La lirica Toccata (in settenari con due endecasillabi e due ottonari sdruccioli legati da rime e assonanze), risale al 1932 e testimonia dei modi del primo Mario Luzi, anche se fu raccolta nel volume La barca non alla prima edizione del 1935, ma alla seconda, del 1942. L’occasione sembra scaturire dall’osservazione della natura, colta nel trapasso stagionale dall’inverno alla primavera, ma i riferimenti alla realtà sono molto labili e servono più che altro a concretizzare uno stato d’animo che è di sospensione e di indecisione. L’incertezza che caratterizza la poesia riguarda i modi di manifestarsi della vita stessa e il suo senso segreto: di fatto la poesia, celata da un tono di apparente constatazione, contiene un interrogativo esistenziale, ci comunica un’ansia di conoscenza che è al fondo di tutta la ricerca ermetica, quella più autentica.
Ecco aprile, la noia
dei cieli d’acqua di polvere,
la quiete della stuoia
alla finestra, un tocco
di vento, una ferita;
questa aliena presenza della vita
nel vano delle porte
nei fiumi tenui di cenere
nel tuo passo echeggiato dalle volte.
Il titolo della lirica sottolinea la forte ricerca di musicalità intrapresa da Mario Luzi, che si rifà alla poesia simbolista francese (in particolare a Mallarmé) e a quella di Eliot: la “toccata” infatti è una composizione per strumento a tastiera del periodo barocco, di andamento libero e di carattere improvvisato. L’ermetico Luzi qui sperimenta strumenti nuovi come dimostra l’introduzione di due versi parissilabi (gli ottonari) all’interno di un tessuto di settenari ed endecassilabi: i due ottonari non solo trovano posizione in maniera simmetrica, ma sono entrambi sdruccioli. Tutti i versi, tranne il quarto, sono interessati da rime (noia/stuoia; ferita/vita) e assonanze (porte/volte). Dal punto di vista strutturale, la pausa alla fine del verso 5 divide nettamente la poesia in due parti: la prima è caratterizzata da un ritmo irregolare e da molti enjambement (la noia/dei cieli d’acqua di polvere e la quiete della stuoia/alla finestra); la seconda invece vede protagonista una sostanziale coincidenza tra metrica e sintassi, come sottolinea il parallelismo degli ultimi tre versi: nel vano…nei fiumi…del tuo passo.
Gli elementi formali sottolineano una bipartizione che è anche significato; la prima parte è infatti dedicata alla descrizione di alcuni aspetti della realtà: aprile, i cieli piovosi e polverosi, la stuoia immobile alla finestra, ecc… La seconda parte fa riferimento alla realtà meno individuabile, il cui valore simbolico è evidenziato non solo dalla presenza di una forte analogia (fiumi tenui di cenere), ma soprattutto dal contenuto dei versi 4-5: il tocco/di vento diventa infatti una ferita, con un passaggio dal fisico al psicologico, dal reale al simbolico, tipico della poesia ermetica; il verso 6 spiega perché il colpo di venta si configura come una ferita: esso è un segno di vita e al poeta, che dalla vita si sente tenuto fuori, tale presenza appare aliena ed inquietante.