Nelle ultime pagine di Mito e realtà, il celebre antropologo rumeno Mircea Eliade constatava la sopravvivenza di strutture mitiche nell’immaginario e nel contegno imposti alla collettività dai moderni mass-media (cinema, fumetti, romanzi di avventura): personaggi che presentavano la versione moderna di eroi mitologici o folkloristici incarnavano a tal punto l’ideale di una gran parte della società che gli eventuali “ritocchi” apportati alle loro figure provocavano vere crisi nei lettori e negli spettatori. A proposito di fantastico, segnaliamo la recente riedizione de Il vascello di Ishtar, una delle fiabe più vivaci e fantasiose di Abraham Merritt, apparsa per la prima volta nel 1924 sulle pagine della rivista americana Argosy, come narrazione seriale in sei episodi; questi ultimi furono poi raccolti in un unico volume pubblicato nel 1926, in una forma abbreviata, cancellando alcuni capitoli e riordinando il testo. Ad essere riproposta oggi dall’editore Il Palindromo è la prima versione del romanzo, pubblicata a puntate, con una nuova traduzione di Giuseppe Aguanno. Inoltre, viene rilanciata l’introduzione di Gianfranco de Turris e Sebastiano Fusco all’edizione del 1978, con l’aggiunta di un glossario mitologico. In appendice, troviamo le splendide illustrazioni realizzate da Virgil Finlay, apparse sui pulp magazine dell’epoca, un saggio di Andrea Scarabelli, un’approfondita biografia dell’autore a cura di Maria Ceraso e un’aggiornata bibliografia italiana.
Read More »Profetico Boccioni, movimentista, fulcro propositivo dell’indirizzo futurista nel poderoso studio di Roberto Floreani ‘Umberto Boccioni Arte-Vita’
«Verrà un tempo in cui il quadro non basterà più: la sua immobilità sarà un anacronismo col movimento vertiginoso della vita umana. L’occhio dell’uomo percepirà i colori come sentimenti in sé: i colori moltiplicati non avranno bisogno di forme per essere compresi, e le opere pittoriche saranno emanazioni luminose, gas colorati, che sulla scena d’un libero orizzonte commuoveranno ed elettrizzeranno l’anima complessa d’una folla che non possiamo ancora concepire». Questa precisa raffigurazione dello scenario artistico moderno viene da un nostro eccellente contemporaneo: Umberto Boccioni. Un contemporaneo dello spirito, un autore postumo a se stesso, per dirla con l’amato Nietzsche, una cartina tornasole della modernità e delle sue contraddizioni. A offrire una lucida esegesi di questo gigante dell’Avanguardia interviene il poderoso studio di Roberto Floreani, Umberto Boccioni Arte-Vita (Electa Mondadori, Milano 2017).
Read More »Ricordando Lucio Dalla, fautore del pop d’autore apprezzato da milioni di appassionati, a sei anni dalla sua scomparsa
Nato, come è ben noto a tutti, il 4 marzo del 1943- un giorno prima di un altro immenso Lucio, quel Battisti così lontano e vicino dal ragno di Bologna- Lucio Dalla rimane quasi subito orfano di padre. Figlio unico, cresce con la madre a Bologna. Questa donna, Jole Melotti, avrà un ruolo centrale nella sua vita. A detta dello stesso Dalla infatti è stata lei a convincerlo della sua genialità, a fare da agente, sponsor e talent Scout ante litteram. Dopo un fulmineo percorso da autodidatta, Lucio, profondamente insofferente alla scuola, già a 17 anni è a Roma a fare musica. Affascinato dai ritmi del Jazz nero americano Dalla inizia a suonare il clarinetto. Appassionato di tutti i grandi del genere, da Chet Baker a Miles Davis, il musicista da cui trae maggiormente ispirazione è Thelonious Monk, un rivoluzionario pianista statunitense a cui Lucio, nelle varie interviste rilasciate negli anni, non smetterà mai di fare riferimento. Si sente artista Dalla: ha poco a che fare con la canzonette all’Italiana, il cui panorama dell’epoca, ancora spoglio della stagione dell’impegno degli anni settanta, è dominato da campioni del nazional-popolare come Claudio Villa, da miti mediterranei della canzone “confidenziale” alla Fred Bongusto, il tutto avvolto nell’eco “Sinatriano” di Fred Buscaglione, scomparso prematuramente nel 1960. Un mondo lontano dalle sensibilità del futuro cantautore bolognese, musicista nel senso più pieno del termine.
Read More »Per un razionalismo postilluministico: Dipesh Chakrabarty e la necessità di ripensare la storia
Il pensiero europeo uscito dalla cristianità medievale e tuffatosi nell’Illuminismo più audace si è fin da subito trovato di fronte a una sfida tuttora insoluta, la possibilità di pensare l’universale senza poter più contare su un quadro di riferimento religioso e tradizionale, e dunque, per definizione, assoluto. Le costruzioni del pensiero post-cristiano hanno progressivamente enfatizzato oltremodo il ruolo della ragione fino a eleggerla ad arbitro assoluto di qualsiasi disputa, sia teoretica che pratica. Tutta la modernità si definisce in relazione a una simile impresa. L’universale, pertanto, si presta, a tutt’oggi, come raggiungibile solamente per il tramite di una ragione secolarizzata e disincantata. Neanche il campo di studi delle scienze umane è rimasto impermeabile a una simile impostazione epistemologica, e i suoi concetti avanzano parimenti una presunzione di universalità, nella pretesa di categorizzare rigidamente l’umano in nozioni rigorose e date una volta per tutte, nonché trasparenti a una ragione immune da suggestioni spirituali e metafisiche. In questo quadro, la narrazione storica stessa, sia essa basata su una visione teleologica (il progresso) o semplicemente su un’idea di sviluppo (lo storicismo), acquista un significato specifico, divenendo uno dei principali alleati dell’Illuminismo nella lotta contro la superstizione e nel raggiungimento dell’universale.
Read More »Tony Iwobi e il razzismo degli antirazzisti, ipocriti quanto l’ideologia che sostengono
Un giovane nigeriano proveniente da una famiglia modesta giugne in Italia nel 1976 con un permesso di soggiorno per motivi di studio. È uno dei primi immigrati provenienti dall’Africa nera a giungere nel Bel paese, all’epoca sull’orlo di una guerra civile, dilaniato da attentati, violenze e manifestazioni squadriste da parte dell’estrema destra e dell’estrema sinistra. Testardaggine, volontà di emancipazione e di riscatto sociale e tanta ambizione, questi i moventi che spingono il giovane Tony Chike Iwobi a svolgere qualsiasi lavoro, muratore, stalliere e idraulico, pur avendo in mano una laurea in Scienze informatiche conseguita negli Stati Uniti. Si trasferisce nel profondo settentrione, nella provincia di Bergamo, dove viene assunto dall’Amsa in qualità di operatore ecologico, ma pochi mesi dopo viene promosso agli uffici divenendo impiegato. Cambia tanti lavori, non più umili, ricoprendo mansioni di responsabilità presso aziende italiane e svizzere, continuando allo stesso tempo ad arricchire il suo profilo lavorativo con corsi di specializzazione seguiti in Italia e all’estero.
Read More »‘Di un’ingannevole bellezza. Le ‘cose’ dell’arte’, l’aporeticità dell’arte secondo il filosofo teoretico Massimo Donà
Per troppo tempo la filosofia italiana, ancora nella seconda metà del secolo XX, ha patito giudizi ingenerosi indotti dalla vulgata diffusa dalla cultura neo-azionista, stando alla quale, a causa dell’egemonia neo-idealista nella prima metà del secolo ‘breve’, il sapere teoretico del nostro paese sarebbe stato connotato da un tratto provinciale e da marginalità speculativa. In seguito, data la marcia trionfale dell’analitica anglosassone, la speculazione italiana, nonostante qualche nome di prestigio, non sarebbe stata più in grado di colmare il gap d’origine. Non si tratta qui di voler proclamare primati, ma ci pare indubitabile, alla luce del dibattito in corso in tema, che lo schema storiografico esposto, sia infondato e fuorviante. Attorno ai grandi nomi del pensiero italiano del secondo Novecento si sono formate vere e proprie scuole che, sia pur il più delle volte controcorrente rispetto all’indirizzo generale del pensiero europeo, hanno dato ottima prova di sé. Basti qui fare, tra gli altri, i soli nomi di Luigi Pareyson, Emanuele Severino e Massimo Cacciari. Tra i filosofi italiani contemporanei Massimo Donà occupa un posto di rilievo. Egli si è formato dapprima con Severino e, successivamente, con Cacciari, Vitiello e Sini. Sta perseguendo, con coerenza, un percorso teoretico originale e fuori dal coro. Nella sua ultima pubblicazione, Di un’ingannevole bellezza. Le ‘cose’ dell’arte, edita da Bompiani, riapre la discussione sul tema che ha presentato in Teomorfica. Sistema di estetica, uscito nel 2015 per i tipi dello stesso editore milanese.
Read More »‘San Tommaso d’Aquino’ di Chesterton: chiarimenti di alcuni equivoci sul tomismo che hanno compromesso la reputazione del cristianesimo in Europa
Chesterton scrisse quest’opera nel 1933, quando la crisi del ’29 ancora dava i suoi tremendi colpi al mondo anglosassone ed americano e nell’anno in cui Hitler vinceva le elezioni in Germania. Qualche anno prima si era cimentato nella agiografia di San Francesco, che era stata l’opera prima dopo la sua conversione al cattolicesimo. L’opera su San Tommaso è breve ma densissima, complicata ma a tratti di vera genialità, tant’è che riscosse la stupefatta ammirazione di tomisti di lungo corso e di chiara autorevolezza, come Jacques Maritain e Anton C. Pegis. Perché quest’opera è così importante? Come si riallaccia al discorso sulla riscossa europea grazie alla rinascita della Fede cristiana? In che modo quest’opera ha a che fare con la convinzione che la Fede cristiana possa tornare ad essere cardine e fondamento della civiltà europea, e non soltanto un orpello vuoto al servizio dei politicanti, come lo è stato quasi sempre nell’ultimo secolo? Perché Chesterton parlando di Tommaso parla del tomismo, e chiarendo alcuni equivoci sul tomismo chiarisce alcuni equivoci che hanno compromesso moltissimo la reputazione del cristianesimo in Europa, che si sono annidati come pregiudizi e si sono insidiati nella mentalità condivisa. Quello di Chesterton è più di una biografia di Tommaso: è un libro fondamentale (definitivo, dice Luigi Negri nella prefazione) sul cattolicesimo, su cosa sia e cosa debba rappresentare, lontano dalle mistificazioni e dagli equivoci che l’hanno screditato negli ultimi secoli. In realtà l’opera di Chesterton parte dalla vita di Tommaso, così densa di pensieri ma relativamente povera di fatti, per approdare ad una disamina, breve e folgorante, della dottrina tomista. Il racconto della sua vita sfocia nell’incontro con la sua opera, perché l’uomo fu tutto devoto all’opera, alla sua missione per conto di Dio: rendere giustizia al tomismo è il modo migliore di omaggiare la vita di San Tommaso.
Read More »La notte degi Oscar tra femminismo d’accatto, propaganda e opposti moralismi
Mentre qui in Italia si consumava l’ultimo atto della folcloristica parata elettorale, con i cittadini in fila alle cabine di voto, oltre oceano, anzi, sulle rive dell’opposto oceano, il Pacifico, il 4 marzo andava in scena la non meno stucchevole parata degli Oscar. Non è nostra intenzione scadere nell’antiamericanismo d’accatto solo per acciuffare qualche plauso. D’altro canto, l’indifferenza o il non prestare la dovuta attenzione ad un fenomeno che si vorrebbe relegare nella cronaca di costume e spettacolo è ancor più sciocco e segno di profonda cecità. La democrazia liberale coltiva le sue gioiose vittime in molti modi. Anch’essa, sebbene in maniera più subdola rispetto ai regimi totalitari si regge e alimenta attraverso la propaganda. Il consenso è lo sgabello ai suoi piedi. Laddove non sia già pronto, utilizza ogni stratagemma per procurarselo. Lo fa certo nei comizi o dibattiti politici dove ha imparato a soppesare ogni parola. E se qualcosa malauguratamente sfugge dalle labbra poco attente, allora poi è sufficiente ritrattare non appena si intuisce il vacillare della popolarità. Ciò che conta non è più, in effetti, quello che si dice, ma il come esso viene detto. Misteri ultimi della più avanzata fra le scienze, o forse dovremmo dire fra le arti illiberali: la comunicazione.
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