Il 12 settembre del 1919 D’Annunzio guidò un gruppo di militari da Ronchi fino a Fiume. Tra l’inverno e l’estate del 1920 le trattative internazionali portarono ad un compromesso: la città contesa divenne uno stato indipendente. L’8 settembre del 1920 gli uomini di D’Annunzio che occupavano la città la chiamarono “Reggenza italiana del Carnaro”. Con questa istituzione D’Annunzio ottenne il controllo della città. La Reggenza ebbe una costituzione, la Carta del Carnaro, scritta da Alceste de Ambris e rielaborata dal Vate. Questo statuto prevedeva un modello di società utopistico.
L’atmosfera dei ruggenti anni venti rivive nel libro Olocausta di Giuseppe Mastrangelo che si prefigura come un raro esempio di romanzo storico breve italiano contemporaneo.
Il romanzo è ambientato nel periodo storico della conquista e permanenza a Fiume di Gabriele D’Annunzio e della proclamazione della Reggenza del Carnaro. Insieme a figure frutto di immaginazione, quale quella della protagonista, vengono quindi tratteggiati personaggi ed eventi storici reali anche se, ai fini della narrazione, non sempre la biografia delle persone e la cronologia degli eventi corrispondono a come si sono effettivamente svolti.
Il resto è tutto vero. Dal 12 settembre 2019 al 18 gennaio 1921, per la prima e finora unica volta nella storia, un poeta ha guidato una rivoluzione. Una straordinaria avventura che ha visto un popolo e il suo Vate anticipare i costumi di cinquant’anni. In questa città-Stato fu vissuta la prima rivoluzione sessuale della modernità. Un sessantotto sperimentato nei fatti con mezzo secolo di anticipo e dove per la prima volta si imposero realmente i principi della parità dei generi, dell’uguaglianza e del diritto alla felicità, per come codificati nella Carta del Carnaro.
Mastrangelo nel raccontare la sua storia individuale, fa conoscere al lettore un importante pezzo di storia sconosciuto ai più, un significativo esempio di come le idee e i valori democratici possano essere applicati in una comunità. Questo documento è stato un esempio innovativo di come le istituzioni possano essere modellate in modo tale da garantire la massima partecipazione dei cittadini alla vita politica. La Carta del Carnaro è infatti un documento di grande valore storico e culturale, che rimane ancora oggi a testimonianza dei valori della società fiumana, nonché una delle carte costituzionali più interessanti della storia italiana.
Olocausta offre l’occasione all’autore di far comprendere a fondo cosa spinse degli italiani ad aderire alle idee di D’Annunzio tra i promotori di una legge fondamentale aperta e dinamica, poiché, oltre a servire da strumento ordinatore e stabilizzatore della vita sociale, indicava i processi che dovevano ancora essere realizzati.
L’autore mostra come la Costituzione di Fiume può essere intesa come un ordine politico-sociale carente di concretezza sul piano della prassi reale. Lo statuto non solo rispose all’esigenza del suo momento storico, quella di stabilire la struttura dello Stato, la forma di governo, il modo di acquisizione e di esercizio del potere, l’organizzazione dei suoi organi, i limiti di attuazione, i diritti e le garanzie individuali, i fondamenti dei diritti economici, sociali, politici e culturali, ma servì anche come strumento principale della società del futuro.
Mastrangelo epura la vicenda storica da ogni possibile ideologizzazione concentrandosi sull’aspetto sentimentale e sul potere rivoluzionario che la Carta di d’Annunzio a Fiume quando decise di darsi nel 1920, al momento in cui parve necessario a lui e agli altri membri del suo Comando strutturare quel potere nella forma di un nuovo Stato:
«Stamani» proseguì D’Annunzio. «Stamani dopo una notte di veglia stellata, mi rifluivano nel cuore quella freschezza e quella potenza, mentre guardavo entrare nel porto prezioso come una conca di perla la nave carica di frumento condotta dai miei Uscocchi.» E indicò il bastimento su cui tutti si erano fermati nei loro affaccendamenti per ascoltarlo. «Non aveva campane Fiume, da suonare a stormo? Non aveva bande di rondini, da riempire il cielo di strida? Fiume non ha campane e non ha rondini. Ma ha i suoi grandi Alalà. Compagni, abbiamo il nuovo pane. Sembra pane fatto con il frumento di quel solstizio.
L’entusiasmo degli uomini e dell’unica protagonista donna di Olocausta è contagioso, e ci riporta ad un epoca storica dove emerge in tutta la sua chiarezza l’insofferenza per le categorie politiche ottocentesche di destra e sinistra, giudicate superate dai tempi e incapaci di dare effettiva espressione ai bisogni della nuova società di massa. Alla fine dell’Ottocento infatti , dopo che d’Annunzio fu eletto deputato ed entrò in Parlamento sui banchi della destra, già l’anno successivo, dopo l’assassinio del re Umberto I, annunciò la sua conversione politica: d’ora in avanti, disse, sarebbe stato un uomo di sinistra, perché essendo “uomo d’intelletto vado verso la vita”.
Va verso la vita Vittoria, soprannominata Olocausta, che subirà un mutamento radicale, insieme a Guido Keller che crede nel potere delle parole:
«Le parole sono azione, Giovanni» rispose senza alcuna esitazione e sempre sorridendo Keller. «Io ho portato qui a Fiume il più grande parolaio del mondo e solo grazie alle sue parole l’avventura è potuta iniziare e andare avanti. Parole di miele innervate nel ferro dei fucili e nella polvere da sparo delle bombarde. Ma senza le parole né i fucili né le bombarde possono attivarsi.»
Non è un caso che Mastrangelo rappresenti il Vate come un grande affabulatore, capace di incantare le masse grazie alla sua ars oratoria, in modo teatrale, come se stesse seducendo una donna. Se il contesto storico ricostruito è ineccepibile, l’azione viene sovrastata dalle parole proprio in virtù dell’importanza che queste rivestono per D’Annunzio, parole che fondevano insieme Bergson e Nietzsche, vitalismo e nichilismo, e facevano da appoggio ad avanguardie più diverse, ma unite dall’odio per la democrazia.
Una riproposizione in chiave romanzesca della Carta del Carnaro forse trova il suo senso proprio con Mastrangelo: nel suo far emergere in controluce le alternative possibili che sussistevano all’indomani della Grande Guerra, giacché essa è in fondo il lascito più ambizioso di un’impresa, quella di d’Annunzio, che contiene ed esprime un dualismo attualissimo: tra gestione autoritaria e gestione liberale e democratica del potere, tra disconoscimento sostanziale e rispetto puntuale dell’alterità, tra cittadinanza esclusiva e cittadinanza inclusiva.