“Ma è così che ero fatto: avevo questa forma di passività intermittente che ogni tanto mi dava l’idea di non avere nessuna responsabilità diretta sulla mia vita… Poi di colpo mi sentivo invece a terra con tutta la responsabilità del mondo sulle spalle...” (Dal romanzo Uto).
Perché in fondo, a 19 anni, è così che scorre la nostra vita. Come la vita di Uto. Perché, se ci fermiamo un attimo, un istante, un secondo a riflettere, lo sappiamo, lo sentiamo scorrere dentro di noi; è una sensazione, forse un ricordo, quello legato a un momento, a quel momento, a quella consapevolezza che guida le azioni di ciò che siamo stati. Adolescenti con la voglia di “spaccare” il mondo, con la paura di non saperlo fare. Con il desiderio di essere padroni della nostra vita, con la consapevolezza, forse errata, forse no, di non avere sempre quel potere che ci permetta di decidere. Perché la vita è una, perché questa vita è la nostra vita.
In quello che si presenta, come uno dei più grandi romanzi del ‘900, Andrea De Carlo ci porta con se e in modo scorrevole, davanti a una personalità travolgente, un carattere forte e debole, come un sorriso dolce e amaro.
Uto Drodemberg ha 19 anni. Dopo il suicidio del patrigno, viene spedito dalla madre “…con un misto indistinguibile di ribellione interna e incuranza e rassegnazione…”, presso la piccola comunità di Peaceville. Un luogo che sembra non essere, persone che sembrano non avere sostanza, irreali, finte, legate a quell’apparenza che li porta ad andare avanti. Una vita già scritta, un destino già segnato, ma non per Uto, non con lui accanto. Perchè il sopraggiungere di questo ragazzo, arrabbiato, ferito, quasi incomprensibile a se stesso, travolgerà e cambierà il destino di tutti coloro che entreranno in contatto con lui.
La giovane Nina, una piccola donna senza una vita sociale, bloccata in quella comunità che non la comprende, con una conseguenza dolorosa, impossibile da nascondere come solo l’anoressia può essere. Vittorio Foletti, l’uomo che rappresenta tutto ciò da cui Uto vuole fuggire. Un uomo che ha cambiato la sua vita per amore, un uomo che ha chiuso sogni e aspirazioni in un piccolo luogo degli Stati Uniti, un uomo che ha represso se stesso, i suoi istinti, tutto ciò che sarebbe potuto essere. Marianne Foletti, la donna che ha portato Uto in quella “prigione” senza via d’uscita. Una donna che lo stesso protagonista definisce una “bella donna instabile di trentanove anni”. Jeff-Giuseppe, figlio di Marianne, sottomesso alle decisioni di un uomo che non porta il suo stesso sangue. Un ragazzo che si lascia trascinare dagli eventi, un ragazzo che, come Uto, vorrebbe solo poter vivere la propria vita.
E poi quel luogo. Una comunità nel Connecticut dedita alla ricerca spirituale e all’assistenza. Una prigione, come già detto, senza via d’uscita.
Il nostro Uto sarà accolto così con dolcezza, amore, finto o reale che sia, desiderio di cambiare, desiderio di “cambiarlo”, di “addomesticarlo”. Ma uno spirito libero non può addomesticarlo, non puoi cambiarlo, arà sempre lui a cambiare te. E così, sin dalle prime pagine, ci immergiamo in quello che è un sentimento di ribellione. Si, perchè Uto non vuole fuggire solo da quelle persone che non potranno mai comprenderlo, con cui non avrà mai nulla in comune. Ciò da cui scappa Uto è ciò da cui non si può fuggire, se stessi. Un corpo e un’anima pronti ad esplodere, come quel palazzo che il suo patrigno, con una fuga di gas volontaria, ha portato alla distruzione.
Continuando a leggere, forse, il lettore si sentirà parte di quel corpo che bucia, di quell’anima che arde, di quella dolcezza che si nasconde sotto la superficie. Vorrà averlo accanto quel ragazzo. Vorrà ascoltare quella verità che Uto sa e non può nascondere. Perchè lui, Uto Drodemberg, non sarà mai come loro.
Sarà così che Uto porterà alla rottura di quegli equilibri così forzati, di quei sorrisi che per lui rappresentano un mondo falso e ipocrita, un mondo dal quale “...vorrebbe correre… e scappare fuori dalla notte, correre e correre e correre senza fermarsi”.
Un eroe post-romantico che non può fuggire al suo destino, una forza travolgente alla quale non può negarsi. Un cambiamento temuto ma inevitabile. Perchè tutto cambia, tutto scorre. Perchè la vita è un cambiamento continuo.
“Il rancore verso il mondo; un suicidio che sconvolge alcune vite; una comunità spirituale dove ognuno sembra intento a costruire la felicità comune. Il giovane Uto, che entra in questa comunità con la forza devastante di un virus distruttore…”