“Il mare è uno splendore indifferente, come Lui.” Lui è Arturo Gerace, il protagonista di questo imperdibile romanzo di formazione, L’isola di Arturo. Arturo nasce accanto al mare, accanto al suono delle onde che si infrangono sugli scogli. In un luogo che, più di tutto il mondo, rappresenta quell’anima che nulla attende, se non un bacio, una carezza, un gesto d’amore. “Per me madre significava precisamente: carezze.” Ma quel gesto non arriva, mai. E’ un’assenza continua, una ricerca incessante legata ad un sentimento di odio profondo per quel genere femminile che nulla ha a che vedere con quelle immagini, vive nella mente di Arturo, e legate all’unico essere che il giovane protagonista sente come un’eroe. L’eroe di ogni avventura che la sua mente crea quando quella figura è lontana, quando torna indietro, in quell’isola che rappresenta la sua unica casa, o forse solo un luogo da cui poter fuggire: il padre, Wilhelm Gerace.
“La mia infanzia è come un paese felice, del quale lui è l’assoluto regnante.”
Arturo è orfano di madre, morta per darlo alla luce. “Nella sua fotografia istantanea, che è l’unica immagine a me nota di lei, mia madre non appare più bella delle altre donne… Era mia madre! e non so più dire quante cose incantevoli significasse per me, a quel tempo, la sua maternità perduta.” La sua vita è fatta di attese, speranze mai realizzate, desiderio di viaggiare, fuggire, solo restando accanto all’unica persona che è parte della sua vita, un padre che non riesce a restargli accanto, un padre che è assenza, un padre che il ragazzo ammira. L’eroe sacro di mille avventure nate nella mente del piccolo Arturo, fantasie, ancora una volta, rimaste in sospeso. Ma non è solo Wilhelm a rappresentare un qualcosa di intoccabile. Nella mente di Arturo, anche gli amici di questa sua figura paterna, una figura irreale se pur concreta nella sua fisicità, sono sacri, poichè lui, Wilhelm, ha concesso loro la sua amicizia, la sua presenza costante, la sua fiducia, le mille avventure condivise e quelle ancora da vivere.
Tra queste pagine, ricche di forza, di luoghi reali e irreali, Elsa Morante porta il lettore sull’isola di Procida, intorno al 1938, in un castello abitato solo dal nostro protagonista, con i suoi sentimenti contrastanti per quelle donne che ha visto solo da lontano, per quelle donne per le quali crede non proverà mai alcuna attrazione, solo odio, disgusto, un profondo senso di superiorità.
Ma ben presto la situazione cambia. Dopo un’altra assenza, dopo un’altra attesa, Wilhelm torna a casa portando con se una giovane fanciulla, Nunziatella. Un nuovo mondo si apre nella mente e nei pensieri di Arturo. Attrazione, disprezzo, odio, amore, per questa giovane donna che ora è la nuova sposa di quell’uomo che non può, o forse non vuole, amarlo come si dovrebbe amare un figlio. Nunziatella cerca, tra le parole di questo indimenticabile romanzo, di farsi accettare dal giovane che, in sua risposta, decide di innalzare un muro impenetrabile. Nessuno prenderà mai il posto che occupa il ricordo di quella madre mai conosciuta. Di quella bambina la cui unica colpa fu quella di averlo dato alla luce. E quella gelosia che Arturo sente crescere come un fuoco che non riesce a spegnersi, crescerà non appena nascerà il figlio del suo unico eroe e di quella donna, un’intrusa nella sua vita. Arturo cercherà ancora attenzioni inscenando un finto suicidio, sentirà il bisogno di quell’amore mancato, di quelle carezze mai ricevute, fino al momento in cui il suo corpo, ogni organo che in lui vive, si renderà conto che, amore e odio, vanno quasi di pari passo nella mente degli amanti. Amore, odio, violenza, ingiurie, attrazione, ancora una volta una marea di sentimenti impossibili da dominare, da gestire, da sentire. Fino a quel giorno. Quel momento in cui, Arturo, sente un’irrefrenabile bisogno di gettarsi tra le braccia di Nunziatella e, quel bacio rubato, sarà per lui la conferma che nulla che sia presente su quell’isola, può rappresentare un futuro felice. Quel futuro che è ancora attesa, speranze, assenza.
Malinconia. Ricerca d’amore. Bisogno di una carezza. Desiderio di essere amato. Partenza. Lontananza. Un lungo addio e uno sguardo pronto a non voltarsi mai più indietro.
Arturo è pronto adesso. Pronto, forse, per diventare il protagonista delle sue fantasie, di quelle fantasie che sono state l’unica compagnia in quelle lunghe giornate da fanciullo, accanto a quella speranza che non abbandona mai chi sa che, questa vita, senza amore non può avere sostanza. E così è deciso. La partenza, sarà lei, da oggi in poi, la sua unica compagna.
L’isola di Arturo è poesia, purezza, un pizzico di anarchia raccontati con scorrevolezza e semplicità che peraltro mostrano come l’ordinarietà , spesso, sia controversa coinvolgente e sorprendente come un fatto eccezionale. E’ l’esplorazione attenta della formazione, dell’iniziazione di un ragazzo che vive una felice condizione di recluso sulla sua isola separata dal resto del mondo; luogo dove si celano altre terre tentatrici, a lui ignote.
“Intorno alla nostra nave, la marina era tutta uniforme, sconfinata come un oceano. L’isola non si vedeva più.”