Sono titoli suggestivi quelli che la giovane autrice emergente siciliana Ornella De Luca riserva ai suoi romanzi, Dove la neve si getta nel mare, edito nel 2012 e La consistenza del bianco, nel 2015, dopo aver riscosso molto successo nei concorsi letterari nazionali, aggiudicandosi il secondo posto al premio Nanà nel 2012 e il primo posto a febbraio al concorso “Parolexdirlo” organizzato da Donna Moderna e Scrivo.me, vinto con il racconto Caro giorno che vorrei. Ornella quando scrive dà vita ad un nuovo mondo, riempendo le sue storie di situazioni avvincenti e personaggi coinvolgenti, con una particolare predilezione per le epoche e gli ambienti d’antan, in particolare quelli medievali, rinascimentali e novecenteschi.
Cos’è per te l’atto dello scrivere?
Scrivere per me è creare allo stato puro. Dare la vita a un nuovo mondo e rendere permanente ciò che in realtà non lo è. Mi sento come se avessi la ‘necessità’ di mettere nero su bianco le immagini che mi vorticano per la mente; a volte una scena mi tormenta per settimane, per mesi, prima che mi decida a raccontarla in una vera storia. Solo allora finalmente mi sento libera.
Cosa rappresenta per te una fonte di ispirazione?
Sono le azioni a ispirarmi, più che le persone in sé. Quando vedo un lavoro ben fatto, un risultato raggiunto, la soddisfazione negli occhi della gente nel vedere i propri sforzi ricompensati, gioisco anch’io con loro, e mi sprono a dare di più e a fare ancora meglio.
“La scrittura esige virtù scoraggianti, sforzi, pazienza; è un’attività solitaria in cui il pubblico esiste solo come speranza”. Cosa pensi di questa affermazione di Simone De Beauvoir?
Credo che questa affermazione ben si adatti soprattutto ai primi sforzi di affermarsi nel mondo dell’editoria. Gli esordienti raramente vengono ricompensati per la fatica del loro lavoro e ancora più di rado riescono acomunicare il loro messaggio al pubblico. Così i fantomatici ‘lettori’ diventano una chimera e sempre più spesso validi manoscritti rimangono cestinati dentro l’hard disk (l’odierna versione del famoso ‘libro nel cassetto’) per paura di osare e fallire. Ci vogliono lacrime e nottate insonni per riuscire ad emergere, ma quando si riesce è la sensazione più bella del mondo, che vale tutti gli sforzi fatti per raggiungerla.
Pensi ad una “categoria” di pubblico precisa quando inizi a scrivere una storia?
In realtà no. Va da sé che, scrivendo spesso romanzi storici incentrati sulle disavventure di una giovane donna, il pubblico di riferimento sia soprattutto femminile. Ma senza fasce d’età.
Cosa vorresti che provassero i lettori dei tuoi scritti una volta conclusa la lettura?
-Un profondo senso di perdita. Come disse Salinger nel suo capolavoro Il giovane Holden: “Quelli che mi lasciano proprio senza fiato sono i libri che quando li hai finiti di leggere e tutto quel che segue vorresti che l’autore fosse tuo amico per la pelle e poterlo chiamare al telefono tutte le volte che ti gira”. È questo che vorrei provassero i miei lettori.
Come nasce questa particolare predilezione per gli ambienti e le epoche passate?
Dalle mie letture, probabilmente. E anche dai miei gusti cinematografici. Sono sempre stata interessata alla Storia, soprattutto determinati periodi come il Novecento, il Rinascimento e il Medioevo. Sono anche una grande appassionata dei romanzi dell’Ottocento, da Tolstoj, Emily Bronte a Goethe, e dei romance storici di Lisa Kleypas.
Cosa vorresti che il lettore percepisse?
Vorrei si sentisse parte integrante del mio romanzo, e che colmasse i frammenti che mancano nella storia, il non detto. Metà del libro lo scrive l’autore, metà il lettore.
Quanto è stato difficile e gratificante riuscire a far editare i tuoi romanzi?
Molto. Il primo romanzo, Dove la Neva si getta nel mare, è stato pubblicato e dopo pochi mesi la casa editrice ha chiuso i battenti. Quindi immagina la mia delusione. Ho dovuto ricominciare da zero con La consistenza del bianco, inviando un centinaio di email. Molte risposte erano di editori a pagamento e io sono contraria a queste scelte di marketing, l’editoria dev’essere assolutamente NoEap. Dopo qualche mese è arrivata finalmente un’offerta interessante e, dopo un’attenta valutazione, ho firmato il contratto. La gioia di stringere letteralmente fra le mani il mio libro è stata enorme!
Come nasce “La consistenza del bianco”?
Nasce nell’estate del 2013. Continuavo a vedere davanti ai miei occhi la scena del prologo: una bambina che corre di notte per la campagna inglese portando con sé solo un misero fagotto. Mi sono chiesta chi è? Da chi sta scappando? E verso dove? Una volta trovata la risposta a queste domande è partita la storia.
Senti di aver fatto un passo in avanti in termini di stile dal tuo primo romanzo Dove la Neva si getta nel mare a La consistenza del bianco? C’è stata un’evoluzione?
Decisamente sì. Sono molto critica nei miei confronti e ammetto sempre le mie pecche. Dove la Neva si getta nel mare è molto più acerbo come stile, ed è più che altro un romanzo breve. La consistenza del bianco è stato curato nel minimo dettaglio, l’ho scritto in tre fasi: la prima durante la quale ho scritto la prima parte, poi mi sono presa una pausa e mesi dopo ho scritto la seconda. La terza è stata la fase di revisione, arrivata dopo settimane, per avere il tempo necessario a osservare con un occhio distaccato e più oggettivo la mia storia. Tutto questo lavoro non è stato fatto per il mio primo romanzo, scritto di getto.
È corretto secondo te definire in un certo senso “La consistenza del bianco” anche un romanzo “di formazione”?
Assolutamente sì. L’idea di fondo era raccontare la crescita della protagonista, non solo fisica, nel corso degli anni, ma soprattutto mentale. Cheryl riesce a superare il suo orgoglio, il suo egoismo e la sua infantilità per diventare una persona più matura e consapevole delle persone che le stanno a fianco.
C’è un dato autobiografico nel tuo romanzo?
Sì. La protagonista, Cheryl, ha l’abitudine di scrivere su un diario, l’aiuta a distendere la mente e venire a capo dei suoi pensieri. È una cosa che faccio sempre anche io.
Se c’è, che messaggio hai voluto dare?
Probabilmente volevo trasmettere la necessità di ritagliarsi uno spazio per sé in ogni situazione. Qualsiasi cosa accada, qualsiasi cosa ci tormenti di giorno, di notte è il momento di lasciar andare ogni cosa. Mettere nero su bianco i propri tormenti è decisamente liberatorio.
C’è uno scrittore in particolare che stimi e a cui ti ispiri?
Sicuramente più di uno, ma in questo momento mi viene in mente Carlos Ruiz Zafòn. Il modo in cui riesce a inserire in una narrazione mistero, suspense, avventura, storia, fantasia, amore e morte è magistrale, come nel suo capolavoro L’ombra del vento. Se riuscissi a descrivere un luogo bene almeno la metà di quanto Zafòn fa nel ricreare su cartai vicoli più oscuri della Barcellona della prima metà del Novecento, allora mi sentirei davvero una scrittrice.
È stata una scelta mirata quella di intervenire spesso con delle riflessioni sulle vicende e sui personaggi?
Certo. Spesso mi capita di intervenire nelle riflessioni dei protagonisti con pensieri del tutto miei, che in quel momento arrivano al pubblico tramite la bocca di uno dei personaggi. In quasi tutti i protagonisti delle mie storie c’è almeno un lato, anche solo un piccolo dettaglio, del mio carattere, quella è la porta per entrare in contatto prima con lui e poi con i lettori.
Cosa non ti piace della narrativa italiana contemporanea, sia per quanto riguarda gli autori che le operazioni di marketing?
Per quanto riguarda gli autori detesto ammettere che si sentono sempre e solo gli stessi. Ormai si pubblica per ‘nome’, i pochi grandi scrittori italiani potrebbero anche scrivere una lista della spesa e la Mondadori la pubblicherebbe lo stesso, come per Sveva Casati Modignani. Per quanto riguarda le operazioni di marketing si punta troppo poco sugli esordienti, non si rischia più.
Progetti futuri?
Ho appena terminato un altro romanzo, il terzo per la precisione, dopo Dove la Neva si getta nel mare (EDrops Edizioni) e La consistenza del bianco (Onirica Edizioni). Sono nella fase di revisione e invio alle case editrici. Incrociamo le dita!