Ah..Ahh..Ahhh è un romanzo ben riuscito del genere parody-comedy di Nuwanda (2015, Genesis Joint Venture), ed sorprendente nel contenuto ed essenziale nello stile in cui è proposta ai lettori. Per questo motivo è impresa ardua classificarla o sigillarla in univocità interpretativa, né sarebbe giusto farlo, anche perché il cuore dell’opera comunica il messaggio contrario: non esiste un’interpretazione unica ed inviolabile, il testo è aperto alla molteplicità emozionale e interpretativa che il lettore fornisce con la sua azione, perché la lettura consapevole non è una condizione passiva. Pagina dopo pagina, chi legge contribuisce alla costruzione del testo. Sembra proprio questa la sintesi di Nuwanda. Il titolo onomatopeico suggerisce da subito una doppiezza fondamentale e irrinunciabile per capire il senso della storia che genera un vortice ininterrotto tra godimento-dolore della scrittura e della vita.
Doppio Senso è il nome della città immaginaria dove si svolgono i fatti, e nella quale le strade che portano al paesello vicino sono a senso unico. Sembra impossibile uscirne ma poi, inspiegabilmente, si riesce a trovare la strada del ritorno.
Nella piccola libreria del paese Armando Bentivoglio, scrittore con ascendenze artistiche e di modesta notorietà, presenta il suo libro dal titolo funereo e suggestivo Pochi conoscono la morte. Nel salotto letterario improvvisato e sghembo di un vecchio bar di paese che vende pizzette omicida, avviene un delitto vergognoso che coinvolge tutti i presenti, sottoposti a divertenti e quanto mai strambi interrogatori. I personaggi, macchiette scolorite di una trama semplice ma avvincente, stanno lì a guardare le indagini, suggerendo con involontaria sottomissione, indizi e tracce dell’assassino. L’ambiente è gretto, rustico, ingenuo come ogni bar di paese riesce ad essere: il proprietario è colpevole di molti “crimini”, come quello di attentare alla vita della clientela con un caffè dal gusto deplorevole.
Ma gli scrittori non muiono, la scrittura eternante è una barriera per Armando Bentivoglio, il quale durante l’interrogatorio è distratto dalla magnetica presenza de la Ronda di notte di Rembrandt e sfugge al presente scarno e settoriale del commissario Antonio Loquace, intervenuto prontamente su luogo del delitto per svolgere le indagini. Oltre alla sfilza di agenti dal comportamento quasi grottesco, goffi e impacciati sulla scena del crimine, (Sale pure sul water, in modo da avere una prospettiva dall’alto, però rischia di sprofondarci dentro con un piede, “Scattino, guarda che la vittima, purtroppo non può muoversi. Cerca di stare attento”.) gli attori della scena narrativa sono quasi tutti buffi e parodiati: a partire da Mirko, l’agente letterario di Bentivoglio, un cinico arrivista interessato soltanto ai guadagni della casa editrice, si destreggia con elegante egocentrismo il giornalista Carmelo Fattobene, alias “Firmamento”, pseudo cronista tronfio e banale. Carla, invece, è la direttrice della Biblioteca che ha organizzato l’evento; fedele orchestratrice della serata e sommessa lettrice dei libri di Bentivoglio.
Nel mazzo dei personaggi dai nomi inverosimili e curiosi eccola, la vittima: una donna giovane ed avvenente dalle labbra sensuali di rossetto vinaccio-violaceoo, di un seducente esoterismo, una bocca di rosa in un certo senso, perché calamita attorno a sé l’attenzione degli invitati, nessuno escluso. Si tratta della figlia del sindaco, uomo onesto e reggitore della patria.
Ah…Ahh…Ahhh è un romanzo breve in una agevole terza persona, scorrevole l’utilizzo del tempo presente, di prelibata lettura, parodia del genere giallo/noir. Nonostante ciò, i dialoghi si presentano spesso un po’ deboli o appannati. Il lessico è ricercato, notevole, a volte cromatico: è da sottolineare la cura nella scelta dei colori dei personaggi, probabilmente legata alla cura autoriale della caratterialità dei soggetti.
Nuwanda con questo libro crea una dimensione a sé stante, parodia e leggerezza, paradosso ed ironia si incontrano e si sposano con facilità, il risultato è buono. Ah…Ahh…Ahhh parla anche della letteratura, o meglio, della scrittura. L’autore mette in campo la funzione metanarrativa del testo: le parole riflettono i fatti ma spiegano anche il proprio intrinseco valore. Da qui deriva l’accusa del commissario ad Armando di aver risvegliato il desiderio di uccidere nell’assassino, con il suo titolo (Pochi conoscono la morte), ma non solo: il gioco sillabico tra affètto (sentimento, amore) / affétto (come tagliare a fette, ferire) proposto nella seconda parte del romanzo dal commissario evidenzia esattamente la valorizzazione monumentale ed iperbolica della parola scritta, e non detta, quella che resta nei secoli.
Un altro elemento da segnalare è la simbologia degli oggetti: il romanzo-parodia, fitto di doppi sensi ed ambiguità, chiarisce al lettore anche una delle interpretazioni soggiacenti alla trama in superficie. L’inchiostro rosso, l’inestimabile, pregiato pennino dello scrittore (che scrive più degli altri oggetti in circolazione), l’inchiostro rosso come il sangue, la scritta in bagno. Sono tre degli elementi identificativi di un cumulo di significati, sotterraneo alla trama del delitto della giovane donna che può essere sintetizzato forse così: la parola crea e distrugge, genera e violenta, ha il potere di uccidere e decostruire idee, sentimenti, emozioni. Si potrebbe ipotizzare che con Ah…Ahh…Ahhh, Nuwanda abbia volutamente operato una personale ricostruzione – in chiave comica – del crimine oggi tristemente diffuso del femminicidio, in una dinamica alquanto singolare. Perché? Non vi resta che scoprirlo leggendo.