Molte volte tutto parte da un quadro, e che il quadro complessivo di tutta la faccenda del contemporaneo derivi dall’idea nascosta di un quadro, o dal sistema di valori condiviso tra i quattro assi che compongono la tela di un quadro.
Probabilmente nessuna epoca come quella dello scorso ottocento, è poi così completamente spaccata in due. Da una parte abbiamo la nascita della scienza o delle scienze contemporanee e l’imposizione dell’obiettività e dell’oggettività assoluta della macchina tecnologica; e dall’altra abbiamo come sulle ali di un grido, di un urlo, la soggettività umana poliforme e chimerica molte volte.
A questo punto, uno dei quadri più belli è “Tramonto sul lago”, di William Turner, pittore inglese dell’ottocento. Si tratta di una distesa di colore, di una manciata di colori, che si si allungano sulla tela cercando di ripercorre le zone di realtà incerte che si confondono da sole in natura, dove il cielo è lo sguardo e la luce dell’acqua, là dove il cielo è il mare, e non distingui più nulla, dove spariscono la forma e il corpo, dove rimane solo una fenomenale chiazza di colore – e con questa immagine William Turner ci trascina dritti dritti verso l’universo del contemporaneo.
E qui è anche molto probabile che ci sia parecchia spiritualità, in tutto questo continuo nascondere i corpi allo sguardo, agli occhi. Questi paessggi immateriali, queste, di fatto, realtà immateriali uniformi nel raporesentare i toni del perpetuo, sono sole come anime, prive di vita, eterne, immortali. Non esiste nulla di deperibile nei lavori di Frank Stella e Clyfford Still; si bypassa la terza dimensione per proiettarsi direttamente verso l’infinito. L’infinito caro ai romantici ottocenteschi.
Ed effettivamente nei lavori di Stella e Still c’è proprio l’ombra di un dramma post industriale, post moderno: cosa ci sarà alla fine, quando verremmo completamente sommersi dalla macchina tecnologica? Flashes? Lampi di luce infuocata? Nubi di gas monocromatici?
In questa loro sublimazione cromatica del reale, c’è tutta tutta un’indagine quasi esistenzialista sul post umano, e lanciano appelli di postumanesimo, di paessggi sopraffatti. E in questa indagine sul post umano c’è tutta la volontà degli artisti nell’affermare la natura e la matrice di luce dei corpi e delle masse, come in un monito: noi siamo polvere di stelle evolutasi in autociscienza. E quello torneremo ad essere: polvere di luce e sole immateriale. Ed è proprio nell’espressione di questa volontà, come in un presagio, che si ferma il positivismo della scienza e della tecnologia. Il progresso porta a un vicolo cieco. Il progresso accelera i tempi dell’estinzione. Ora lo sappiamo per certo. Clyfford Still e Frank Stella lo sanno per certo. Turner l’aveva solo intuito e spiegato in un discorso metaforico.
I due pittori americani non vogliono delineare i contorni della realtà come la si vede quotidianamente, ma dilberatamente dare della natura un’interpretazione contestualizzata alle sue proprietà elementari e alle sue connotazioni di sopravvivenza in prospettiva del fatto che come ci insegna la fisica contemporanea nulla di quello che vediamo è reale. Il mondo oggi si dice con parole diverse. E strano a dirsi, ma è proprio la scienza a dircelo e con parole molto chiare. E c’è un livellamento verso l’unità fondamentale, una sintesi quasi hegeliana, una reductio ad unum che fa quasi spavento in tutti i loro lavori. E chiaramente esprimono tutta quella possente libertà di pensiero tipica dell’età Romantica e anelano all’infinito che fu di Leopardi, alla quiete, al silenzio, all’ordine più estremo, immoto e soprannaturale – e comunque credo che sia bello rivivere la poetica dell’ottocento in due pittori americani contemporanei.