Anche quest’anno il Salone internazionale del libro di Torino dimostra essere un altro salotto che lascerà tutto come prima: i soliti quattro nomi chiamati a gestirlo, un grigiume di assistenzialismo culturale che, con i soldi degli editori che per qualche ragione ignota ancora frequentano il salone, permette a queste figurine tutte postura e superbia, ma poco cervello ed originalità, di comprarsi le loro costosissime scarpe ortopediche artigianalmente cucite da immigrati palestinesi.
Il solo successo cui ambisce il salone è la presenza, la massa, indistinta e chic. Il che è anche emblematico della miseria intellettuale. L’elenco di incontri di questa fiera della vanità, che consente a questa massa indistinta di para-editoriali di campicchiare sulle macerie della cultura italiana con i soldi di editori, contribuenti e lettori, ha pochi eguali. Della serie: dobbiamo cercare di mettere dentro tutti quelli che contano, che sono nel giro.
Il Programma è sempre il medesimo ma con i libri nuovi, così i grandi editori accontentano gli autori, e i “lettori” possono mettersi in fila per ore per scattare una foto con il loro beniamino da mettere su Instagram.
Il salone del libro è una grande fabbrica, un parco giochi sempre più costoso in cui gli editori prenotano un giro di giostra ad autori egoriferiti che accorrono felici nella città dei Savoia dove si ascoltano attori che leggono qualcuno o qualcosa, Saviano e Michela Murgia che tengono omelie antifasciste, virostar, scrittrici che incontrano solo e soltanto donne con cui parla solo e soltanto di donne che hanno avuto le peggiori sciagure di questo mondo; Luciana Littizzetto che parla del suo futuro fuori dalla RAI.
Il Salone del libro di Torino ha tuttavia offerto anche un altro ridicolo spettacolo un paio di giorni fa: un drappello di fascistelli travestito da compagnucci ribelli ha impedito al ministro per le pari opportunità, Eugenia Roccella, di presentare il suo libro «Una famiglia radicale». Scandendo lo slogan «fuori i fascisti dal salone» hanno vietato un confronto pubblico. Roccella ha invitato i contestatori a spiegare le loro ragioni, dando una lezione di stile, ma naturalmente questi ultimi non ne hanno voluto sapere.
Ma la cultura non può avere a che fare con la destra, cosa c’entra un ministro di un governo di centro-destra o destra-centro con la cultura che si sa, è da sempre appannaggio della sinistra? Ha obiettato qualcuno.
Dipende.. Non è tutto oro quello che luccica, non tutto ha un valore, per quanto cercano di convincerti del contrario. Ci sono scrittori stati grandi scrittori conservatori in Italia; Tomasi di Lampedusa, Dino Buzzati, Giovannino Guareschi, Giuseppe Berto, Eugenio Corti, Guido Morselli, Carlo Alianello, Carlo Sgorlon. È la sinistra che è malata, ed è malata perché è la sua piattaforma “intellettuale” che fa acqua dappertutto. Ad esempio, nel momento in cui cerchi di analizzare la politica in modo “intellettuale”, molto probabilmente sei di sinistra, mosso da quello che Hegel chiamava il lavoro del negativo. Fai domande e offri risposte in linea con la teoria, semplicistiche, capaci di farti illudere di essere quasi un intellettuale, un illuminato capace di leggere la realtà. Ma il negativo persiste, persiste in libreria tra gli attivisti attivisti antifascisti perditempo, assetati di potere (ovviamente indottrinati) e come scrisse William Blake; “La mano della vendetta trovò il letto dove fuggì il tiranno viola, la mano di ferro schiacciò la testa del tiranno e divenne tiranno al suo posto.”
Ecco il vero destino della sinistra, sempre e per sempre, incline a distruggere, incapace di conservare e non portata a creare, con il cuore pieno di lavoro del negativo.
La cultura è anche comprendere che le opinioni sono diverse. Si contesta dialogando, non silenziando.
Salone del libro: il solaio degli egoriferiti. Non vi sopporta più nessuno – Pangea