Concentriamoci sulla bellezza. Con cui, nella storia dell’arte è stata raccontata la nascita di Gesù. 1 Giotto ha rappresentato la Natività di Gesù fra il 1303 e il 1305, sulla parete dell’incantevole Cappella degli Scrovegni a Padova. L’opera fa parte delle Storie di Gesù del registro centrale superiore e commuove per la sua delicata semplicità. Maria è distesa su un declivio roccioso, coperto da una struttura lignea, e adagia Gesù nella mangiatoia con delicatezza materna. Giuseppe sta accovacciato in basso, dormiente, mentre un angelo istruisce due pastori sull’incredibile fatto di cui sono testimoni.
2. Il dipinto di Gentile da Fabriano, pur essendo tecnicamente una Adorazione dei Magi (perciò più legato all’Epifania) rappresenta un lavoro incredibile, sia per la ricchezza dei materiali, sia per la quantità di personaggi, sia per dettagli e ambienti coinvolti nel racconto. Fu commissionato nel 1420 da Palla Strozzi, l’uomo più facoltoso di Firenze, e la ricchezza è documentata, oltre che dal dipinto, anche dal conto pagato all’artista: 150 fiorini d’oro. In realtà le “bassezze” economiche nulla tolgono alla meraviglia che la pala di Gentile suscita in chi l’ammira. Un turbinio, una folla preziosa di persone e animali che si accalca dietro i magi mentre questi porgono i loro doni alla madonna e al nuovo Re.
3. Qualche decennio dopo, nel 1481, i monaci di San Donato a Scopeto commissionano a Leonardo da Vinci un’Adorazione dei Magi da completare nel giro di due anni. Quel quadro non viene mai terminato ma nell’incipit all’opera che il genio toscano lasciò ai posteri si possono scorgere tutti i tratti di una rivoluzione del tema, dall’iconografia all’impostazione compositiva. L’artista pone al centro la figura di Maria con il Bambino che, alzando la mano, benedice i magi e rivela la sua natura divina agli astanti quale portatore di Salvezza secondo il significato originario del termine “epifania” (“manifestazione”). A questo gesto risponde la reazione dei presenti, che si muovono stupiti e paiono mormorare e agitarsi, abbandonando il composto corteo che aveva caratterizzato le rappresentazioni del genere fino a quel momento.
4. Lorenzo Lotto dipinge nel 1523 una piccola tavola (appena 46×36 cm) raffigurante la Natività, conservata alla National Gallery di Washington. Un’immagine classica, che per la prima volta mostra Giuseppe non in disparte, né assonnato, ma realmente emozionato dal suo essere padre. La Sacra Famiglia a cui pensa Lotto è unita nella felicità del momento, seppur il crocefisso sulla parete a sinistra preannunci il doloroso futuro del Bambino.
5. Anche Caravaggio, sempre in fuga, dipinse una natività, che al suo tempo, diventò un mito. Si tratta dell’opera Natività con i Santi Lorenzo e Francesco d’Assisi che fu trafugata la notte tra il 17 e il 18 ottobre 1969 dall’Oratorio di San Lorenzo a Palermo e non fu mai più recuperato. Si pensa che il furto sia stato commissionato dalla Mafia siciliana, anche per le numerose e infruttuose testimonianze rese dai pentiti che, a ondate alterne, ne hanno dichiarato la distruzione per cause davvero poco realistiche. Così, rimane solo la fotografia di questo bellissimo dipinto, che è uno dei più ricercati al mondo, in cui ogni personaggio è colto in un atteggiamento spontaneo, mentre la scena è carica di una tensione luminosa. San Giuseppe è molto più giovane rispetto all’iconografia tradizionale, presentato di spalle e avvolto in uno strano manto verde. La Madonna ha le sembianze di una donna comune e un aspetto estremamente malinconico; sembra già consapevole che questo figlio dovrà presto allontanarsi da lei.
6. C’è tutta la poesia del giorno di Natale e della notte in cui si attende il Salvatore nell’opera dell’artista bolognese Guido Reni. La sua scena è letteralmente illuminata da questo Bambino, la cui luce calda e avvolgente rischiara tutti i coloro che si sono riuniti attorno alla piccola culla improvvisata per rendergli omaggio. L’incanto delicato dei colori, la serena gioia dei volti e la scelta compositiva che ci pone a osservare la scena leggermente dall’alto, come se fossimo noi uno degli angeli presenti, fa sì che quest’opera diventi un modello iconografico per le rappresentazioni più moderne.
7. La Natività è un’opera realizzata agli inizi del secolo scorso da Marc Chagall, un artista nato nel 1887 in Bielorussia (allora inclusa nell’Impero Russo), in una famiglia di cultura e religione ebraica. È a Parigi che Chagall scopre il repertorio di immagini cristiane, che vedeva in gran copia nei musei e nelle chiese. Ed è così che incontra l’“ebreo” Cristo e tutto quello che da lui è derivato. Le sue tele si riempiono, perciò, di simboli attinti con libertà dalla tradizione iconografica narrativa cristiana e da quella simbolista ebraica.
8. Forse l’opera più importante che omaggia la nascita di Gesù, e la nuova famiglia di Giuseppe e Maria, è il Tempio Espiatorio della Sacra Famiglia o più semplicemente Sagrada Família, a Barcellona. La Basilica è stata progettata dall’architetto catalano Antoni Gaudí e non è ancora terminata. Gaudí le dedicò interamente gli ultimi 15 anni della sua vita e, secondo gli auspici del comitato promotore, l’opera potrebbe essere completata, nella migliore delle ipotesi, per il 2026, a 144 anni dalla posa della prima pietra.
9. a Natività mistica è un’opera di difficile interpretazione, poiché esclude ogni elemento dell’iconografia tradizionale. Infatti, esso combina la nascita di Gesù, come narrato nel Nuovo Testamento con una visione della sua seconda venuta come promesso nell’Apocalisse: il ritorno di Gesù Cristo sulla terra, che avrebbe segnato la fine del mondo e la riconciliazione dei cristiani devoti con Dio.
La promessa di amore e pace incarnata nell’Avvento, è evocata dal pittore in evidente rapporto con i “torbidi” di cui parla la criptica iscrizione in greco sul bordo superiore del dipinto. Infatti, la Natività appare carica delle inquietudini del momento storico in cui fu eseguita, i “torbidi d’Italia” a cui allude l’artista nell’epigrafe:
la morte di Lorenzo il Magnifico, nel 1492, aveva scatenato a Firenze un’aspra lotta per il potere e l’ascesa di Girolamo Savonarola (1452 – 1498);
le campagne militari di Cesare Borgia (1475 – 1507), luogotenente del re di Francia, Luigi XII (1462 – 1515), contro Rimini, Ravenna, Cervia, Faenza e Pesaro (1500 – 1502), che assediando Faenza (1501), minacciava direttamente anche la Toscana;
l’espansione turca. (Da Wikipedia)
10. Il dipinto Natività con i santi Elisabetta e Giovannino risente fortemente dell’influenza di Leonardo da Vinci, dal quale il Correggio riprese non soltanto la tecnica dello sfumato, applicata soprattutto sui personaggi, ma anche la prospettiva aerea che qui si risolve in un’aria fresca e sottile che fa stormire le fronde degli alberi (le vediamo muoversi sullo sfondo) e riempie il cielo di nubi sottili, mentre in lontananza già si vedono i bagliori dell’alba. Il fatto che san Giuseppe stia dormendo appoggiato a una sella è un riferimento alla fuga in Egitto: secondo il racconto evangelico, infatti, sarebbe stato avvisato da un angelo in sogno, che gli avrebbe raccomandato di recarsi in Egitto per far sì che Gesù sfuggisse alla strage degli innocenti. Lo scorcio del Bambino invece potrebbe richiamare (anche a livello simbolico) il Cristo morto del Mantegna, principale punto di riferimento del Correggio in età giovanile.
11. Sull’opera Natività Allendale, o Adorazione Beaumont, o L’adorazione dei pastori, è un dipinto autografo del Giorgione, realizzato con tecnica ad olio su tavola, presumibilmente intorno al 1505, misura 89 x 111,5 cm. ed è custodito nella National Gallery di Washington.
Anche in questa tavola i personaggi della tradizione evangelica sono raffigurati all’esterno (qui, dinnanzi ad una grotta naturale) in una paesaggistica prettamente “veneta”, dove non mancano armoniosi effetti luministici del tipo crepuscolare. Alcune piccole figure si intravedono nel fondo, come quella assisa dinnanzi alla grande entrata di un edificio con un caratteristico tetto, o quella di un fanciullo che si diverte aggrappandosi al tronco dell’albero ubicato al centro, alle spalle del pastore in piedi.
Gli studiosi moderni di Storia dell’arte tendono ad identificare l’opera in esame nella “Notte” (“Nocte” di casa Beccare), citata da T. Albano in una missiva, del 7 novembre 1510, inviata ad Isabella Gonzaga, nella quale rispondeva alle richieste della marchesa circa la “Nocte” di un pittore morto da poco tempo, confermandone la morte.
12. L’Altare Paumgartner è un dipinto a olio su tavola di legno di tiglio di Albrecht Dürer, databile al 1496-1504 circa e conservato nell’Alte Pinakothek di Monaco di Baviera. È la più grande pala d’altare dell’artista. Il pannello centrale mostra l’Adorazione del Bambino, affiancata con due pannelli di santi cavalieri a tutta figura: a sinistra San Giorgio, col vessillo crociato e con il drago dalla testa mozza, a destra Sant’Eustachio, nella cui bandiera si vede la miracolosa apparizione a cui assistette durante una caccia, un crocifisso tra le corna di un cervo. Siccome le tavole laterali erano chiudibili, secondo la tradizione nordica, il pittore fece anche due rappresentazioni a monocromo sul resto degli sportelli laterali, di cui però resta oggi solo una Vergine annunciata; l’Angelo annunciante, che completava un’Annunciazione, è perduto. Esistevano inoltre altri scomparti fissi con le immagini di Santa Barbara e Santa Caterina, perduti. Il suggerimento dei committenti dovette contribuire in modo determinante a creare quel disequilibrio formale che l’altare ha quando le ali sono aperte, essendo le due figure di santi dipinte a grandezza quasi naturale e non proporzionate alle figure della tavola centrale che sono in scala più ridotta.
13. Adorazione dei pastori di Mantegna. La scena è ambientata all’aperto, con la Madonna al centro che adora il Bambino inginocchiata su un gradino di pietra, mentre a sinistra san Giuseppe dorme e a sinistra due pastori si inarcano in preghiera. Il sonno di san Giuseppe rappresentato in disparte, ricorda la sua funzione esclusivamente di custode della Vergine e del Bambino. Il colloquio tra Vergine e Bambino, circondati da angioletti che solennizzano l’evento, è caratterizzato da una notevole intimità. Gesù è sapientemente raffigurato di scorcio, un tipo di veduta virtuosistica che ricorre nella produzione di Mantegna.
All’estremità sinistra si trova un giardino recintato (riferimento all’hortus conclusus che simboleggia la verginità di Maria), da cui si affaccia il bue, e alcune assi che fanno immaginare la capanna dove è avvenuta la natività. A destra è protagonista l’ampio paesaggio, che si apre in profondità, incorniciato da due montagne fatte di rocce a picco. In lontananza, a destra, si vedono altri pastori (uno sta accorrendo a rendere omaggio al Bambino) e un grande albero che sembra ricordare la forma della Croce del Calvario, presagendo la Passione di Cristo.
Fonti:
http://www.bergamopost.it/da-vedere/quadri-raccontano-nascita-gesu-bambino/