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Il miglior scrittore del 2020? Guido Morselli, autore di ‘Dissipatio H.G.’, che ha descritto il nostro futuro prossimo

Guido Morselli è un miracolo e una condanna. Trascina con sé, sempre, una ossessione alla gloria estrema e all’estremo sacrificio. Il primo servizio dell’anno il “New Yorker” – rivista che più autorevole, autoritaria e aristocratica non si può – lo dedica a “The Italian Novelist who Envisioned a World Without Humanity”. 

Il testo è di Alejandro Chacoff; di fatto, Morselli è consacrato dal magazine americano come lo scrittore dell’anno, lo scrittore totalmente postumo che ha descritto il nostro futuro prossimo. “Solo un sommo esperto in solitudine – artistica, fisica, emotiva – avrebbe potuto scrivere un libro così spietatamente realistico su una catastrofe desolante, nella sua strana miscela di ansia e di noia.

Un’esperienza così radicale, infine, ha un prezzo”, scrive l’estasiato recensore. “Dissipatio H.G.” è stato pubblicato in dicembre da New York Review Books; ne hanno parlato tutti negli Usa, eleggendo quel romanzo a una specie di remoto culto. Il caso è serpentino: negli Usa ha vissuto pressoché tutta la vita il fratello di Guido Morselli, Mario, che oggi, fosse vivo, gioirebbe di questa inattesa fama. Si diceva, appunto, del sacrificio estremo e di una sorta di condanna.

La traduttrice americana di Morselli, Frederika Randall – che ha firmato anche l’introduzione al libro – è morta, in maggio, senza assistere al successo della sua fatica. Per inquadrare la ‘vicenda Morselli’, la storia di un genio conturbante, abbiamo chiesto un pensiero a Linda Terziroli, massima studiosa di Morselli in Italia, sua biografa(“Un pacchetto di Gauloises. Una biografia di Guido Morselli” è edito da Castelvecchi nel 2019).

Morselli per tutta la vita fu rifiutato dagli editori. Dissipatio è un testo estremamente lirico, molto vicino al filone filosofico del ‘700; si tratta di un delirio solipsistico e sicuramente Shiel ha contribuito alla costruzione di questo testo, in cui aleggiano sia Leopardi che Beckett. 

Per Morselli tutto è creazione o iificazione. La teoria soggettivista del sentimento come iificazione dell’oggetto (in amore, come in arte) è forse uno degli aspetti piú significativi della filosofia di Sereno, e costituisce il cuore del volume nel Dialogo VI del saggio Realismo e fantasia. Alla base della libera attività creativa e immaginativa ci sarebbe sempre un moto dell’animo, un’impressione incisa sul sentimento, la quale collega strettamente la funzione sensibile con quella affettiva. L’arte sarebbe in intimo rapporto con tale fenomeno; tradotto nella genesi dell’esperienza estetica, esso conferma la natura sentimentale dell’intuizione poetica, della ispirazione, che altro non sarebbe se non
un sentire le cose e gli esseri animati del nostro stesso sentimento: «Sentimento che ci avvince all’oggetto con un legame affine a quello amoroso». Non è difficile avvertirvi echi proustiani; del resto si muove tra Proust e Amiel il primo nucleo compositivo di Uomini e amori, romanzo d’esordio, non pienamente riuscito (anzi quasi sconfessato), e iniziato – come il presente saggio – in Calabria.

Dicono che, un pomeriggio, la fondina della sua pistola sia caduta, con un tonfo sordo, sul pavimento. Stavano spostando la scrivania quando, improvvisamente, la pistola di Guido Morselli è scivolata giù, dal retro di un cassetto. L’impressione, tra i presenti, è stata fortissima. Ma la fondina che, come un abito aveva fasciato la sua pistola per una vita, era vuota, deserta. Nessuno sa che fine abbia fatto la sua Browning 7,65. La ragazza dall’occhio nero, protagonista dei suoi romanzi. Non ho mai trovato il coraggio di fare questa domanda a Mario Morselli, il fratello di Guido, che viveva immerso nel freddo Vermont, vicino al Canada.

Quando la fondina è caduta sul pavimento, un silenzio tragico e pieno di parole ha colpito, in piena faccia, i familiari. Guido Morselli si era tolto la vita quella notte tra il 31 e il primo agosto del 1973, nella casettina dei custodi della villa Morselli di via Limido, a Varese. E ora, improvvisamente, la custodia della rivoltella era capace di un tale fragore nel cuore dei cari. Che, ormai, si sono abituati alle sue sorprese. Alle sue stranezze. Guido Morselli era, del resto, un originale, anzi un originalone. Poteva dare un appuntamento e non presentarsi. Arrivava puntualmente in ritardo a pranzo, a Milano, sottraendo il piatto da sotto il naso di suo padre Giovanni, che non doveva mangiare così tanto. Aveva imparato a guidare l’automobile a quindici anni. Il giorno che si è messo a guidarla di nascosto, suo padre è andato su tutte le furie. Ma le sorprese di Guido Morselli sono continuate anche dopo la sua morte.

La dissipazione del genere umano. Negli States, nel 2017, è uscito The Communist (Il comunista, appunto) nella sua traduzione (e l’Introduzione di Elisabeth McKenzie) per la collana di classici della New York Review Books. Frederika Randall aveva concluso, ormai da un pezzo, la traduzione di Dissipatio H.G. in inglese e ne aveva scritto l’Introduzione. Sarebbe uscito, in teoria, il primo dicembre di quest’anno. Entrambe scorgevamo un’altra profezia. Lei scriveva (era il 23 aprile): “Sono impaziente anch’io ma non c’è niente da fare, non c’è modo di anticipare la pubblicazione”. Con la pandemia si sarebbe accumulato ulteriore ritardo.

Guido Morselli era “un uomo difficile, ma non privo di qualità umane”. La traduttrice lo conosceva attraverso i suoi libri, in virtù di quella difficile conoscenza che è l’arte della traduzione letteraria. La traduttrice è mancata il 12 maggio di quest’anno. Ha salutato dal cielo la pubblicazione di Dissipatio H.G. in terra americana. Il libro è uscito lo scorso dicembre. Orfano due volte, dell’autore come della sua traduttrice. Il pacchetto di Gauloises è finito. Frederika Randall teneva sulla scrivania una foto di Guido Morselli.

«Sono orgoglioso di sentirmi un riepilogo di uomini», annotò Morselli nel suo Diario: ecco, nella capacità di vivere, sperimentare e raccontare una molteplicità di esperienze e di individui, nella possibilità di viaggiare nel passato e nel futuro, è il marchio di fabbrica della scrittura morselliana: pulita, trasparente, dalla parola pertinente, ma lieve. Scrittura che non valse a salvargli la vita; in una nota del Diario datata 6 novembre 1959, il bilancio era già ampiamente negativo:

«Tutto è inutile. Ho lavorato senza mai un risultato; ho oziato, la mia vita si è svolta nella identica maniera. Ho pregato, non ho ottenuto nulla; ho bestemmiato, non ho ottenuto nulla. Sono stato egoista sino a dimenticarmi dell’esistenza degli altri; nulla è cambiato né in me né intorno a me. Ho amato, sino a dimenticarmi di me stesso; nulla è cambiato in me né intorno a me. Ho fatto qualche poco di bene, non sono stato compensato; ho fatto del male, non sono stato punito. Tutto è ugualmente inutile».

 

Fonte; Linda Terziroli

About Annalina Grasso

Giornalista, social media manager e blogger campana. Laureata in lettere e filologia, master in arte. Amo il cinema, l'arte, la musica, la letteratura, in particolare quella russa, francese e italiana. Collaboro con L'Identità, exlibris e Sharing TV

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