La terra d’Italia ha partorito. Un pezzo dopo l’altro: “guardami”, sembra dire San Casciano, “io sono viva, ancora! Sono eternamente viva e mi rifugio nei morti che sono più vivi di voi, ma che siete già morti”. L’italiano ignorerà, un’altra volta. Passerà dritto mentre attacca l’asino dove vuole il padrone, mentre è colto dall’ennesimo attacco di panico dovuto alla polarizzazione, mentre farebbe di tutto pur di avere istantanea gratificazione: l’unica lotta che si ricorda di condurre. Ignorerà, troppo preso dal voyeurismo politico, dalle trappole del prossimo natale progressista e stitico, solo lucette, niente Dio nelle case di chiunque, troppo invadente, troppo impegnativo, troppo richiamo a un mondo di integrità che suggerisce nella più privata coscienza di costruirsi un pensiero critico per ribaltare le sorti di una generazione diretta verso l’autoannullamento.
E mentre, a breve, friggerà i propri soldi per l’antipasto del cenone natalizio, la terra d’Italia strilla di una forza feroce:
“Io sono viva, ancora! Sono eternamente viva e mi rifugio nei morti che sono più vivi di voi, che siete già morti”.
È viva, evviva! Il parto di San Casciano dei Bagni, aperto da sei anni, è talmente potente nel suo manifestarsi che, se ben compreso, rende l’idea di come il patrimonio non è in un museo ma nella conservazione e alcuni degli ultimi figliuoli estratti dall’argilla calda e pulsante, cosparsa d’acqua e liquidi, arriva nei giorni in cui le statistiche parlando di un arretramento culturale dell’Italia pazzesco e di una resa, così come testimonia il Rapporto del Censis 2024, che vi consiglio di approfondire, riassumibile in una drammatica sentenza: “Si palesano profondi buchi di conoscenza in tutte le fasce di età anche in relazione a nozioni che si sarebbe tentati di dare per scontate”.
San Casciano non poteva capitare in un altro posto, ma qui, dove la memoria e la coltivazione di se stessi, la pratica del sacro, l’abbraccio con la triade santa, natura, bellezza e assoluto, hanno generato l’arte e la virtù letteraria, lo sviluppo della civiltà, hanno contaminato la vita e il potere, ogni cosa s’è mossa per quello.
San Casciano non sia solo in un museo impolverato della decenza, di leggi e occasioni di conversazione ma ci ricordi che il miglior modo per conservare la propria identità nazionale, ricordandocene il peso mentre siamo soli con noi stessi, sta nella conservazione del patrimonio.
E va ricordato proprio nel Paese in cui, oltrepassando le gentilissime concessioni dell’Unesco, ogni mattina Piero si alza e considera la Bellezza che vive attraversando la città come un fondale scenico, sterile, muto, mentre essa è la più ampia forma di maturazione civile.
Come una profezia, come una rivelazione, anzi, la terra d’Italia s’apre ancora e strilla dalla buca di San Casciano: “Io sono viva, ancora! Sono eternamente viva e mi rifugio nei morti che sono più vivi di voi, che siete già morti”.
Chi ridurrà ciò a una scoperta archeologica, si ricordi di fare un giro nella tomba, ogni tanto, giusto per scrollarsi da dosso i vermi.