Il vincitore del Leone d’Oro alla 79esima Mostra del Cinema di Venezia è il documentario, All the Beauty and the Bloodshed della regista americana Laura Poitras.
Nel 2018, insieme all’associazione da lei fondata, PAIN (acronimo di Prescription Addiction Intervention Now), la nota fotografa Nan Goldin è protagonista di un’azione di protesta presso il MET di New York. È la prima di una serie di contestazioni plateali che puntano alla cancellazione del nome della famiglia Sackler (fondatrice e proprietaria di una delle più importanti case farmaceutiche statunitensi) dall’elenco dei nomi dei sostenitori e dalle sale o donazioni a loro intitolate. Il primo passo simbolico per denunciare le micidiali ricadute del fenomeno noto come “epidemia degli oppioidi”, il consumo massiccio e indotto di farmaci a base di ossicodone (che provocano una forte dipendenza e portano a dipendenze maggiori): cento settemila morti per overdose negli Stati Uniti solo nel 2021, con tutte le conseguenze sociali ed economiche derivanti.
Nel film arte e vita si rincorrono e si nutrono l’una dell’altra, lo sentiamo direttamente dalla voce rauca di Goldin, che riflette con lucidità sulle proprie immagini, la loro risonanza nel tempo, il loro odore, le esperienze collegate. È questo – molto oltre la denuncia dell’avidità del gruppo farmaceutico, clamorosamente scampato a processo penale, o la cronaca degli attivisti di PAIN – il solido pregio di un film stratificato e compatto: associare, tramite la forza delle immagini, il fare artistico a una presa di posizione politica. Identificare cioè nell’ipocrisia di famiglia e società le radici del suicidio di una nazione che censura, vittimizza e stigmatizza chi diventa dipendente e non chi vive del profitto di quella dipendenza.
La guerra americana in Iraq (My Country, My Country), il terrorismo islamico e Guantanamo (The Oath), Julian Assange e Wikileaks (Risk), Edward Snowden (Citizenfour): con la stessa intraprendenza e sprezzo del pericolo, per questo ultimo film di Poitras, la quale continua a scegliere contesti e individui di eccezionale resistenza e anticonformismo. Ma in All the Beauty and the Bloodshed (“tutta la bellezza e lo spargimento di sangue”, una citazione che ha a che fare con “Cuore di tenebra” di Joseph Conrad, il cui senso è svelato nel finale) la traccia investigativa, giornalistica, caratteristica suoi lavori precedenti, ha uno spazio meno preponderante.
I premiati
Leone d’Argento e Gran Premio della Giuria per “Saint Omer“, opera prima della regista francese Alice Diop. La storia emozionante del processo per un infanticidio commesso da una migrante disperata.
Un successo anche per l’Italia: Leone d’Argento, Premio per la Miglior Regia, a Luca Guadagnino (51 anni) per il suo film italo-americano “Bones and all“.
L’attrice australiana Cate Blanchett (53 anni) ha vinto la Coppa Volpi per la miglior interpretazione femminile nei panni di una direttrice d’orchestra in “Tár” di Todd Field.
Miglior attore, l’irlandese Colin Farrell (46 anni), per aver interpretato un uomo che ha rotto con il suo miglior amico di lunga data in “The Banshees of Inisherin” (“Gli spiriti dell’isola”) di Martin McDonagh, che ha vinto anche il premio per la Miglior Sceneggiatura.
13 minuti di applausi, per il film, durante la proiezione a Venezia.
Un film tutto irlandese, ambientato in Irlanda, con tradizioni e scontri familiari tipicamente irlandesi.
Il premio speciale della giuria – presieduta dall’attrice Julianne Moore – è stato assegnato al regista Jafar Panahi, attualmente in carcere in Iran, per il suo nuovo film “No Bears” (“Gli orsi non esistono”).
Il regista iraniano è stato condannato a luglio ad una pena detentiva di sei anni.
Il mondo del cinema, anche a Venezia, si è rivolto nuovamente al regime di Teheran, chiedendo la liberazione di Jafar Panahi.
Fonte https://www.mymovies.it/film/2022/all-the-beauty-and-the-bloodshed/