“La morte era tra noi. Il guardarla, il non nasconderla con paura nel profondo dell’anima, ce la rendeva finalmente per ciò che era, un evento come un altro, talmente semplice da divenire banale”.
Salvio Esposito, psicologo napoletano, riporta a galla il disastro ferroviario avvenuto il 3 Marzo 1944 a Balvano, paesino al confine tra Basilicata e Campania.
“Per me infatti il viaggio da Napoli a Balvano dura da tutta una vita.” Il dottore Miele Domenico, il dottor Pino, torna indietro con la mente in quel viaggio che non ha avuto voce, mai , perché …questo mondo non da spazio a chi chiede giustizia in dialetto.” Perché questo mondo è abituato a cancellare, sotterrare. Ma il dolore non lo sotterri, come quei 600 corpi ammassati in una fossa comune. In una Napoli del dopoguerra che nulla ha a che vedere con la liberazione, nulla ha in comune con quella speranza che appartiene al cuore di chi cerca di vivere ancora una volta la bellezza e la magia di quella città che il mondo non comprenderà, mai. L’immagine dei sobborghi partenopei costretti a mostrare solo la propria parte peggiore, l’immagine di “vite strappate alla vita”, l’immagine di vite costrette a sopravvivere in un luogo che, ormai, non è più tuo.
“Non era una liberazione, ma una sottomissione a cui la città fu in seguito costretta: sfruttamento della popolazione e malattie veneree: sembravano meglio i tedeschi che gli americani.” Ciò che restava, dopo la Liberazione, erano altri uomini, altri stranieri pronti a comandare su una terra che padroni non ne accetta. E così il contrabbando, quei tentativi e sforzi forse inutili di sopravvivere, con un sorriso malinconico e beffardo.
Ma Pino risale su quel treno, percorrendo quello stesso tratto che, quel maledetto giorno, gli aveva portato via la speranza di una vita priva di quell’insonnia che l’avrebbe accompagnato per sempre. Uno sguardo a quel momento in cui il solo pensiero era legato all’immagine di bestie ammassate sul treno della “disperazione”, della “morte”, un altro treno degli orrori. Ma questa volta è diverso. Pino non è più solo. E tutto continua, in una lettura travolgente, fino a quella pace ritrovata, a quella scelta di percorrere la strada in senso contrario, verso una luce che riporta alla vita, perché non è mai troppo tardi per ricominciare, perché non è mai troppo tardi per restare insieme “…tutto il tempo che vorremo. Tutto il tempo che vorremo”.
Salvio Esposito partendo da una difficile storia d’amore narra di un fatto di cronaca tenuto sotto silenzio per troppo tempo, a 68 anni dalla tragedia ferroviaria con piglio verista e profonda attenzione per i sentimenti e i sogni del suo amato popolo.
“La galleria delle armi” è edito da Marotta&Cafiero.