“…Capiva solo che nulla è più forte di quell’istinto a tornare dove ci hanno spezzato, e a replicare quell’istante per anni.”
Senza sangue, il romanzo, scritto da un Baricco che mostra attenzione per ogni parola, viene pubblicato nel 2002. Edito da Rizzoli, tocca, in modo immediato, i punti più alti delle classifiche letterarie. L’opera si divide in due parti, “Uno” e “Due” ed è incentrato sulla figura di Nina, figlia del proprietario della fattoria di Mato Rujo.
Esistono, nella vita di ogni essere umano, momenti che ti spezzano, che ti lasciano lì, rannicchiato in un angolo, senza un perché, senza un motivo, senza la forza di andare avanti, di andare oltre. Nina, in quell’età dove l’unica cosa da fare dovrebbe essere sognare, assiste inerme alla fine di una vita e poi di un’altra ancora. Ed è così che si spezza la sua. Un istante, un attimo, pochi secondi, il rumore di uno sparo, un’esplosione diritta al cuore e tutto finisce.
La prima parte si svolge proprio in quella vecchia fattoria, dove Nina, ancora bambina, è protagonista passiva di ciò che le accade attorno. Costretta ad assistere, nascosta ed impotente, all’assassinio del padre e del fratello da parte di un commando in cerca di vendetta, scampa all’eccidio grazie ad una botola dove il padre le aveva detto di nascondersi, dentro la quale rimane rannicchiata.
All’interno della seconda parte, Nina, ormai cresciuta, ritrova Tito, uno di componenti di quell’efferato delitto a cui anni prima aveva assistito. Lo stesso Tito sarà invitato in un caffè dalla nostra protagonista a ricordare il passato. Lo scopo ultimo di Nina sarà tornare indietro, fino a giungere a quell’episodio che segnerà profondamente la vita di entrambi.
Qualcosa, al termine della narrazione, colpirà il lettore come un pugno allo stomaco. Un’immagine, una serie di parole e scene che si costruiscono nella mente e che difficilmente la lasceranno. Nina inviterà uno stupito Tito in un albergo per fare l’amore, ritrovandosi ad assumere la stessa posizione rannicchiata che tanti anni prima l’aveva preservata dalla morte. Un ritorno al passato, ancora una volta, un ritorno a quella notte, quella notte in cui tutti ha avuto una fine. Una notte in cui, di inizi, non ce ne sarebbero più stati.
Alessandro Baricco, scrittore controverso e spesso stroncato dalla critica, in una serie quasi infinita di “scatti fotografici”, in una descrizione di eventi che porta il lettore a “divorare” immagine dopo immagine un racconto che lascia senza parole, ci porta in quel luogo dove ognuno di noi ha visto spezzare il proprio legame con i sogni. E cosa ci resta dopo se non la ricerca di una vendetta che dia almeno un senso, ancora uno, a quella vita spezzata? Ma Nina non cerca vendetta, cerca un ricordo, cerca “quell’assurda fedeltà all’orrore”, forse un perché di quel legame incomprensibile con colui che, la vita, gliel’ha rubata troppo in fretta.
Così siamo lì, accanto a Nina. Quella bambina che vede la propria vita spezzarsi; è inerme, silenziosa, rannicchiata in un angolo oscuro dal quale non saprà più far ritorno. E ancora lei, Nina, adulta, matura, che forse cerca vendetta, forse, solo quella conclusione per poterla vivere ancora, per poterla vivere ora, per la prima volta, quella vita spezzata tanti anni prima.
C’è tutto nell’opera di Baricco: tecnica narrativa, parole e immagini costruite a dovere che trascinano il lettore in ogni singolo fotogramma che nasce. Uno stile sobrio, diretto, per un romanzo molto breve, che crea una storia in cui il pubblico può entrare e crescere, capire, stupirsi, porsi domande a cui forse non si troveranno risposte.
E una conclusione degna del più grande Baricco, un grande scrittore; un’opera degna di nota.
Pagina dopo pagina, istante dopo istante, ricordo dopo ricordo, ci immergiamo, poi, in quel momento finale, in quella pace assoluta. Il ricordo di chi ti ha strappato alla vita, il pensiero e, forse, la certezza, che quel qualcuno sia l’unico essere in grado di ridarci ancora una respiro che non sia amaro.
Di Gabriella Monaco.