“L’insaziabilità degli occhi che vedono lo spettacolo del mondo multicolore ingigantito come attraverso la lente di ingrandimento. È questa la giovinezza che De Carlo racconta.” (Cit. Italo Calvino).
Andare lontano, volare, decollare, correre più forte, sempre di più, fino a raggiungere un luogo lontano, conosciuto solo nella nostra immaginazione, in un film, nelle pagine di un libro, nella pagina di Treno di panna dello scrittore Andrea De Carlo.
Giovanni è un giovane ragazzo italiano di circa vent’anni. Cerca fortuna, viaggia, arriva a Los Angeles per cambiare la propria vita, forse per scoprire se stesso, forse per ripartire da zero, forse solo per dare uno scopo a questo strano gioco che si presenta con il nome di Vita.
Treno di panna è un romanzo in cui le parole scorrono veloci, leggere ma appassionate, portando il lettore a vivere quelle descrizioni oggettive e realiste nella quali l’io narrante lo introduce.
Giovanni inizia la sua avventura accanto a Rod e Tracy, conosciuti l’anno prima a Ibiza. Saranno la prima realtà con cui dovrà scontrarsi. Si, perchè Ron e Tracy sono tutto, eccetto ciò che Giovanni ricordava, ciò che sperava di ritrovare. “Mi è venuto in mente che ho continuato per sette mesi a visualizzare Ron e Tracy come li avevo conosciuti d’estate.” Una convivenza forzata, scomoda, che irrita Giovanni fino al punto di agire solo per infastidire quell’uomo e quella donna fittizi, senza sostanza, senza carattere, inutile compagnia.
E così procede la storia. Una narrazione attraverso cui De Carlo ci immerge nei desideri e nelle speranze di un giovane uomo pronto a cambiare la propria vita, ma immerso in un mondo dal quale vorrebbe solo fuggire.
Così iniziano piccoli lavori, insegnante di italiano, cameriere in un ristorante che di italiano ha ben poco, e quei luoghi che sembrano soffocare le idee. Ai piedi della freeway, un luogo squallido dove automobili e tir sfrecciano a tutte le ore rendendo l’aria irrespirabile. Giovanni cerca una via d’uscita, un futuro migliore ma, soprattutto in quelle prime pagine, ci troviamo davanti un ragazzo che si lascia trascinare dalla vita, senza riuscire a capire, forse, nemmeno se stesso.
Poi un incontro, forse il primo che sembri cambiare qualcosa. Jill, con cui lavora al ristorante “italiano”. I due intraprendono una relazione e una convivenza che, malgrado tutto, non placano la voglia di Giovanni di cambiare, continuare a correre, andare oltre. Così il ragazzo lascia il lavoro al ristorante, inizia ad insenare italiano in una scuola di lingue di Beverly Hills. E così arriva lei. La giovane attrice, bella e di successo Marsha Mellows. E la speranza si riapre. I giorni sembrano meno ripetitivi, meno uguali a quelli precedenti. Giovanni inizia a fantasticare sul futuro, un futuro fatto di cinema, Hollywood, le stelle del cinema. Il desiderio e la speranza di conquistare quella donna, proprio come accade nei film.
Un romanzo breve che ci trascina per il modo, che appare in alcuni punti inconcludente, di mostrare una realtà fatta di desideri inappagati, di mancate certezze, di desideri quasi impossibili da realizzare.
Qualcuno ha creduto, tra queste pagine, di ritrovare la forza e la passione di “Uto”. Qualcuno che, come me, ha pensato di potersi immergere in quella forza travolgente che De Carlo ci ha regalato con quel romanzo che resterà nella mente di chi lo leggerà per sempre. Ma ogni romanzo è diverso dall’altro. Ogni parola, se pur scritta dallo stesso autore, ha diversa forma e consistenza. Tutto ciò che, quì, tra queste parole, ci porta a continuare questa lettura, è, forse, un legame con Giovanni, diverso da quello con “Uto”, il nostro eroe post-romantico.
Il protagonista del racconto cerca una nuova vita, passioni travolgenti, mentre osserva inerme i giorni che gli scorrono davanti. Forse anche noi siamo stati così. Impassibili davanti alla vita, con la voglia di cambiare, di andare oltre, volare, correre ancora, ma con i piedi forse troppo legati a terra. Delusi e amareggiati da luoghi, persone, che sembrano non appartenerci.
Treno di panna è la ricerca di quella svolta, di quel momento, di quell’attimo in cui poter dire “Da adesso in poi, sarà tutto diverso.” E così attendiamo quella svolta. C’è chi ha definito questo libro inconcludente, chi lo ha amato, chi ha intravisto una svolta nella letteratura e nella propria stessa vita. Io, senza nessuna pretesa, chiedo in prestito una frase, poche parole che, mai come ora, mi sembrano più che adatte…
“Si scrive soltanto una metà del libro, dell’altra metà si deve occupare il lettore.” Joseph Conrad, Lettera a Robert Bontine Cunninghame Graham, 1897.