Il 29 maggio 1989, a soli 43 anni, moriva una delle più belle e talentuose attrici del mondo, l’austriaca, naturalizzata francese Romy Schneider, resa famosa dal ruolo dell’indimenticabile principessa Sissi dove appariva come una ragazza dolce e promettente. Ma con il passare degli anni Romy diventa più bella, il suo sguardo si fa magnetico, la sua recitazione intensa, il suo stile più raffinato grazie alla stilista Chanel che valorizza il suo corpo sinuoso.
Romy: una vita segnata dal successo e dalla sofferenza
Ma la vita di Romy Schneider fu senz’altro segnata da un destino crudele, fatto di dolorosi abbandoni, amori falliti, e un incolmabile dolore, la perdita di suo figlio David a 14 anni in un incidente, dopo aver perso l’ex compagno, morto suicida.
La vita di Romy Schneider viene spesso paragonata al destino infelice della principessa Sissi, ruolo che l’ha vista impegnata anche nella cugina di Ludwig, re di Baviera, per la regia di Luchino Visconti, il quale la pungolava continuamente, ovvero sempre Sissi, stavolta più matura e consapevole della propria infelicità.
L’importante è amare, un’avvincente riflessione sul mito e sull’arte
Tuttavia per celebrare l’anniversario della scomparsa di questa attrice magnetica e fragile, probabilmente la pellicola del 1975, che le si addice di più, in cui Romy ha tirato fuori tutta se stessa, porta un titolo che certamente è stato il suo “motto” nella sua parabola esistenziale: L’importante è amare del regista polacco Zulawski.
Film che si muove tra melodramma e noir, L’importante è amare, mette su un’appassionata e toccante riflessione sull’arte come atto dicotomico di violenza e amore che ha per protagonista un’attrice sul viale del tramonto, per citare un altro celebre film di Wilder, Nadine Chevalier, la quale è finita a lavorare nei film hard per guadagnarsi da vivere.
Sposata con il malinconico ed inconcludente Jacques, Nadine conosce sul set del suo ultimo film il fotografo Servais Mont, che si muove nel sottobosco di produzioni porno al soldo dell’usuraio Mazelli. Affascinato dalla donna, Servais cerca di aiutarla a lavorare finanziando a sua insaputa una rappresentazione teatrale del “Riccardo III” di Shakespeare e pretendendo un ruolo per la donna nell’opera. Ma, per portare a termine questa “missione”, Servais contrae un debito ancora più vincolante con Mazelli, che lo obbliga a lavorare per lui su set pornografici sempre più estremi.
Un film disturbante e sincero con una straordinaria Romy Schneider
Per il regista polacco, autore di pellicole disturbanti e atroci come Diabel e Possession, l’arte è un atto pornografico: la macchina da presa, noi spettatori, gli addetti ai lavori che presenziano sul set costituiscono lo sguardo che in qualsiasi forma di arte visiva deve mettersi in relazione con l’oggetto-corpo, violando l’integrità dell’altro, perché lo mette a nudo, lo sfrutta per il proprio piacere di creazione/fruizione, lo manipola.
Romy/Nadine rappresenta il cinema classico, un cinema da dimenticare per molti, ma non per Servais che ama tanto visceralmente la donna e la diva da buttarsi in un progetto cinematografico velleitario sorretto dal suo amore necessario, atto a creare miti, ma senza mai consumare l’amore con Nadine in questa pellicola sincerissima, tendente alla follia, delicata e intellettualistica.
In tal senso Romy è stata osannata e celebrata in quanto diva del cinema, immagine di una donna regale dalla vita tumultuosa, ricca di successi, disgrazie e delusioni, spezzata troppo presto.
Ha vissuto a voce alta Romy, ma se ne è andata dalla vita terrena silenziosamente, dopo aver intrapreso un lavoro inizialmente controvoglia, su incitazione della madre Magda, anche lei attrice, perché alla recitazione Romy preferiva il disegno e la pittura.
Cinema e amore
Su di lei è stato scritto dell’amore tormentato con Alain Delon, del rapporto con la madre, degli altri suoi amori, della lettera che stava scrivendo prima di morire, ma su Romy Schneider ci importa soprattutto far emergere il suo talento di attrice, ciò che vuol dire essere attrice e diva dimenticata attraverso il film di Zulawski.
Romy non è stata dimenticata ma, come qualcun altro attore e attrice, ha sperimentato anche nella sua vita l’autodistruzione, una distruzione colma d’amore come l’atto di riprenderla nelle sue scene da protagonista, proprio come l’arte, protagonista della sua vita, che si attesta maggiormente dalle parti dell’ossessione.
La diva e il suo cultore
La vita, come l’arte, può essere (e forse deve) essere tragica e mortifera, desidera il corpo ma lo trasla, facendolo diventare oggetto nel mito, che crea e distrugge, trasferendo fuori dalla percezione umana, in un terreno che ci sfugge, quasi fosse una prigione metafisica. Cosa tiene insieme la diva che diventa mito nel film come nella vita e i cultori dell’Arte?
L’amore. Perché l’importante è amare in uno spazio prima dell’apocalisse, dove valgono ancora i sentimenti, l’uomo, la donna e la loro dedizione all’Arte; perché sotto il degrado pulsa ancora una seppur balbettante, verità. E Romy Schneider era una donna vera.
Fonte
https://zeitblatt.com/art_culture/remembering-romy-schneider-the-important-thing-is-to-love/