“Abbiamo il nostro sogno e il nostro proprio compito. Noi siamo con l’Europa, ma non dell’Europa. Siamo collegati, ma non mescolati. Siamo interessati e associati ma non assorbiti”. Sembrano riecheggiare così le parole pronunciate da Winston Churchill nel lontano 1930 mentre Boris Johnson, uno dei suoi più grandi estimatori, ottiene con 364 seggi la tanto agognata maggioranza assoluta.
Il red wall laburista è stato abbattuto, Jeremy Corbyn ha perso ben 42 seggi rispetto alla legislazione precedente. Una vera e propria débâcle per il leader laburista, il cui partito ha ottenuto il peggior risultato dal 1935. Sono venute meno alcune roccaforti del Nord come Workington e Darlington, seggi tradizionalmente laburisti, in cui Corbyn ha perso rispettivamente 11,9 e 10,1 punti percentuale rispetto alle elezioni precedenti. Anche la Blyth Valley, indipendente o laburista dal 1950, non è più rossa.
Iò Labour Party ha perso, qui, ben 15 punti: cinque sono andati al Partito Conservatore, che ha fatto suo il seggio, e ben otto al Brexit Party di Farage. La vittoria di Johnson era stata vaticinata nei giorni passati, ma non si credeva che avrebbe ottenuto un tale successo. Come ha titolato il The Sun per il labour è stato un vero e proprio Nightmare before Christmas che sarà difficile dimenticare.
La campagna elettorale di Corbyn impostata su un programma radicale di nazionalizzazione dei servizi pubblici e di ampi investimenti statali non ha convinto, come avrebbe dovuto, gli elettori. Mentre il mantra di BoJo “Let’s get Brexit done” è uscito vincitore dalle urne. Bisogna tener presente che queste elezioni sono state considerate, da gran parte dell’elettorato inglese, come un secondo Referendum.
E che soltanto Johnson ha espresso in maniera chiara la sua posizione sulla Brexit, ovvero rispetto della volontà popolare e uscita in breve tempo dall’Unione Europea. Corbyn, invece, ha mantenuto sempre un atteggiamento ambiguo. La proposta laburista di ottenere un nuovo accordo per poi inserirlo in un secondo Referendum insieme all’opzione di rimanere nell’UE non è stata premiata dall’elettorato. Così come non è stata premiata Bo Swinson, paladina antibrexit che, dopo aver perso il proprio seggio nel Dunbartonshire orientale, si è dimessa da leader del partito Liber Democratico.
L’unico partito contrario alla Brexit che riesce ad avanzare è quello Indipendentista scozzese, che ottiene ben 48 seggi su 59 disponibili. La leader Nicola Sturgeon ha dichiarato che Boris Johnson non ha altra scelta che concedere alla Scozia un secondo Referendum sull’Indipendenza. Una proposta che BoJo difficilmente accetterà dato che durante tutta la campagna elettorale ha promesso di evitare una uscita della Scozia dal Regno Unito.
Per il momento Johnson può godersi la sua vittoria: il Regno Unito saluterà l’Unione Europea entro il 31 Gennaio 2020, data in cui il Primo Ministro avvierà le trattative per definire i rapporti futuri con l’Unione. Il percorso non si è ancora concluso e il destino che attende la terra di Sua Maestà è ancora incerto. Come sosteneva Dean Acheson, segretario di Stato americano nel 1962: “La Gran Bretagna ha perso un impero e non ha ancora trovato un ruolo”. Mai come ora queste parole risuonano vere.