«Il contrario di quel che è successo è quel che sarebbe potuto succedere senza le bugie e la paura».
Una pantera in cantina dello scrittore e giornalista israeliano Amos Oz, tra i più influenti intellettuali d’ Israele,sostenitore della soluzione dei due stati per il conflitto arabo-israeliano, è una piccola grande storia di emozioni e sentimenti adolescenti, un’avventura di amicizia e di crescita, che pone interrogativi sulla colpa e sulla fiducia, in un contesto storico dominato da epocali stravolgimenti. Il protagonista Profi è infatti testimone di eventi più grandi di lui, ma ci consente di coglierne gli effetti sulle relazioni umane grazie al suo sguardo ancora puro e alla sua sensibilità intatta.
Gerusalemme 1947: sullo sfondo degli eventi storici che incalzano, un ragazzino ebreo di appena dodici anni vive uno dei momenti più importanti della sua vita, momento che avrà poi un grande significato nel suo futuro. Dopo l’Olocausto, sconfitti, traditi e vinti, gli ebrei fondano movimenti clandestini per la nascita dello stato di Israele. Anche Profi, il protagonista, ha fondato con un paio di amici, un po’ per gioco, un po’ sul serio, una società segreta con l’obiettivo di combattere gli inglesi, che occupano la Palestina, rivendicando il diritto ad avere una propria patria dopo tanta sofferenza. Stabiliscono le loro regole di vita e anche una gerarchia. Le regole sono rigide ed indiscutibili, necessarie per la rinascita di un popolo, perennemente perseguitato. Il protagonista è soprannominato Profi, che altro non è se non una abbreviazione di professore, perché è intelligente, ha un’immensa cultura e ama leggere e studiare le parole i significati. Profi è già adulto in realtà. Forse bambino non lo è proprio mai stato. Né potrebbe mai permettersi di voler rivendicare la sua infanzia perduta. È un adulto dal principio della storia, dalle prime pagine, quando già è sotto processo, rimesso al giudizio dei suoi coetanei. È un ragazzo socievole e vivace, si considera coraggioso come una pantera e gode della simpatia di tutti i suoi compagni.
Poi un giorno, quasi il destino volesse beffarlo o metterlo alla prova, fa amicizia con il nemico, un sergente inglese che gli insegna la sua lingua in cambio di lezioni di ebraico. Da quel momento agli occhi degli altri diventa un vile traditore e, come tale dovrebbe essere punito. Profi ha tradito. Questa è la sentenza inappellabile. Ha tradito cedendo alle lusinghe del nemico. Con il nemico Profi ha appuntamenti quotidiani, in una saletta tetra e fumosa del caffè Orient Palace. La loro amicizia è fondata sullo scambio rispettoso di due culture così diverse e così in lotta tra loro che sembra un’utopia. Nell’animo di Profi, prende vita e mette radici quel contrasto di coscienza che lo porterà al bivio tra lo scrupolo creato dai luoghi comuni e dalla diffidenza e quelle domande senza risposta che non giustificano, un senso dell’odio così animato, una una falsa coerenza di ideali e un nazionalismo ottuso. La pantera dunque, animale coraggioso e spavaldo, deve nascondersi in cantina, trovare un rifugio dove poter riflettere, capire ed esprimere le perplessità e le angosce che di fronte alla sincera predisposizione di un uomo si dissolvono e svaniscono come le luci all’alba.
Attraverso uno suo sguardo ancora candido, puro, non corrotto da stereotipi e preconcetti, attraverso una sensibilità integra, Amos Oz coglie appieno la semplicità delle relazione umana e la disarmante facilità con cui un uomo riconosce un altro essere simile a sé.
La scrittura di Amos Oz sempre fluida e delicata ha il potere si trasportarci per mano nella guerra e nel dolore infondendoci però quella fiducia e quella speranza necessaria a farci credere che un giorno, forse, non ci saranno più nemici né traditori e che tutti insieme potranno andare «sulla riva del fiume a vedere se la corrente aveva riportato al punto di partenza la persiana color blu pallido».