“Lo spettacolo per il quale Briony aveva ideato locandine, programmi e biglietti, costruito il botteghino con un paravento sbilenco e foderato di carta rossa la cassetta dei soldi, era opera sua, frutto di due giornate di una creatività tanto burrascosa da farle saltare una colazione e un pranzo. Quando ebbe concluso i preparativi, non le restò altro da fare che contemplarne la stesura definitiva e aspettare di veder comparire i suoi cugini dal lontano nord”.
Un meraviglioso incastro di finzione e realtà, passato e presente, abbagli e immaginazione, questo è il capolavoro dello scrittore inglese Ian McEwan, Espiazione (Einaudi, 2003). Si tratta di un inno al potere riparatore della scrittura, alla potenza della creazione letteraria che pone l’autore al rango di Dio. Ian McEwan definisce con le seguenti parole la magia della scrittura in uno dei passi più significativi del romanzo:
“Il problema in questi cinquantanove anni è stato un altro:come può una scrittrice espiare le proprie colpe quando il suo potere assoluto di decidere i destini altrui la rende simile a Dio? Non esiste nessuno, nessuna entità superiore a cui possa fare appello, per riconciliarsi, per ottenere il perdono. Non c’è nulla al di fuori di lei. È la sua fantasia a sancire i limiti e i termini della storia. Non c’è espiazione per Dio, né per il romanziere, nemmeno se fossero atei”.
Espiazione è un romanzo sentimentale, ma anche un romanzo sulla guerra, un romanzo di formazione e del mistero, incentrato sul tema del male, sul senso di colpa e sulla fusione-confusione tra finzione e realtà. È diviso in tre parti, non ripartite egualmente. La prima occupa più della metà del libro e narra le vicende avvenute in sole ventiquattr’ore, durante una calda giornata del 1935, secondo un espediente narrativo per cui tempo della storia e tempo del racconto non coincidono. Alla tenuta signorile dei Tallis arrivano ospiti: torna a casa Leon, il figlio ventiquattrenne e un suo amico, Paul Marshall, imprenditore a capo di un’industria di cioccolato che sta per stipulare un accordo con l’esercito per far includere i suoi prodotti nelle razioni alimentari in vista della guerra. Ad accoglierli in casa c’è Cecilia, sorella di Leon, di ventun’anni, la tredicenne Briony, aspirante scrittrice dalla fantasia pericolosa, e la madre, la padrona di casa, perennemente preda di un atroce mal di testa. Il padre, vero capofamiglia, è assente per affari a Londra, ma si lascia intuire un’altra ragione, forse sentimentale, per il suo frequente assenteismo nei confronti della famiglia. Ma il quadro dei presenti in quella giornata del 1935 non è completo, sono invitati anche tre cugini, scombussolati dal divorzio imminente dei genitori, due ragazzini gemelli e la loro sorella maggiore Lola, di quindici anni, preda di quel classico fervore della gioventù che guarda all’età adulta con irresistibile attrazione. Tra Briony e Lola nasce una sorta di rivalità, dovuta anche alla preparazione di un piccolo spettacolo basato su una breve sceneggiatura teatrale scritta dalla stessa Briony, aspirante scrittrice. Agli invitati di quella sera si aggiunge Robbie, figlio della domestica ma elevato socialmente dal padre di Leon, Cecilia e Briony che ha generosamente pagato i suoi studi a Cambridge.
Si percepisce una certa tensione fra Cecilia e Robbie, che viene avvertita dalla stessa Briony, vera narratrice della storia, che fraintende un certo gioco di sguardi fra i due e un approccio sessuale in biblioteca. Immagazzina queste informazioni, distorte nella sua mente ingenua, e le usa per accusare Robbie dello stupro di Lola, che avverrà quella sera stessa nel giardino adiacente alla casa. Briony assiste alla fuga dell’aggressore ma non lo vede in viso, tuttavia mentirà alla polizia e punterà il dito contro Robbie. La seconda parte del libro è ambientata in Francia cinque anni dopo, durante la Seconda Guerra Mondiale, e vede come protagonista Robbie che accetta di arruolarsi pur di uscire prima dalla prigione dove ha espiato una colpa non sua per quattro anni. La terza e ultima parte del libro vede Briony lavorare come infermiera a Londra durante la guerra, una punizione autoimposta a causa del senso di colpa per ciò che ha fatto da ragazzina e che ha sconvolto la vita di due persone, Robbie e Cecilia, che non hanno potuto vivere il loro amore a causa della sua menzogna. Una volta diciottenne, Briony decide di fare qualcosa per restituire la dignità a Robbie, cambiando la sua deposizione e raccontando la verità a tutta la famiglia.
L’epilogo è l’unica parte del romanzo ad essere narrata in prima persona: è Briony infatti ormai settantasettenne, a parlare. Racconta della sua malattia, la demenza senile, che presto non le permetterà di accedere più ai suoi ricordi e della necessità di pubblicare il suo ultimo romanzo, che in realtà è il suo primo romanzo, mai pubblicato da ragazza. Tratta la vera storia di quella giornata del 1935 e si chiama Espiazione, dunque una metanarrazione, un romanzo all’interno del romanzo. Alla fine si scopre che parte della storia, ovvero le scene della terza sezione del romanzo in cui si vedono Cecilia e Robbie finalmente insieme,è del tutto inventata, perché in realtà i due protagonisti sono morti durante la guerra.
Con la scrittura del suo romanzo, Briony vuole dare a sua sorella e all’uomo che amava il giusto lieto fine, che nella vita reale non è potuto avvenire a causa della sua falsa dichiarazione. Così descrive l’obiettivo del suo libro: “Gli amanti sopravvivono felici. Finché resterà anche una sola copia, un unico dattiloscritto della mia stesura finale…sopravviveranno per amarsi”.
Ian McEwan è un maestro nell’incastro narrativo, nella caratterizzazione dei personaggi e nell’intreccio dei diversi punti di vista che si trasformano in un caleidoscopio di sguardi deformati e facendo immergere il lettore nei pensieri e nelle sensazioni dei protagonisti (soprattutto nella prima parte del romanzo). C’è da chiedersi come si può giustificare l’atto compiuto da Briony con la scusa dell’età e della fervida immaginazione che ha reso agli occhi della ragazzina un approccio fisico in un plagio, quasi fosse un’occasione sulla quale costruire una menzogna che ha rovinato anche la sua di vita, in virtù della sua aspirazione di diventare scrittrice, immaginando di essere una protagonista dei suoi romanzi, senza saper più distinguere la realtà dalla finzione.
Joe Wright nel 2007 ha diretto l’omonima versione cinematografica del romanzo, con Keira Knightley, James MacAvoy, Romola Garai e Vanessa Redgrave, ricevendo 7 nomination agli Oscar 2008 e vincendo il premio per la Miglior Colonna sonora grazie al compositore pisano Dario Maranelli.