Lo specchio nello specchio di Michael Ende esce nel 1983 seguendo il suo precedente capolavoro La storia infinita. Lo specchio nello specchio raccoglie diversi racconti scritti dall’autore nell’arco di un decennio. Questa raccolta di novelle è in parte ispirata all’opera del padre, Edgar Ende, pittore surrealista; il volume accoglie trenta racconti tutti ammantati da una violenta carica onirica, l’atmosfera però è raramente serena e quasi sempre è colma di un’angoscia prepotente e paradossale.
I racconti de Lo specchio nello specchio sono tutti mancanti di titolo (nell’indice infatti sono indicati con le parole iniziali) si presentano come il convergere e il ramificarsi confuso, potente e irrisolto di pulsioni e suggestioni, mescolati al sogno e all’indefinitezza. Tutte le tematiche affrontate non sembrano mai esplorate con lucidità e con rigore piuttosto sono fatte letteralmente esplodere nei loro tratti più bizzarri e infiniti: il passar del tempo, la ricerca dell’identità, il dolore e la nostalgia, le occasioni perdute, la morte e la vita. L’impalcatura dei racconti assume spesso una connotazione teatrale; i personaggi dai funamboli agli angeli, ai demoni, alle donne obese, ai dittatori si muovono come in un palcoscenico attraversando deserti, cattedrali o semplici stanze. Tutte le storie siano esse poetiche, assurde, stravaganti, surreali o spaventose chiamano il lettore ad un compito: fare da specchio, appunto, alle immagini proposte ed elaborarle attraverso i propri ricordi, i proprio sogni e le proprie esperienze.
Emblematica eppure ugualmente incomprensibile la presenza di una rete di rimandi tra un racconto e l’altro, costruita su allusioni e riprese, che anch’essa incoerente e caotica, confonde ancor più e più che chiarire un eventuale senso nascosto, conduce ad un naufragio sicuro.
Numerosi poi sono i riferimenti anche se poco determinati a tradizioni culturali eterogenee come Ebraismo, Cristianesimo, Taoismo e antichità classica. Questo libro è stato spesso giudicato di minor pregio rispetto ai romanzi Momo (1981) e La storia infinita (1986); certamente si tratta di uno scritto difficile ma proprio per questo non lo si può giudicare inferiore. Sulla copertina del libro si legge: «Un labirinto. Soltanto chi lascia il labirinto è felice, ma soltanto chi è felice può uscirne». Una frase enigmatica ma che ci dona la chiave per entrare nella storia ed, eventualmente, per uscirne. Se ci si lascia sedurre dal labirinto non c’è modo di trovare il senso, per capire, bisogna uscire. Sembra il monito di una maestro zen o quello che qualche anno prima, nel 1962, ha indicato Italo Calvino in uno dei suoi saggi. La sfida al labirinto: «Resta fuori chi crede di poter vincere i labirinti sfuggendo alla loro difficoltà; ed è dunque una richiesta poco pertinente quella che si fa alla letteratura, dato un labirinto, di fornire essa stessa la chiave per uscirne. Quel che la letteratura può fare è definire l’atteggiamento migliore per trovare la via d’uscita». Questo ci propone Michael Ende: una sfida al labirinto, qualcosa che salvi e non qualcosa che ci fa arrendere.