Grano Nero, pubblicato con Another Coffee Stories, è il romanzo d’esordio dell’autrice romana Paola Migliacci.
Paola Migliacci vive a Roma, dove lavora come counselor nell’analisi bioenergetica. Se dopo questa sfilza di paroloni non avete capito cosa faccia esattamente, rassicuratevi: se lo domanda spesso anche lei.
Per semplificarsi la vita fa due cose, una per il corpo e una per la mente: solleva pesi ai campionati italiani di powerlifting, dove detiene il primato italiano nella categoria master, e soprattutto organizza delle lunghe residenze di scrittura nella sua casa di Torricella Peligna, dove ogni estate ospita scrittori e scrittrici da tutta Italia. Proprio durante una di queste riunioni nel paese natio di John Fante è nato Grano Nero.
Grano Nero: Sinossi
Le piccole finestre della camera di Alice facevano da
scudo a un bagliore rossastro. Quel tramonto, seppurcosì simile a centinaia d’altri già visti, lo avrebbe ricor-
dato per sempre.Da lì osservava la madre, grembiule da cucina e faz-
zoletto in testa, che si affrettava ad aprire il capanno.Era un giorno di forte vento e Anna teneva le cosce
strette per non far salire la gonna.
Alice scese le scale fino al cortile, dove continuò a
spiare ogni movimento della madre ma, sentendosi
nuda davanti ai suoi occhi, raccolse un ramo di betullae disegnò a terra un cerchio grande quanto le permet-
teva la misura del suo braccio. Chiuso il cerchio attor-
no a sé, si sentì più protetta.
A soli dieci anni, Alice, una bambina perfettamente sana, viene abbandonata dalla madre nel manicomio Sant’Artemio di Treviso. Katrin, una psichiatra piena di ferma disciplina e dalla bellezza algida, desidera diventare madre. Quando le viene confermato che è sterile, viene lasciata dal marito – un fanatico gerarca fascista – scende a patti con la stessa follia dei pazienti elaborando un piano diabolico pur di non perdere il suo uomo e la sua posizione.
All’arrivo del nuovo direttore, Ottavio Mastrelli, Alice avrà modo di provare a liberarsi dalla reclusione forzata che rischia di condurla realmente alla follia.
La follia, tuttavia, non è solo all’interno del manicomio: fuori imperversa la guerra e Treviso viene bombardata. Alice, come molti uomini e molte donne che hanno vissuto la stessa devastante esperienza, non subisce passivamente la Storia, ma combatte per non abbandonarsi al desiderio di vendetta dimostrando che è possibile per ognuno di noi mantenere incolume la propria umanità, anche quando tutti intorno l’hanno inesorabilmente perduta.
La Migliacci amalgama sapientemente la storia con la s minuscola a quella con la S maiuscola proiettando il lettore nella provincia trevigiana agli inizi del secolo scorso in un clima di miseria, ignoranza, arretratezza e superstizione.
“Scrivendo Grano Nero – ha dichiarato l’autrice – sono partita da un interrogativo: ‘Chi di noi non si è sentito reduce della mancanza di qualcuno? Volevo parlare di donne. Nel mio romanzo ogni personaggio femminile ha un sogno e lotta che cerca di realizzare attraverso logiche di potere e di controllo. Sono queste le forze che muovono la storia, in quanto il potere genera le manovre e le tattiche, volontarie o involontarie, che le protagoniste mettono in atto per ottenere un controllo sulla propria vita e su quella degli altri. Solo Alice, la protagonista, oppone il suo diniego silenzioso a queste dinamiche: è l’unico personaggio nella storia a credere che non ci sia alcun bisogno di avere ‘potere su’.
Più di tutto, volevo scrivere di umanità: ma esiste l’umanità in un contesto manicomiale? Cosa rimane di una persona quando viene spogliata del suo quotidiano, e poi di ogni aspetto della propria personalità? Mi interessava ambientare la narrazione in un momento storico in cui la politica si appropriava del quotidiano dei cittadini e li spogliava della loro unicità per conformarli il più possibile alle esigenze della dittatura fascista. Volevo esplorare il mondo narrativo di un’istituzione totale durante il governo di un regime totalitario.
Definirei Grano Nero un libro d’etica della complessità, poiché le donne, al centro di quest’opera, mostrano un ampio vissuto fatto di lotte e sogni, in cui impossibile è non identificarsi – ha commentato l’editrice. La riflessione su personaggi come Alice può non solo contribuire in modo rilevante alla decostruzione del primato della cultura patriarcale, ma significare la vera forza della protagonista: l’autentica celebrazione della forza morale. Un messaggio d’auspicio e un reportage di una realtà prorompente fatta di donne che non si arrendono”.
La verosimiglianza dei personaggi e delle vicende, insieme alla giostra di sentimenti ed emozioni, ne scandisce il narrato e completa un titolo di certo non scelto a caso: il grano è simbolo sacro di vita e fecondità, ma in questa storia è nero perché rappresenta l’aggressione e la sopraffazione, ovvero la realtà quotidiana vissuta all’interno del manicomio, e quella che andava in scena fuori dalle mura, con l’avvento dei fascismi in Europa.
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