Ma di certo faremmo un gran torto alla verità se credessimo che la politica sia il solo e più importante ambito della propaganda. Il pensiero muove l’azione. Questo bisogna sempre tenerlo a mente. Sono i circoli di intellettuali, artisti e creativi a precorrere tendenze e nuove frontiere di libertà. Libertà! Che termine abusato quanto incompreso e distorto. Non importa qui soffermarsi se questi ambienti siano oramai in una certa misura eterodiretti da forze invisibili e più potenti. Il Male si serve più della stupidità che della volontaria sottomissione ad esso. Sarebbe già un enorme passo avanti comprendere almeno questo! Ed eccoci così a riflettere sulla notte degli Oscar. Hollywood, patria dell’industria cinematografica più potente – e influente – del pianeta si autocelebra ogni anno e tutto il mondo attende con entusiasmo e compito rispetto, i verdetti che verranno pronunciati.
Oltre ai film in lizza per i premi, quest’edizione ha attirato su di sé l’attenzione mondiale per il movimento di protesta nato in seguito alle denunce di abusi e molestie sessuali che molte attrici americane hanno subito da colleghi, produttori, registi: primo fra tutti l’oramai tristemente noto produttore Harvey Weinstein. Assumiamo per vere tutte le dichiarazioni delle celebrità hollywoodiane. Se non lo fossero, sarebbero comunque verosimili! E pensare che molti da questa parte dell’oceano si sono stupiti di ciò! Il potere ha davvero creato un infinito esercito di sciocchi che non sanno di esserlo. La forza che più di tutte muove la presente umanità è senza ombra di dubbio il piacere; ma attenzione a credere che esso si manifesti solo con modi moralmente attaccabili. Il male è sempre più astuto e sottile dei milioni di benpensanti che ahimè scaldano oggigiorno perfino le panche delle chiese. Essendo una forza, il piacere si manifesta in molte forme; si camuffa e può anche mutare nel tempo, restando però sempre fedele a se stesso, nella sostanza.
Certo l’edonismo è la sua maschera più identificabile e diffusa; in questo, il cinema statunitense è da sempre stato un’avanguardia, sdoganando un po’ alla volta molti tabù. Ma vogliamo guardare più a fondo. Il piacere ha a che vedere con il senso d’identità, con la consapevolezza, o meno, di avere un compito da assolvere durante questo tragitto terreno. E il piacere ha due direzioni, una rivolta verso se stessi, l’altra rivolta all’esterno, verso gli altri. Non ci riferiamo al “dare” piacere, quanto piuttosto al “piacere agli altri”: come è diffusa e profonda tale malattia che opprime l’uomo d’oggi, restringendone gli spazi e l’immaginazione, senza ovviamente che lui ne abbia la benché minima consapevolezza.
Nel caso poc’anzi citato degli scandali scoppiati nell’ambiente cinematografico americano, vedere solo l’aspetto sessuale, è comunque arrestarsi alla superficie delle cose. Hollywood ha sempre propagandato il mito delle celebrità belle e inarrivabili, che scatenavano un insano desiderio in milioni, anzi miliardi di idioti “fan”. Un piacere che da libero si fa senza volerlo obbligato e obbligante. Si deve piacere, pena l’esilio, la morte artistica, il baratro della depressione e quant’altro. E cosa non fare allora per piacere, per arrivare là dove il meraviglioso gioco ha inizio? Incapace di guardarsi dentro, di dialogare col volto della propria anima, l’uomo moderno ha solo l’altro, il proprio gruppo, la società come unico specchio che gli rimanda un’immagine di sé. Non dispiacere diviene la preoccupazione massima esplicitata in molteplici sfumature. Non dovrebbe certo stupire che proprio la patria del liberismo giudaico-protestante lo incarni alla perfezione, e noi da bravi sudditi abbiamo appreso la lezioncina fino ad uniformarci a loro. Qualcuno forse vede ancora una qualche differenza? “Bisogna intessere relazioni”, grida a gran voce il dittatore invisibile. “E più se ne hanno, più si vale”; aggiungono in coro i fedeli. È necessario ottenere riconoscimenti e onori, altrimenti non si è nulla. Bisogna evitare con ogni mezzo di dire o fare alcunché di scomodo per non perdere terreno sugli altri, sempre pronti a sopravanzarti, a scalzarti per un niente che sembra oro solo agli sciocchi. Questi, i comandamenti nuovi!
Ma ecco pronta subito la difesa dei benpensanti, dei giulivi liberal cattolici, o di quell’accozzaglia che va sotto il nome di “conservatori” che altro non sono che la medaglia rovesciata dei rivoluzionari e progressisti. Noi sì che abbiamo i nostri nemici, le nostre trincee schivano colpi ogni giorno. Ma il male, come già detto, si serve proprio degli sciocchi prima di tutto. Certo avete scelto il vostro piccolo gruppo, conventicola o movimento. Vi ci siete rifugiati per sentirvi al sicuro e nel giusto. Ecco pronto là fuori il nemico, anzi, quanti nemici volete. Tutti quelli che sono al di fuori delle sbarre sono detestabili e ipocriti. “A loro certo che dispiacciamo!” Urlano fieri questi sventurati. Ma il punto è un altro. Chi ancora ha il coraggio, per amore della Verità, della Giustizia, del Bello di non tirarsi indietro quando necessario – e sappiano che le occasioni abbondano – sapendo di potersi inimicare non uno ma tutti quelli che fino a quel momento erano i suoi amici, i vicini di gabbia? Mai un’epoca ha conosciuto così tanta viltà come questa! E dove il solo piacere governa, la fedeltà viene esclusa, il potere è libero di compiere abusi, il più forte schiaccia il più debole, l’ipocrisia e il falso successo annientano le sincere vocazioni.
L’America ha disteso le sue larghe braccia sul resto del mondo ad iniziare dal Vecchio Continente e lo ha fatto anche attraverso le immagini che i suoi Studios accendevano su milioni di schermi. Oggi porta avanti i cavalli di battaglia del progressismo più spinto: la rinata ansia per il razzismo, l’esaltazione aprioristica del femminile contro una perversa immagine del maschio, la ridicolizzazione della religione vissuta sempre come un fatto rigido ed esclusivamente moraleggiante. Eppure, il potere più pervasivo e sottile è ancora un altro. Il cinema, si sa, è visione, ma anche la vetta della conoscenza intellettuale è “visione”. Per questo, attraverso le immagini non solo si veicolano idee, ma si imprime in maniera indelebile un immaginario. Una volta sedimentato nei fondi della psiche, da quello non si può uscire. Tutta la realtà confluisce dentro quel mondo, quelle forme, quei colori e suoni. Ciò che sembra estraneo lo rigettiamo senza dover nemmeno scomodare la coscienza.
E così, dentro questo recinto ci scanniamo fra “opposti moralismi”, ma non comprendiamo che la salvezza sta nel saltare la staccionata e correre verso le alte vette dove l’aria è fresca e pura. I nostri occhi dovrebbero essere pieni di autori come Bergman, Antonioni, Bresson, Sokurov e Tarkovskij. Invece amiamo e comprendiamo solo quello che è fruibile per le nostre anime addormentate. Ci siamo sciolti, liquefatti per nostra stessa debolezza, prima ancora che per la forza altrui. Siamo ben più inconsistenti de La Forma dell’Acqua, siamo piccole particelle vagabonde e senza sapore. Onore al primo fra i vincitori dunque, che metaforicamente ci ricorda che siamo naufragati in questo immenso mare di mediocrità.
Massimo Selis-L’intellettuale dissidente