La notte si apparta
infilandosi un candore estremo
di seta.
Sulla finestra, le montagne emanano
una fredda iridescenza,
la brina sui rami poi le foglie – spaventate, attonite – si irrigidisce.
Intorno, un alito di fantasma.
L’aria umida mozza il fiato
inorgoglisce l’errore
un po’ di insanità, tremori dell’alba
Un frastuono sordo si spande nelle stanze
intiepidisce l’inverno
la notte è un muscolo infranto
le mani un canestro di speranze
l’oroscopo il triste elogio di chi è solo
si stende sul davanzale il domani
la rabbia resta una scoria
mentire è ridicolo
che cos’è ricordarsi?
Un’illusione ancestrale.
E io qui,
con le arance in mano.