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‘Pastorale americana’ di Philip Roth. Il grande romanzo americano per eccellenza?

Pastorale Americana è un romanzo di Philip Roth del 1997, uno scrittore statunitense, considerato uno dei più importante scrittori contemporanei. Era nato a Newark, nel New Jersey da una famiglia di origine ebraica. Interessante della sua produzione letteraria è che, i suoi romanzi tendono ad essere autobiografici e, in tal senso, Roth creò una sorta di suo alter ego: Nathan Zuckerman, uno scrittore, come lui, attraverso cui cerca di portare nei suoi libri i profondi problemi della sua comunità, l’America lontana dai riflettori, l’America provinciale fatta di famiglie immigrate.

Vincitore premio Pulitzer per la narrativa 1998, Pastorale e americana, come si sa, è un libro che demolisce ogni stereotipo sulla grandezza dell’America e getta una luce sinistra sui suoi valori fondanti. La guerra, la famiglia, il fanatismo, la crisi, sono raccontati da Philip Roth con profondo acume. Un libro che è stato definito da tutti “Il grande romanzo americano”.

Pastorale americana: trama e contenuti

Il cuore di Pastorale americana è ambientato negli anni ’60, con varie digressioni temporali, e narra la storia di Seymour Levov, detto lo Svedese, un idolo per la comunità della sua città, Newark, la stessa Newark che Philip Roth ben conosceva, abitata da americanizzati figli di immigrati che si sono “spaccati la schiena” cercando di emergere nella terra che doveva dar loro nuove possibilità, l’America, e che realizza quel sogno americano fatto di fatica, impegno ma anche soddisfazioni, almeno apparenti. Lo Svedese è un uomo dall’indole buona, perfettamente realizzato, o almeno cosi appare agli occhi di Nathan Zuckerman, che lo ricorda come il più popolare della sua scuola e un idolo per la comunità di ebrei, il loro orgoglio per i suoi successi sportivi.

Nathan ripercorre i ricordi che ha dello Svedese, ci racconta la sua storia, quella reale, di quando faceva sognare la comunità con i suoi successi sportivi, di quando entrò nei marines e anche di quando, con orgoglio, Levov l’aveva chiamato Skip. Nathan, che andava fiero di quel soprannome, ci racconta di un suo incontro con lo svedese dopo molti anni, un incontro casuale a cui ne seguirà un altro; Nathan viene chiamato dallo stesso Svedese perché, in apparenza, interessato a scrivere un racconto su suo padre chiedendo a Nathan, scrittore, un aiuto, ma al loro incontro lo Svedese non riprende questo argomento, piuttosto parla solo di sé e della sua meravigliosa famiglia e con orgoglio dei suoi tre figli maschi. Nathan rimane perplesso, non può credere che in tutti quegli anni quell’uomo, che lui aveva mitizzato, potesse essere così pateticamente ottuso da riuscire solo a vantarsi, tuttavia questo non intacca la figura del suo mito.

“La vita di Ivan Il’ic, scrive Tolstoj, era stata molto semplice e molto comune, e perciò terribile. Forse. Forse nella Russia del 1866 […] La vita di Levov lo Svedese, per quanto ne sapevo io, era stata molto semplice e molto comune, e perciò bellissima, perfettamente in linea con i valori dell’America.

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Tutto, però, cambia una sera quando, ad una festa di ex studenti di scuola, incontra il fratello dello svedese, Jerry, un uomo duro, arrogante che parla del fratello, nel frattempo morto, con rabbia e rancore e da quel dialogo Nathan scopre che lo Svedese aveva anche una figlia maggiore, Merry, avuta dalla prima moglie Dawn, ex miss New Jersey, che aveva distrutto la vita di suo padre mettendo una bomba nell’ufficio postale e dove un uomo era rimasto ucciso: la vita pastorale dei Levov è definitivamente distrutta per una realtà di sofferenza e vergogna. Dall’incontro con Jerry, Nathan inizia a riscrivere la sua storia dello Svedese, storia fatta di qualche ricerca e molta emotività.

Immagina lo svedese come un padre modello dietro a sua figlia piccola, una bimba insicura e balbuziente, si tormenta al pensiero di un bacio strappatole quando era adolescente, ricorda di quando la ragazzina era rimasta terrorizzata ma poi affascinata dai monaci buddisti in Vietnam, che per protesta si davano fuoco senza ricevere l’aiuto dei loro confratelli. Immagina la vita dello svedese come finalizzata alla felicità della sua famiglia e a portare avanti la ditta di guanti di famiglia, una società fondata con grande sforzo e lavoro suo padre, un uomo duro, un ebreo con saldi principi a cui, invece, suo fratello Jerry si ribella continuamente.

La figlia imperfetta

La vita dello svedese inizia ad avere i primi problemi quando la figlia inizia a crescere e a frequentare persone di estrema sinistra, la parte violenta dell’America, quella fazione politica che negli anni ’60 compie attentati in nome della pace, che protesta contro la guerra in Vietnam, e disprezza la borghesia arrivista rappresentata proprio da famiglie come i Levov.

Lo svedese e sua moglie non riescono a mettere un freno a questa ragazza che sembra quasi odiarli, soprattutto sua mamma, la miss bellissima e perfetta a cui Merry non potrà mai somigliare: l’epilogo di questi contrasti è nella bomba e nell’uccisione di un uomo. Merry scappa e lo svedese non la vedrà per 5 anni, la cercherà, cadrà nelle mani di una donna misteriosa- su cui comunque
non riusciremo a sapere la verità- fin quando riuscirà a riabbracciare sua figlia, di nascosto da Dawn che, nel frattempo aveva passato turbe psicologiche e rifatta il volto, come se cancellare le sofferenze dal viso, fosse cancellarle dall’anima.

Merry l’imperfetta figlia in realtà è l’unica ad avere una visione chiara sin da subito “la vita è quel breve periodo nel quale siamo vivi” e prova a trasmettere il suo malessere in ogni modo fino ad arrivare a far esplodere delle bombe o perfino al gesto estremo dell’autolesionismo lento e inesorabile che la porterà inevitabilmente alla morte per inedia, ottenendo nel padre un effetto deflagrante ben più grande degli atti terroristici, attaccandolo su un terreno per lui incomprensibile, alzando il velo della pastorale dei suoi ideali così ordinati e falsamente perfetti e mostrando tutto l’orrore, il caos la rabbia della vita e il senso di profonda solitudine che si celano
sotto ad esso.

I rapporti umani tra la quotidianità e la grande storia

Pastorale americana è pervasa dalla difficoltà che caratterizza ormai i rapporti tra le persone, se si esclude una forma di relazione formale e menzognera in cui tutto è narrato come si vorrebbe che fosse, oppure è taciuto. Ma il romanzo è anche lo spaccato di un momento storico che toccò tutta la società americana, coinvolgendo ogni strato sociale e ogni gruppo etnico: gli anni che impegnarono lo Stato nella guerra in Vietnam.

Queste le componenti che incidono maggiormente sulla vita del protagonista, Seymour Levov, di origine ebraica, ma detto lo Svedese per il suo aspetto fisico. E “ordigno dirompente” nella sua vita sarà la figlia Merry che, proprio negli anni del Vietnam, diventerà militante e terrorista, sbalzando fuori lo Svedese dalla “tanto desiderata pastorale americana” e catapultandolo “nel furore, nella violenza e nella disperazione della contropastorale: nell’innata rabbia cieca dell’America”. Tutta la storia è narrata dal tradizionale alter ego dell’autore, Nathan Zuckerman, attraverso una analisi complessa dei fatti e dei comportamenti che devia il romanzo verso una sorta di psicoanalisi della società americana contemporanea.

Pastorale americana. Una narrazione inattendibile?

Zuckerman, nel libro, è il narratore extra omodiegetico, oltre che la maschera di Roth, tuttavia, dopo l’incontro con Jerry Levov, diviene un narratore extra eterodiegetico; la focalizzazione è interna, anche se l’autore si avvale dello spostamento di focalizzazione tra Zuckerman e Jerry durante il loro incontro al raduno di ex allievi. Un narratore inattendibile Zuckerman perché narra la storia dello Svedese contornata da quell’alone di mitizzazione con cui l’aveva sempre visto, alla luce di ciò non può essere obiettivo verso Levov; inoltre, il lettore si trova a dover ricostruire la storia da due descrizioni differenti della vita dello Svedese, appunto quella mitizzata
di Zuckerman e quella cruda e quasi rancorosa di Jerry Levov.

Il lettore può ricostruire la sua propria storia portando avanti alcuni punti non chiariti, questo perché il romanzo segue una delle
caratteristiche della letteratura contemporanea: la multilinearità, una storia con molti plot può avere molti narratori, e, quindi, lettori che possono seguire diverse storie riscrivendole. Ad esempio non sappiamo perché Seymour aveva voluto incontrare Zuckerman: voleva scrivere un libro su suo padre? Avrebbe voluto scriverne uno in omaggio a sua figlia? O magari una propria
autobiografia? Siamo certi che quello che raccontano sia Roth che Zuckerman sia la verità? O l’America è ancora più complessa come le relazioni umane?

In Ho sposato un comunista, romanzo di Roth, si legge: «Perché? Perché la letteratura è l’impulso a entrare nei particolari. Come puoi essere un artista e rinunciare alle sfumature?» Sfumature alle quali Roth non ha rinunciato, ma siamo certi che lo scrittore sia riuscito davvero a mediare tra realtà e verità?

About Annalina Grasso

Giornalista, social media manager e blogger campana. Laureata in lettere e filologia, master in arte. Amo il cinema, l'arte, la musica, la letteratura, in particolare quella russa, francese e italiana. Collaboro con L'Identità, exlibris e Sharing TV

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