Umberto Eco si è spento a 84 anni il 20 febbraio scorso, lasciando, a detta soprattutto della sinistra intellettuale radical chic, impegnata in questi giorni in sterili panegirici dello scrittore piemontese, un vuoto incolmabile.
Senza dubbio Umberto Eco è stata una delle personalità di maggior rilievo della cultura italiana dell’ultimo secolo, acuto osservatore e generoso donatore di sapere. Eco era una enciclopedia vivente, un concentrato di nozioni che gli consentiva di indagare intorno a vari argomenti, ma non è mai stato, come molti pensano, un filosofo. In questo settore infatti mai una volta, a parte la semiologia in cui era specializzato, il borioso accademico ha dato vita ad una innovazione di pensiero. Cosa ha introdotto di significativo dal punto di vista filosofico Umberto Eco? Era un illuminista rimasto a Kant, che non si è mai reso conto che nuovi sviluppi hanno contraddetto alcuni principi. Un alfiere del progressismo di sinistra che ha accettato senza se e senza ma il pensiero unico, l’ideologia dominante. Anche nel suo caso è stata la politica a dividere il pubblico tra estimatori con la bava alla bocca e detrattori con altrettanto bava alla bocca. Da cattolico Eco è diventato miscredente, in un momento storico di grande conformismo per la politica italiana, ma tale passaggio gli ha giovato non poco in termini di consenso e soprattutto di incasso, d’altronde i laici progressisti nell’ultimo cinquantennio hanno goduto di stampa favorevole, sviolinate delle corporazioni degli “intellettuali”. Trattamenti non riservati a scrittori di grande interesse come Giuseppe Berto, Giovanni Papini o Giuseppe Prezzolini, snobbati in quanto conservatori. Cuore a sinistra e portafoglio a destra per Umberto Eco, che diverse volte non ha fatto mistero di disprezzare l’Italia e di voler lasciare il bel paese; Il suo impegno civile è cominciato ed è finito con la contestazione di Berlusconi, dichiarazioni al vetriolo nei confronti di chi si professava di destra, tacciandoli di inferiorità (pensiamo infatti a personalità come Montanelli, Gadda, Pirandello, Celine, Lorenz, Evola, Cioran, Guareschi, Gentile, ecc..) e con la professione di laicismo anticlericale. Davvero troppo poco per essere annoverato tra i geni della cultura italiana e internazionale come lo si fa apparire.
Vita e carriera di Umberto Eco
Laureatosi in Filosofia nel 1954 all’Università di Torino con una tesi sull’estetica di San Tommaso d’Aquino, che viene pubblicata, estesa, nel 1956 con il titolo Il problema estetico in San Tommaso, Umberto Eco inizia il suo interesse per la filosofia e la cultura medievale, campo d’indagine mai abbandonato.
Sempre nel 1954 partecipa ad un concorso alla RAI per l’assunzione di telecronisti; vince ed entra insieme a Furio Colombo e Gianni Vattimo. Insieme innovano l’ambiente culturale della televisione italiana. Dall’esperienza lavorativa in RAI, Eco trae spunto per molti scritti e inizia a interessarsi dell’influenza dei mass media nella cultura di massa; pubblica diversi articoli in gran parte confluiti in Diario minimo (1963), Apocalittici e integrati (1964) e Il costume di casa (1973). Interessante è anche la sua attenzione per le correlazioni tra dittatura e cultura di massa ne Il fascismo eterno. Attraverso un’attenta analisi individua forme di fascismo che si riproducono da sempre “in ogni parte del mondo” a partire ovviamente dal morboso culto della tradizione, dal rifiuto del modernismo, dalla paura delle differenze, dal populismo qualitativo di Tv e Internet. Lasciata la Rai dal 1959 al 1975 è condirettore editoriale alla Bompiani.
Negli stessi anni comincia anche la sua carriera universitaria prima come professore incaricato in diverse università italiane tra cui Torino, Milano, Firenze, e poi a Bologna come ordinario per la cattedra di Semiotica. Numerose e famose le sue trasferte come Visiting Professor alla New York University, alla Columbia, a Yale, Oxford, Harvard, alla University of California-San Diego, all Northwestern University,Cambridge, al Collège de France, alla Università di São Paulo e di Rio de Janeiro, a Buenos Aires, e all’ Ecole Normale Supérieure di Parigi.
Nel 1955 viene fondato il settimanale <<L’espresso>> ed Eco è una delle prime voci del giornale. Collabora ai giornali “Il Giorno”, “La Stampa”, “Il Corriere della Sera”, la “Repubblica”, “Il manifesto” e a innumerevoli riviste internazionali specializzate tra cui “Semiotica” e “Poetics”.
Con il saggio Opera aperta del 1962, Eco pone le basi teoriche al Gruppo63; nel 1968 pubblica il suo primo libro di teoria semiotica La struttura assente cui seguono il Trattato di semiotica generale (1975) e Semiotica e filosofia del linguaggio (1984). Nel 1980 Eco esordisce con il suo primo romanzo Il nome della rosa, il suo grande successo, un best-seller internazionale tradotto in 47 lingue; un libro cinico e nichilista, con errori storici, volto a celebrare il vuoto e a demolire i valori cristiani, guadandosi furbamente dall’affrontare il tema della Grazia divina. Otto anni dopo esce il suo secondo romanzo Il pendolo di Foucault, noiosa satira dell’interpretazione paranoica dei fatti veri o leggendari della storia e delle sindromi del complotto. Del 1994 è L’isola del giorno prima seguita da La misteriosa fiamma della regina Loana del 2004, dal Il cimitero di Praga, un cumulo di bizzarre inverosomiglianze che ha ottenuto una serie di stroncature soprattutto in Germania (2010) e da Numero Zero uscito nel 2015.
Eco ha dedicato anche diverse opere alle teorie della narrazione e della letteratura in libri come Il superuomo di massa del 1976, Lector in fabula del 1979, Sei passeggiate nei boschi narrativi (1994) e i più recenti Sulla letteratura (2002) e Dire quasi la stessa cosa del 2003.
La faziosità di Umberto Eco
Assurto a ruolo di pensatore incontestabile della nostra cultura, peccato di lesa maestà, a Eco non è mai toccata una critica nemmeno quando a suo tempo firmò quell’infamia di “manifesto” contro il commissario Calabresi, fatto di cui molti membri dell’opinione pubblica, nemmeno quando ebbe e definire il Fascismo come entità metafisica e storica, a dispetto del capitalismo. Per Eco se la cultura di destra trovava investitori era perché asservita al Capitale e lo faceva mossa solo dal denaro, se invece ciò toccava alla cultura di sinistra, questa era finanziata dal Capitale per scopi nobili. Umberto Eco è stato un ideologo enciclopedico, un fazioso mascherato da intellettuale illuminista che in Italia è stato criticato solo dal coraggioso Alfonso Berardinelli, il quale ha affermato: «Se fosse per le mie opinioni critiche, i romanzi di Umberto Eco e il libro di filosofia di Severino potrebbero sprofondare nella pattumiera», mentre già nel 1995 lo storico Noel Malcolm definiva Eco «l’Armani dell’Accademia».