Ci si lamenta spesso dello stato dell’editoria in Italia, con le principali problematiche che potrebbero essere riassunte con: troppe pubblicazioni, troppi pochi lettori. Che si pubblichino troppi libri è una cosa che in molti continuano a ribadire da tempo, specialmente considerando che al contrario le vendite sono ai minimi storici (la stragrande maggioranza dei libri usciti non arriva alle 500 copie).
Ma siamo davvero in una situazione così particolare solo nel nostro paese? Oppure è un trend purtroppo comune anche in altre nazioni (che spesso invece sembrano molto più virtuose)? E soprattutto, se la situazione è così drammatica, perchè si continuano a pubblicare tantissimi libri?
Le pubblicazioni di libri in Europa
Partiamo dalla base: quanti libri si pubblicano ogni anno nel mondo? Tanti. Anzi tantissimi. Come vediamo dalla grafica generale (frutto di Bookstr), la Cina guida nettamente questa speciale classifica con 440 mila titoli pubblicati ogni anno (ma sono anche un settimo della popolazione mondiale), staccando gli USA che seguono con poco più di 300 mila libri, e i cugini dello UK con 180 mila e i Russi con 120 mila.
E l’Italia? Sono oltre 60 mila i libri pubblicati nel nostro paese ogni anno (i dati del 2015 sono ancora più in rialzo, intorno ai 65 mila), circa 20 mila in meno della Germania e altrettanti in più invece di Francia e Spagna. Numeri e differenze che più o meno potevamo aspettarci in effetti. Ma come possiamo immaginare, molto dipende anche dal numero di abitanti di ogni nazione, in questo senso infatti, se analizziamo il numero di pubblicazioni “pro-capite”, ecco che il Regno Unito diventa il paese al mondo dove si pubblicano più libri (2.875 per milione), mentre l’Italia è intorno alla decima posizione con circa 1.000 libri per milione di abitanti.
Sono ovviamente dati indicativi della situazione attuale (i dati si riferiscono al 2013/14 e sono soggetti comunque a qualche differenza), ma ancora di più valgono il giusto se non correlati direttamente a un’altra informazione importante: quanti di questi libri verranno poi letti?
Quanto si legge in Europa?
Da qui anche la domanda iniziale: siamo poi noi italiani così indietro nella lettura? Per analizzare meglio questo punto, ci aiutiamo con i dati del World Culture Score Index. Ecco la mappa del mondo cambia radicalmente. Molti dei paesi che erano al vertice in quanto a numero di pubblicazioni, sono invece tra i posti dove i lettori, leggono di meno (vedi il Regno Unito che risulta nell’ultima fascia in quanto a Ore lette per Settimana). Per quanto non sia eccellente anche la nostra situazione (solo 5,36 ore di lettura settimanali in media, proprio sulla soglia dell’ultima fascia), siamo purtroppo in ottima compagnia. In Europa, Spagna e Germania non stanno molto meglio di noi, oltre oceano i tanto stimanti States hanno praticamente la nostra stessa media. Stesso discorso per il Canada.
La vera sorpresa forse sono i mercati asiatici dove India, Cina e Thailandia sono tra i lettori più virtuosi, insieme a degli insospettabili egiziani e alcuni paesi dell’est Europa. Inutile dire che anche questi dati sono da prendere con le molle (frutto di un campione non certo assoluto), ma temo rendano piuttosto bene l’andamento globale. C’è da essere contenti quindi? Mal comune mezzo gaudio? No, ovviamente. Ma fa bene considerare questa problematica di binomio “troppe pubblicazioni/pochi lettori” non solo nel nostro orticello nazionale ma anche in ottica più globale.
Perché pubblicare tanti libri allora? Un dato su tutti: più della metà della popolazione italiana non legge alcun libro. Se come abbiamo visto sopra, aggiungiamo che anche nell’altra metà i lettori forti sono pochissimi, mentre le pubblicazioni sono sempre in aumento, la domanda che sorge spontanea è… perché? Per quale motivo si continuano a pubblicare libri che poi nessuno comprerà?
Piacerebbe dire che c’è una sorta di filantropia editoriale, che vuole fare in modo che nessun sogno letterario rimanga chiuso in un cassetto pubblicando tutti coloro lo desiderino più di un po’. Ma non è ovviamente la motivazione che spinge in questa (drammatica) direzione. La probabile verità (o quella che più vi si avvicina) è che sia il mercato stesso a fomentare sempre più nuove pubblicazioni per permettere alle case editrici di sostenersi economicamente, in un malato circolo vizioso. In che modo? C’è da comprendere meglio intanto come funziona il mercato nostrano. Proviamo vedere praticamente la filiera che si attiva ogni qual volta si pubblica un libro.
L’autore e l’Editore si accordano per un contratto (se a pagamento è il momento in cui l’autore sborserà la sua parte all’editore (che si garantirà così una copertura delle spese in cambio di un numero di copie e di una piccola percentuale sui diritti di autore), se è gratuita si concorderanno i termini ed eventuali compensi. In ogni caso, di solito l’autore non prende più del 5% sul prezzo di copertina.
L’editore provvederà a editing, copertina e stampa (tutti questi costi sono di solito a carico dell’editore: per ogni libro in vendita a 10€ possiamo dire che circa il 10-15% va in costi per la stampa).
L’editore manderà i suoi libri stampati dal distributore di riferimento (in questo caso, circa il 60% del costo del libro va sotto forma di sconto al distributore, per cui di fatto, all’editore ogni 10€ di libro rimangono in questa fase circa 4€). Il distributore rivenderà i libri al libraio (di solito con uno sconto del 30-40% a seconda della libreria, con il libraio che pagherà questi libri solo 90-120 giorni dopo, sempre a seconda degli accordi). Il libraio mette in vendita il libro al pubblico.
Dopo circa un mese, complice il bisogno di nuovi libri e nuova liquidità, il libraio comincerà a fare il famoso RESO degli invenduti, in modo da poterli scalare dal conto che dovrà pagare (pagherà quindi SOLO i libri venduti ovviamente, scalando il Reso dal totale della fattura).
Il distributore ritira i libri dal libraio e comunica i dati del reale venduto (e quindi quanti soldi incasserà) all’editore che dovrà decidere se: lasciarli dal distributore, farseli riportare (da tenere in magazzino o per il macero). In tutti questi passaggi ovviamente, il distributore è l’unico che ci guadagna.
L’editore, che ha dovuto tirare fuori tutti i soldi per ogni passaggio, farà i conti con il venduto e tirerà le somme di quanto soldi sono tornati indietro: di solito non più del 50% di copie vendute. A essere ottimisti.
Bene. Se avete seguito tutti i passaggi a questo punto qualcuno potrebbe già aver capito dove sta il problema e anche quale sia stata la soluzione attuata fino ad ora. Ma forse facendo un esempio pratico con dei numeri, viene ancora più facile.
L’editore pubblica un nuovo libro con il suo autore, in 1000 COPIE (consideriamo quello che dovrebbe essere, ovvero un’edizione NON a pagamento per l’autore che riceve invece un 5% di diritti di autore) fissando come 10€ il prezzo di copertina del libro. Editor e grafico completano il libro e l’editore lo manda in stampa pagando alla tipografia circa 1.500€. [saldo editore = -1.500€] A questo punto il distributore “compra” le 1000 copie stampate dall’editore, scalando però il 60% del prezzo di copertina come margine. La fattura emessa non sarà pagata subito ma a (circa) 120 giorni. [saldo editore = -1.500€; da avere 120 giorni = 4.000€; distributore = -4.000€ di fatture a 120 gg] Il distributore si occupa ora di rivendere le 1,000 copie alle librerie (poniamo con sconto del 40%). I librai fanno quindi fattura a 120gg per un totale di circa 6.000€ al distributore. [saldo editore = -1.500€; da avere 120 giorni = 4.000€; saldo distributore = +2.000€ di fatture a 120 gg; saldo librerie = -6.000€ a 120gg].
Il libraio vende circa 500 dei libri acquistati dal distributore (incassando quindi 5.000€ con 2.000€ di profitto), provvedendo dopo il primo mese al RESO del 50% rimanente e scalandolo quindi dalla fattura iniziale (quindi scalando i restanti 3.000€). [saldo editore = -1.500€; da avere 120 giorni = 4.000€; saldo distributore = -1.000€ di fatture a 120 gg; saldo librerie = +2.000€ a 120gg] Il distributore comunica il numero di copie realmente vendute e il RESO rimasto in magazzino, scalando ovviamente queste 500 copie anche dalla fattura per l’editore (quindi scalando 2.000€ dalla fattura inziale). [saldo editore = -1.500€; da avere 120 giorni = 2.000€; saldo distributore = +1.000€ di fatture a 120 gg; saldo librerie = +2.000€ a 120gg]
Ora, i 120 giorni sono passati. L’editore dovrà decidere cosa farne delle 500 copie rimaste, in caso decida di lasciarle al distributore dovrà pagarlo. Nel caso voglia tenerle in magazzino proprio dovrà pagarlo per farsele portare e ancora pagare il macero per togliersele dal magazzino. I conti alla fine potrebbero essere più o meno questi:
EDITORE: Saldo = +500€ dalla vendita (da cui sono da togliere spese di gestione, dell’editor, del grafico, del locale, ecc.)
DISTRIBUTORE: Saldo = +1.000€ dalla vendita (sono da togliere anche in questo caso i costi di gestione, sono da aggiungere invece gli extra di contratto con gli editori)
LIBRERIA: Saldo = +2.000€ dalla vendita (sono però da togliere tutti i costi di gestione, dei dipendenti, ecc)
Premesso che ovviamente, numeri e percentuali sono puramente indicativi, ma in teoria rendono chiaro il processo che si scatena dopo tutto questo: come faranno quindi gli editori per poter tirare avanti dopo aver ottenuto un risultato così scarno di entrate? La risposta è in quello che analizzavamo prima, dovranno pubblicare al più presto un altro libro per poter ricominciare a far entrare denaro per ricominciare lo stesso ciclo.
Va detto anche, per concludere, che in questa filiera gli unici che realmente sono piuttosto sicuri di avere margine certo sono proprio gli stessi distributori. I librai hanno guadagno certo sul venduto, ma il margine è molto ridotto e spesso non copre le tante spese che devono affrontare. Doppiamente difficile arrivare in pari per l’editore.
Da questo, molto probabilmente, le oltre 60.000 pubblicazioni che ogni anno invadono le librerie. O meglio, i distributori.
Fonte:
http://www.marcusbroadbean.com/pubblicazioni-libri-italia-leggere-poco-pubblicare-tanto/