevole
che ogni cosa è commestibile per il cervello.
Così i cani volarono,
lasciando i loro corpi sonnecchianti.
Divennero aeriformi, animali aerostatici,
e dalle crepe del gatto,
e dalle crepe del cavallo,
e dalle crepe dell’uomo
entrarono a colonie interconnesse
dilavando le interiora dell’ospite,
volando in dimensioni ultraterrene.
C’è un occhio gigantesco e trasparente
che guarda i cani sorvegliare
la torrefazione di ciascuna parola
nella gola degli uomini,
li vede correre indossando
gli spiriti di ogni veste
caduta in fondo a un fiume
o lasciata macerare sotto terra.
Li guarda divertirsi
inseguendo figure
generate dallo stucco sui muri,
ombre straniere come artigli lattei,
scorpioni glaciali.
Non me
(l’ombra sfregiata, colui che vi racconta tutto),
non me,
ma il marionettista dalle buone maniere,
è lui che fa svegliare i cani,
all’alba.
Da chi sarò stato percorso
e reso ostaggio notturno?
E quale embrione della parola “meraviglia”
è rimasto tranciato come un acino d’uva dai denti,
nel seno sagittale?
Forse per salvarsi dall’invidia umana,
i cani non hanno parola.
Brucerebbero all’uomo,
gli occhi:
sterminati incendi.
Mauro De Candia sul suo blog presenta così ai lettori il suo secondo scritto: “Sundara è una silloge dalla lavorazione intensa e tormentata, in quanto era mia intenzione offrire quanto di meglio fosse nelle mie possibilità. La forma e la sostanza vanno di pari passo, e il percorso iniziato con la precedente opera ne risulta ancor più amplificato, così come risultano allargati i confini di scrittura: per la prima volta, in un paio di occasioni, faccio uso delle terzine dantesche, e per la prima volta mi dedico a un poema di otto pagine suddiviso in più “movimenti esistenziali”. Dominano il surrealismo della scrittura, il poliglottismo dei termini (dal Giappone alla Spagna, dall’Inghilterra all’uso dell’esperanto), le “favole di carne e sangue” che si configurano come introspezioni d’avanguardia. Figure, oggetti, personaggi, sogni, incubi, intuizioni, neologismi, sapori, colori e riflessioni fanno tutti parte di una stessa famiglia, come in una tessitura composita dove ogni cosa può prendere vita, persino i pensieri mai nati”
Un lavoro lungo due anni in cui si sono condensati titoli scritti ai tempi della prima raccolta e poesie inedite.
Lo stesso scrittore nella postfazione del libro scrive “Considero quest’opera il mio lavoro più maturo tra i due che ho pubblicato. Il titolo è una parola in sanscrito con funzione di attributo, che si identifica con l’idea di bellezza, armonia, meraviglia. Un titolo che ho voluto identificare con una sensazione: quella che si aspira a provare al termine di un percorso di liberazione da contaminazioni e influenze nella propria vita. Il filo rosso che collega i vari testi dell’opera è il passo avanti ancora da compiere rispetto a una piena realizzazione, oppure il passo indietro che ci tiene lontani dalla pienezza dell’essere.
https://www.edizioniensemble.it/prodotto/sundara/