L’anno della grande nevicata (2014) di Gianni Lorenzi si prefigura come un romanzo giallo. Il protagonista, Stefano Papini, impiegato dalla vita senza troppi sismi, si ritrova coinvolto in un districato caso di spionaggio aziendale. Ma nel rebus, apparentemente risolto, permangono dei coni d’ombra sino all’epilogo, per il quale Lorenzi opta per il finale aperto.
La trama non è brillante ma a rendere L’anno della grande nevicata un romanzo mal riuscito sono le molteplici scelte svolte dall’autore. Opinabile è lo stile adottato, l’intera struttura narrativa e il lavorio sui personaggi. Già le prime pagine risultano poco convincenti. Un buon attacco dovrebbe fungere da prologo ma Lorenzi vi indugia per un intero capitolo, dilatando i tempi dell’azione sino a depotenziarlo del tutto. Inoltre nelle prime venti pagine, didascaliche più che narrative, l’autore interviene in prima persona, rinuncia al canonico e preferibile (in questo caso) narratore onnisciente e così facendo infrange la finzione letteraria ancor prima che l’affabulazione abbia inizio .
Lorenzi non invita il lettore ad entrare in questa storia e non intende incuriosirlo ma, sin da subito, gli ricorda (reiterato anche nel corso della storia) che L’anno della grande nevicata è un romanzo, ergo un’opera d’invenzione. Il lettore, anche il meno permaloso, potrebbe pensare ad una sofisticata provocazione e che in qualche modo Lorenzi intenda rimediare a questo ‘tradimento’ in altro modo, per esempio con un inatteso colpo di scena.
Al pathos, all’intrigo e alle false piste che caratterizzano un buon gallo, in L’anno della grande nevicata la lettura procede per inerzia e nell’attesa che qualcosa di significativo accada davvero, in realtà nulla muta. Così in questo stato catatonico si giunge alle ultime pagine e nulla è ancora realmente accaduto. Di tanto in tanto Lorenzi apre delle parentesi dedicate a qualche ricordo del protagonista, una sorta di proustiana recherche ma il modello è forse troppo ambizioso e scivola in un diario personalissimo (forse) dell’autore malcelato, che qua e la attraverso Stefano, in modo autoreferenziale, narra di se stesso. I personaggi restano degli schizzi su carta, il ploth dalle maglie troppo larghe è molto esile e il lettore fortemente escluso.
Lo stile di Lorenzi lascia intravedere una padronanza tecnica discreta, tuttavia non la applica dove potrebbe meglio delineare le psicologie, creare atmosfere inedite, intrecci inattesi o scavare in qualche dettaglio emozionale. L’anno della grande nevicata è come avvolto da una nebbiolina che sfiora solo la superficie.
L’eccessiva e prolissa volontà di fornire dettagli caratterizza ciò che è irrilevante ai fini narrativi, non aggiunge nulla alla trama, di contro nelle pagine del romanzo si riscontra ben poco su ciò che narrativamente contribuirebbe all’affratellamento della carta. L’autore dice troppo proprio laddove il lettore potrebbe ricostruire da sé alcuni tasselli. Nel famigerato prologo si ricava una sorta di’ istruzioni per l’uso’. Lorenzi ci spiega pedagogicamente come è strutturata la storia, ammonisce il lettore che essa ha un andamento ciclico, comincia laddove finisce, insomma uno degli ingredienti chiave di un giallo è già presto svelato. Si tratta di quegli inciampi che inevitabilmente producono dei capitomboli narrativi.
Più che puntare a coinvolgere il lettore e lavorare attentamente sullo storytelling, Lorenzi di tanto in tanto interviene nel romanzo, instaura un dialogo con il lettore che esula dalla storia, una sorta di pausa pubblicitaria in cui ci si scambia opinioni in merito ad altro.
Orbene, qualora si trattasse di un tentativo avanguardista di destrutturare un genere narrativo, depotenziandone i tratti salienti, che ben venga, il postmoderno ha insegnato anche questo. Ma qualora si nutrisse questa non facile ambizione, a differenza di quanto si è portati a pensare, occorrerebbe sopperire con mezzi espressivi dotati di maggiore efficacia, con uno stile o inventiva che siano originali, brillanti, al fine di provocare o destabilizzare il lettore. In L’anno della grande nevicata si è più che altro increduli per la grande assenza di narrazione.
L’autore
Gianni Lorenzi è nato in Svizzera nel 1969, è cresciuto a Valdastico e da 15 anni vive a Sovizzo, in provincia di Vicenza. Laureato in Lettere all’università di Padova con il poeta vicentino Fernando Bandini, ha lavorato in varie aziende come copy-writer, responsabile marketing e sales manager. L’anno della grande nevicata, pubblicato nel novembre 2014 dall’editore David & Matthaus, è il suo primo romanzo.