Al primo e superficiale sguardo che cade sul piccolo Il peso della farfalla (2009), di Erri De Luca, ciò che automaticamente accade, ad un livello più o meno conscio della mente, sarà l’applicazione di svariate etichette quali “libretto”, “storia leggera”, “libricino”, “sotto all’ombrellone”, “davanti al camino”. In qualche modo, l’apparenza indurrà il cervello impreparato a sottovalutare l’opera che si trova davanti. Si verrà indotti a crederlo una specie di opera minore dello scrittore partenopeo Erri de Luca, un elaborato prodotto nei ritagli di tempo tra un articolo e l’altro, tra la pubblicazione di maestose traduzioni bibliche e l’ispirazione che conduce a storici e indimenticabili romanzi. Un errore di valutazione banale, di cui il lettore anche meno esperto o attento si accorgerà in meno di due pagine.
Il peso della farfalla è la storia di un’ascesa e di un declino, l’intrecciarsi unico e irrecuperabile di due vite opposte ma speculari e simili, la storia di due anime libere. Protagonisti un capriolo orfano e maestoso e il cacciatore che lo rese tale; filo conduttore della storia è la lotta della vita, lo scontro finale tra uomo e animale, dopo una vita di battaglie e di rincorse, colme di antico rispetto e basate sull’amore per la vita solitaria e montana.
Due esseri appartenenti a specie diverse, ma accomunate da uno spirito che rifugge la compagnia, e che spinge a preferire l’isolamento freddo dell’inverno, per nascondere i propri segreti di potenza. Il peso della farfalla è un racconto di vite parallele, purtroppo destinate ad uno scontro che distrugge, anziché creare. Una storia che fa riflettere, in un periodo storico in cui cresce sempre più la consapevolezza dell’importanza dell’ambiente ma, con essa, aumenta esponenzialmente anche il distruttivo menefreghismo e la noncuranza dei governi, e delle grandi istituzioni internazionali, che ancora non si spingono a muoversi con gesti decisi e coraggiosi, con atti che possano salvaguardarlo mettendo la parola “fine” a questo capitolo autolesionista della storia umana.
Il piccolo libro è anche uno spunto di riflessione forte anche per l’aspetto del rispetto nei confronti del nemico, dell’avversario. Un rispetto raro, con pochi predecessori. L’esempio più alto e celebre si trova forse in Achille, che concede al vecchio re Priamo, inginocchiato e umanamente sconfitto nella tenda del semidio, di riportare a casa il corpo del figlio da lui assassinato, anziché tenerlo come trofeo di gloria. Un rispetto agli antipodi dell’odio cieco e famoso del capitano Achab che conduce i suoi uomini e la sua nave verso la morte, pur di inseguire un’insensata vendetta contro un animale, la balena, Moby Dick.
Il peso della farfalla è un’opera che non va sottovalutata, questa è la conclusione finale del lettore, che arriverà al punto finale della storia con una velocità disarmante, guidato da una prosa peculiare ed incalzante, che sembra un susseguirsi logico di aforismi, affatto banali, sulla natura, sull’essenza della vita, sul rispetto. Non ci sono capitoli, ma brevi e spezzati paragrafi, in cui si confondono quasi i soggetti, le due anime simili; paragrafi che trascinano il lettore nella vita intrecciata della preda e del cacciatore, fino all’ultimo canto del cigno, fino all’ultimo battito d’ali della farfalla bianca, senza sbilanciarsi in posizioni estremiste, bensì con grande equilibrio ed incanto, con richiami semplici e poetici e per questo meravigliosi e forti alla quotidianità della vita umana.
Consigliato soprattutto a chi ama montagna e conosce le sue leggi e la spietatezza. Un piccolo sussidiario di vita che ci ricorda come uomini e animali siano entrambi il risvolto della stessa medaglia, sebbene De Luca lasci sottointendere (cadendo purtroppo nella frequente retorica antropocentrica di chi pretende di applicare le categorie del bene e del male in natura ) che l’animale è sempre migliore dell’uomo. La natura è profondamente amorale.