Lo scrittore, sceneggiatore e regista televisivo greco, classe 1959, Vasken Berberian si ispira ai grandi classici della letteratura mondiale (Dostoyevskij e Tolstoj su tutti) ma anche a Frazen, Fante, Ellis e Yourcenar, scrittori, secondo Berberian, che raccontano le loro storia con assoluta trasparenza e sincerità; elementi che sono presenti anche nel suo commovente romanzo “Sotto un cielo indifferente” per la casa editrice Sperling & Kupfer (per la quale ha già pubblicato “Come sabbia al vento”).
Un bambino di nome Mikael, è affidato ad una famiglia di Atene, ricca potente e piena di ideali, che poi lo manda al collegio armeno di Venezia Moorat-Raphael; l’altro, Gabriel, segue il destino del suo popolo che nel 1947 rimpatria all’Armenia sovietica sotto le grinfie del terrorismo rosso di Stalin. Un libro americano di uno scrittore di origine armena, William Saroyan, diventa il pretesto perché padre è figlio vengano deportati in un gulag siberiano. Mikael, divenuto adolescente geniale e ribelle, che ignora l’esistenza del suo gemello, sente in maniera magica e trascendentale l’angoscia di Gabriel nei momenti di sconforto e solitudine nel collegio mechitarista sente di poter comunicare con un ragazzo di cui ignora l’esistenza.
Lo scrittore/ingegnere che vive tra Atene e Torino, cattura il lettore con una storia costruita tutta sull’emotività, senza tralasciare l’aspetto storico: unisce armonicamente la narrazione di un secolo di Storia e il racconto delle vicende personali aventi come sfondo lo struggente mare Mediterraneo e i suggestivi mari glaciali siberiani.
Con rara sensibilità ed intensità, Berberian ci regala un viaggio attraverso Paesi e stati d’animo, luoghi e anime, ponendo l’accento sul nomadismo del popolo armeno, e su quanto possa essere questa condizione sia voluta che dovuta alle circostanze. Sono i grandi eventi storici a forgiare il carattere e la personalità dei protagonisti che l’autore lascia liberi di muoversi, senza imbrigliargli con la presunzione di chi sa già come andrà a finire. Spazio anche alla natura, in particolare al cielo che sembra essere sempre indifferente alle sofferenze e ai dolori umani, ma “Sotto un cielo indifferente” non è, come si potrebbe facilmente presumere, un libro triste, anzi, evocando con cura, luoghi, paesaggi, la cultura e l’atmosfera di un secolo cosi importante per la civiltà umana, incute speranza, passione senso di riscatto e soprattutto della memoria che va sempre preservata come dimostra Mikael per il quale il tempo non aiuta a dimenticare, perché a volte “ciò che hai vissuto , torna a riprenderti”.