“La nobile arte del bluff” di Colson Whitehead è un libro che è stato pubblicato da Einaudi nel 2016, tradotto da Paola Brusasco. La scrittura di questo testo ha assorbito completamente Colson Whitehead. Questo romanzo dello scrittore newyorkese è ben più di un reportage sul mondo del gioco, è uno spaccato autobiografico che affronta una crisi profonda e un’avventura personale molto particolare.
Uno scrittore newyorkese racconta la vita del poker come professione
Colson Whitehead è un grande appassionato di gioco. Per questo, la rivista di giornalismo sportivo “Grantland” gli commissiona un reportage sulle World Series of Poker di Las Vegas. Whitehead è un giocatore dilettante, ma nonostante questo, decide di scrivere il reportage sull’evento partecipando direttamente al torneo. Vuole raccontare l’esperienza dall’interno, prendendo parte ai campionati mondiali del poker. D’altronde, lui gioca a poker da sempre. Ha talento e tutti i suoi amici gli hanno fatto sempre notare che ha una perfetta “poker face”. I suoi tratti sono sfuggenti, le sue espressioni ermetiche e impenetrabili.
È sempre stato una persona molto difficile da interpretare. Whitehead si iscrive al torneo, per accorgersi presto che la sfida è più ardua di quanto avesse mai immaginato. Vincere tornei di poker tra amici non è la stessa cosa che dedicarsi completamente al gioco come professione. Lo scrittore si dedica quindi allo studio e all’allenamento al tavolo verde con grande costanza, praticamente ogni giorno. Assolda un coach personale per migliorare le sue performance, si concentra sullo studio del calcolo delle probabilità. Tutto questo percorso viene raccontato nel libro in modo dettagliato, fornendo uno spaccato unico sul mondo del poker professionale.
La nobile arte del bluff: un libro fuori dalle definizioni
Non è semplice definire questo libro, che non può essere incasellato in un determinato genere letterario. Il racconto biografico romanzato si intreccia costantemente al reportage sportivo. Il gioco del poker è un universo complesso e sfaccettato, con le sue regole e la sua precisa terminologia, che entra a pieno nel gergo dell’autore. Colson Whitehead si esprime spesso con termini e immagini prese apprese direttamente al tavolo verde, o attraverso lo studio di manuali specialistici. Il vocabolario del poker si integra perfettamente in questo esperimento letterario. Addirittura, in alcuni punti il linguaggio potrebbe risultare anche eccessivamente tecnico per chi non chi non conosce il gioco. Proprio per questo, Whitehead aggiunge anche una bibliografia finale, condividendo con i suoi lettori i suoi manuali di poker di riferimento. In questo modo ogni lettore potrà approfondire l’argomento e padroneggiare anche la terminologia specialistica. Questo libro, unico nel suo genere non può assolutamente mancare nella libreria degli appassionati del tavolo verde. Per certi versi, possiamo già considerarlo un libro di culto.
Riflessioni sul bluff: società, dolore esistenziale e autobiografia
Nel libro troviamo un mosaico molto interessante del mondo del poker, in particolare dei soggetti che si dedicano al poker. Leggiamo una descrizione accurata di un ambiente complesso e molto variegato. Si descrivono le vite di giocatori praticamente nomadi, che vivono la loro vita in alberghi a cinque stelle, passando di città in città. Questi alternano momenti di altissima concentrazione e di totale dedizione alla competizione, a momenti di svago, di relax e di sontuosi buffet. Il clima è festoso, all’insegna del consumo: piscine, spa, massaggiatrici. L’autore riflette sull’evoluzione della società e porta la riflessione anche su un piano più prettamente esistenziale e individuale. Whitehead affronta una grossa crisi, la depressione e diverse questioni legate agli affetti.
Colson Whitehead, un talento newyorkese
Arch Colson Chipp Whitehead è nato il 6 novembre del 1969 a New York, a Manhattan. I suoi genitori sono ricchi imprenditori afroamericani. Frequenta la Trinity School di Manhattan e si laurea alla Harvard University. Ha scritto ben otto romanzi, il suo lavoro d’esordio risale al 1990 e si intitola “L’Intuizionista”. Nel 2016 ha pubblicato “Railroad”, vincendo il National Book Award for Fiction nello stesso anno. Nel 2017 vince il premio Pulitzer per la narrativa. Vincerà nuovamente lo stesso premio nel 2020 con il romanzo “I ragazzi della Nickel”. Si è dedicato molto anche alla saggistica, venendo premiato con il MacArthur Genius Grant. Ha pubblicato diversi articoli su riviste come Harper’s, Granta, The New Yorker e The New York Times.