L’ora è buia più che mai: in Italia stanno letteralmente tremando i pilastri dello Stato democratico e quanto accaduto nella serata di ieri è di una gravità assolutamente senza precedenti nella storia libera del nostro paese. Chi non riconosce la brutale violenza anti istituzionale operata dal colle è uno sciocco o semplicemente in malafede. A proposito di questo è necessario sin da subito esprimere il più sentito e disgustato sdegno rispetto al mondo della stampa e dell’informazione che, in massima parte, colpevolmente ha assunto in queste ore un atteggiamento pavido e subdolo, asservito alla Presidenza della Repubblica mediante argomentazioni vuote, ridicole, meschine. L’ora è buia. Siamo stati noi i primi, in una lunga analisi di ieri, a paventare il rischio di un ricorso all’art.90 della Costituzione, quello relativo alla messa in stato di accusa del Presidente della Repubblica. Oggi ne parlano tutti. E su queste stesse righe adesso, con la stessa identica convinzione, lanciamo un allarme che vogliamo sia percepito come il più drammatico urlo di terrore: il rischio, adesso, è quello di gravi disordini pubblici. Lo stesso Salvini, in serata, si è definito preoccupato in tal senso e ha speso se stesso, forse anche strategicamente, come garante della pace civile in questi momenti di fortissima tensione e concitazione. Il responsabile di tutto questo è il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il quale nel suo discorso, guardacaso, non ha fatto altro che parlare di Borsa e spread.
È un colpo di Stato e, attenzione, non stiamo ricorrendo ad un’espressione volutamente enfatica e giornalisticamente forzata. Per noi è in corso un vero e proprio colpo di Stato in senso tecnico. Il 4 marzo scorso gli Italiani sono andati al voto con una legge elettorale promulgata dal Presidente della Repubblica e hanno scelto di dare forza a due organizzazioni politiche con idee precise sull’Europa: Movimento 5 Stelle e Lega Nord. Queste due formazioni hanno deciso di costituire una maggioranza parlamentare e si sono legittimamente candidate a guidare il paese, forti di una precisa e netta legittimazione popolare. In Italia la sovranità risiede nel popolo e il popolo ha conferito vigore a queste due forze politiche. Il Presidente della Repubblica ha di fatto impedito a questa maggioranza parlamentare di andare al governo del paese: è un atto politicamente gravissimo, violento e dittatoriale. Non era mai accaduto un fatto del genere: i paragoni a veti del passato, quale quello di Scalfaro su Previti, non c’entrano assolutamente nulla. La dittatura peraltro è un istituto ben preciso, giustificato in alcuni ordinamenti giuridici del passato a fronte di circostanze gravi e impellenti, che fuori dalla legittimazione delle norme configura una tirannide: è il nostro caso.
Andiamo con ordine. Partiamo dal presupposto che questa crisi sul nome del prof. Savona, uno degli economisti più autorevoli del mondo e orgoglio italiano, sia stata ingenerata dallo stesso atteggiamento maldestro di Mattarella. Era assolutamente prevedibile, e infatti anche questo avevamo scritto, che Lega e Movimento 5 Stelle non avrebbero mai potuto cedere: chi darebbe mai fiducia ad un Governo del cambiamento che non sia nemmeno in grado di scegliersi i propri Ministri? Se poi si vanno ad analizzare le ragioni del veto a Savona si resta veramente allibiti: Savona è un mite economista, peraltro a nostro avviso fin troppo moderato, il quale da europeista convinto si è permesso, in talune circostanze, di esprimere delle critiche ad una Europa non più votata allo spirito dei suoi Padri Costituenti. Pertanto il veto è stato espresso non per il pericolo che Savona avrebbe potuto rappresentare, anche perché non è affatto un uomo pericoloso e anzi da sempre si dimostra fedele alle istituzioni, ma semplicemente per il suo pensiero, per le sue idee, per il semplice fatto di essersi permesso di esprimere delle critiche all’Unione Europea e di non aver mai parlato, come dicono alcuni per giustificare la decisione di Mattarella, di uscire dall’Europa, come se si uscisse dall’oggi al domani.
Qualcuno scherzando ha ipotizzato una partecipazione troppo attiva di Mattarella a “cantine aperte”. Qualcun altro suggeriva a Mattarella di dare l’incarico di governo direttamente alla Merkel, la quale continua a guardare a Berlusconi come garante dell’europeismo italiano. Lo stesso Berlusconi che, nonostante le smentite, pare l’abbia chiamata culona inchiavabile. Ironia a parte, però, davvero il comportamento del Presidente della Repubblica ha dell’incredibile e lo ripetiamo fino alla nausea: la Costituzione non gli riserva la facoltà di valutare politicamente i Ministri, ma solo di garantire della loro onorabilità ai sensi della Costituzione medesima. Difatti il Governo giura nelle mani del Presidente della Repubblica prima ancora di presentarsi in Parlamento a chiedere la fiducia politica. I due momenti sono volutamente distinti: il primo è etico e morale; il secondo è politico. Mattarella si è preso tutto e adesso è proprio il caso di dirlo: la paura fa 90. Ai sensi dell’art.90 della Costituzione, è dovere delle forze politiche cui è stato inibito l’accesso democratico e legale al governo del paese quello di mettere sotto stato di accusa il Presidente della Repubblica.
Vedete, fa bene qualche viscido giornalista che in TV chiede provocatoriamente quali siano le prove di un condizionamento internazionale su Mattarella. Fa bene perché tale condizionamento è assolutamente irrilevante: che abbia agito sua sponte o no, resta il fatto che Mattarella ha attentato alla Costituzione e deve lasciare il Quirinale. È il solo e unico responsabile: se vuol bene all’Italia deve dimettersi immediatamente, quantomeno per non aver saputo gestire la crisi nonostante ci fosse una maggioranza parlamentare disponibile ad assumersi l’onere di governare.
Facciamo una cosa: fingiamo per un attimo che tutti questi costituzionalisti da bar sportivo abbiano ragione e che in effetti l’art.92 della Costituzione riservi delle valutazioni politiche da svolgere presso la Presidenza della Repubblica. Ammesso e fortissimamente non concesso il punto, a rileggere le parole pronunciate da Mattarella viene comunque la pelle d’oca: sono la celebrazione funerea della definitiva subordinazione delle istanze democraticamente affermate da un popolo in difficoltà alla tenuta delle borse, ai mercati finanziari, allo spread, al tasso dei mutui. Questa vicenda ha dell’incredibile, del surreale. Siamo in presenza di un comportamento al limite del reazionario puro. Poi gli stessi molli giornalisti si domandano se ne sia valsa la pena: se davvero Salvini e Di Maio abbiano fatto bene a intestardirsi così sul nome di Savona facendo saltare tutto il progetto di governo. Hanno fatto benissimo. A prescindere dal fatto che Savona rappresenti la condensazione dell’accordo tra i due, il veto posto dal Quirinale per pregiudiziali politiche pone un problema sistemico ben più importante di Savona medesimo: la democrazia italiana stessa. Savona è diventato un emblema, una battaglia democratica da combattere a tutti i costi perché un uomo non può essere escluso per il suo pensiero, per le sue idee.
Esiste una sola ideologia politica inammissibile alla guida del paese ed incompatibile col regime democratico e sono le Disposizioni Transitorie e Finali della Costituzione ad individuarla al capo XII: quella fascista, tanto è vero che viene dichiarata illegale la costituzione di un partito con tale vocazione. E allora, se il veto politico di Mattarella è rispettoso della legge, ne deriva necessariamente e logicamente lo scioglimento immediato di qualsiasi partito politico vagamente euroscettico: come minimo il Movimento 5 Stelle, la Lega Nord e Fratelli D’Italia. Se tale scioglimento non dovesse avvenire, allora è Mattarella a non essere nell’alveo della legalità e quindi va messo immediatamente in stato d’accusa dal Parlamento. A questo punto non è più una facoltà assembleare, bensì un dovere.
La verità è che siamo difronte ad una impalcatura che sta collassando e il Governo giallo/verde mette in pericolo il sistema nel suo complesso: è una intera struttura di potere politico, economico, finanziario e mediatico ad essere in pericolo. È assolutamente fisiologico che un sistema lotti per la sua autoconservazione e, tanto grave è la minaccia, più forte sarà la sua reazione. Fino a giungere all’atto criminale perpetratosi ieri. Adesso il Quirinale ci impone letteralmente un Governo tecnico e di minoranza, nonostante ci fossero tutti i presupposti per un Governo politico e di maggioranza alla guida del paese, consumando uno stupro della Carta costituzionale, sputando in faccia al popolo italiano e spalancando le porte a poteri esterni che marciano con i loro lucidi stivali neri nei corridoi delle nostre istituzioni. Si poteva fare di quest’aula sorda e grigia un bivacco di manipoli: sarà un po’ estremo, vi apparirà un po’ colorito, ma se ieri Mattarella dal suo pulpito avesse pronunciato queste parole la differenza sarebbe stata certamente minima. Una cosa è certa: il voto e la volontà degli italiani non hanno contato nulla.